SOVRANISMO E AUTONOMIA DI CLASSE

Rendo noto un mio commento postato su Sollevazione, non tanto per spirito polemico, quanto per chiarire alcuni concetti che da tempo vado sviluppando in questo Blog.

Su sollecitazione di un militante del vostro Movimento ho letto il documento programmatico del 5 luglio (La nostra proposta, a cura della «Segreteria nazionale pro tempore del Movimento Popolare di Liberazione»). La precisazione vale a giustificare il mio breve intervento critico, il quale mi pare non possa venir iscritto nella rubrica delle provocazioni proprio perché in qualche modo richiesto. Si desidera conoscere la mia opinione? Ebbene, a mio modestissimo giudizio il Programma in questione è reazionario all’ennesima potenza (a cominciare dalla nazionalizzazione del sistema bancario), ed è tale, nella forma come nella sostanza, da poter trovare la piena condivisione da parte di uno stalinista, o di un fascista, ovvero di un keynesiano old style, indifferentemente.

La cosa non suona particolarmente paradossale alle mie orecchie, visto che il vostro punto di vista è quello del Paese (più o meno «popolare» e «dei lavoratori»: meri artifici retorici che da sempre abbondano sulla lingua dei populisti di “destra” e di “sinistra”), della Nazione, della Sovranità economica e politica. Per me il punto di vista del Paese, comunque declinato, è il punto di vista delle classi dominanti, peraltro divise al loro interno circa gli interessi materiali da difendere in maniera prioritaria, gli obiettivi tattici e strategici da perseguire, la configurazione politico-istituzionale del Paese, e così via. Il vostro Programma si situa proprio all’interno di questa dialettica intercapitalistica, sul piano interno come su quello internazionale – mi pare che il vostro Movimento sostiene tutti i regimi sovranisti del Pianeta: dal Venezuela alla Bolivia, passando per la Siria del noto macellaio di Damasco.

SIC!

Il mio Programma Umano prevede la più assoluta autonomia di classe su ogni fronte dello sfruttamento e del dominio capitalistico. Questa autonomia non si radica in ridicole esigenze “puriste”, ma  piuttosto in un bilancio storico ultrasecolare (che naturalmente prescinde dalla mia modesta persona: non sono così vecchio!) che testimonia in modo schiacciante contro le illusioni delle mosche cocchiere attive in ogni epoca. Certo, non si beccano voti, né facili consensi luogocomunisti e benecomunisti, con un simile Programma, ma ciò non ne testimonia ipso facto l’infondatezza, anzi, è vero piuttosto il contrario, a giudicare dall’impotenza delle classi dominate in tutto il pianeta.
Il socialsovranismo, o socialnazionalismo, è uno dei miei più importanti obiettivi polemici degli ultimi mesi. Ai miei occhi la vostra bandiera tricolore con la stella rossa in mezzo è tutto un Programma, ultrareazionario.

La moneta, prim’ancora che «uno strumento indispensabile» nella competizione capitalistica mondiale, è soprattutto l’espressione dei vigenti rapporti sociali di dominio e di sfruttamento: ecco perché schierarsi per l’Euro o per la Lira significa innanzitutto schierarsi per il mantenimento dello status quo sociale nazionale e mondiale. Cosa ci possa essere di minimamente “rivoluzionario”, o semplicemente di “progressista” nell’opzione Euro-Lira sfugge alla mia indigenza dialettica.

Personalmente non sono per l’uscita dell’Italia dall’Euro, ma per la fuoriuscita dell’umanità dal Capitalismo. Corre una certa differenza fra i due concetti, nevvero? Vasto programma, si dirà. Vasto e certamente irrealistico nella contingenza. Non c’è dubbio. D’altra parte lascio volentieri il realismo agli apologeti della Repubblica democratica fondata sul lavoro (salariato). Lo «spirito originario della Costituzione italiana» è un mito che ne cela la natura ultrareazionaria (borghese, semplicemente), espressione dell’ultrareazionaria società italiana postbellica, la cui sostanziale continuità con il fascismo non sfugge al pensiero autenticamente critico-radicale, da sempre nemico della mitologia resistenzialista.

Quando sento parlare di Fronte Popolare mi tocco le parti intime. Chissà poi perché!

Sono da sempre schierato contro gli intessi generali del Paese, comunque declinati, e invito a guardare l’antagonismo fra le classi da questa peculiare prospettiva: non è affatto vero che è impossibile radicare le lotte immediate dei lavoratori contro gli effetti della crisi fuori dal terreno della realpolitik. Sostenere davanti ai lavoratori che «l’entrata in vigore dell’euro è stato un inganno» significa potenziarne l’attuale debolezza politico-sociale, e così rendere più agevole la prassi del Dominio, il quale ama usare gli sfruttati contro i capri espiatori di turno: gli speculatori, i tedeschi, la casta… L’inganno da mettere in luce è se mai l’interesse generale del Paese, comunque declinato, anche in chiave (pseudo) rivoluzionaria, soprattutto in questa guisa.

«Per salvare il paese dalla catastrofe occorre una rivoluzione radicale e democratica»: scusate, ma non posso seguirvi. Il mio Programma, infatti, prevede la catastrofe del Paese in vista di rapporti sociali semplicemente umani. Con le necessarie «fasi transitorie», beninteso, di cui adesso non è il caso di parlare. In ogni caso, nella “mia” transizione non è nemmeno contemplata la «salvezza del Paese», un maligno concetto, da sempre foriero di molte lacrime e di molto sangue, che bisogna combattere con tutti i mezzi necessari.

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