Per il Socialsovranista Francesco Salistrari «Il riformismo, come movimento filosofico, politico e culturale, ha esaurito la sua funzione storica» (Per un nuovo movimento anticapitalista, da Memorandum di uno smemorato). Se la funzione storica centrale del riformismo è, come credo che sia, quella di arginare, deviare, comprimere e sfruttare la «spontaneità operaia e proletaria» ai fini del rinnovamento e della conservazione (due facce della stessa medaglia) del regime sociale capitalistico, ebbene non posso condividere la perentoria affermazione di Salistrari. Invece è corretto dire che il riformismo di “sinistra”, che è poi quello a cui allude il Nostro, cambia continuamente pelle, adattandosi alle condizioni interne dei singoli Paesi (rapporti di forza tra Capitale e Lavoro salariato, rapporti di forza interborghesi, ecc.) e internazionali (rapporti di forza tra capitali, Stati, aree geopolitiche, aree geoeconomiche, ecc.). I margini della pratica sociale riformista si ampliano e si restringono seguendo, in ultima analisi, il ciclo economico nazionale e internazionale, e ciò condiziona grandemente la fenomenologia politica del riformismo.
Naturalmente non bisogna confondere il riformismo, come linea politico-ideologica, con le riforme, ossia con la prassi sociale adeguata agli interessi delle classi dominanti o delle fazioni più forti di esse. La storia lontana e recente ci mostra Paesi che hanno bensì generato una prassi riformistica («dall’alto»), senza tuttavia conoscere la presenza di partiti politici autenticamente e dichiaratamente riformisti. Persino nel seno del Fascismo si produsse una corrente autenticamente riformista, a dimostrazione della natura oggettiva (sociale) di certi fenomeni politici.
In ogni caso, è quantomeno prematuro annunciare l’esaurimento della “spinta propulsiva” del riformismo, il quale è interamente radicato negli interessi delle classi dominanti, anche quando esso sembra emanare dal «basso», dal «movimento di opposizione sociale». I soggetti anticapitalistici dovranno misurarsi ancora con la teoria e con la prasi del «riformismo». Il problema deve essere piuttosto formulato in questi termini: esistono tali soggetti?
«In questo contesto», argomenta Salistrari, «la politica attuale (dal 1989 ad oggi) della sinistra mondiale diventa, consapevolmente o inconsapevolmente, un potente aiuto alla vittoria definitiva di quella Neoaristocrazia che governerà il pianeta per il prossimo secolo». Ecco ricicciare il famigerato 1989! Si capisce quindi che la «sinistra mondiale» a cui allude il Socialsovranista preso di mira si sostanzia negli ex partiti un tempo fedeli all’Imperialismo cosiddetto Sovietico, e difatti egli lamenta «il fatto che dopo il crollo del socialismo reale, tutti i partiti comunisti si sono dissolti insieme al “monolite” sovietico», e non si vede ancora prendere corpo una nuova soggettività anticapitalistica. I lettori di questo Blog sanno che per il sottoscritto tanto il Moloch Sovietico quanto i partiti che gli erano devoti non hanno mai avuto nulla a che fare con il comunismo, almeno con quello che pulsa con forza dalle pagine dei testi marxiani. Ecco perché quando leggo che «Il venir meno del comunismo come base teorica e politica per un modello alternativo di società e di economia, non ha significato altresì il venir meno anche della necessità di un progetto di cambiamento delle basi socio-economiche del sistema vigente», mi vien da sghignazzare, rispettosamente e pacatamente. I teorici delle Terze, Quarte e n vie mi fanno questo effetto, da sempre. E qui ci avviciniamo davvero alla Terza via, quella bolivariana.
«Il Sud America è vero, sperimenta situazioni diverse e potrebbe rappresentare un esempio su molte questioni, ma né l’Argentina né il Brasile, per fare due esempi, possono dirsi paesi non capitalisti». L’Argentina e il Brasile sono paesi capitalisti: davvero una sconvolgente scoperta! Ma le sorprese non sono finite: «Il welfare e il keynesianesimo che praticano e predicano NON è anticapitalismo, ma forme di sviluppo sociale che in Europa e nel resto del mondo occidentale sono già state attuate e superate dal neoliberismo dominante». Lascio correre certi “dettagli” (ad esempio in merito al «neoliberismo dominante») e domando: come mai il Venezuela di Chávez non compare nell’elenco dei paesi latinoamericani che non possono venir qualificati come «non capitalisti»? Qui il «socialismo bolivariano» ci cova!
A proposito del caudillo di Caracas, ecco cosa ha scritto Daniele Cardetta commentando il commovente («più forte del tumore, più forte degli Stati Uniti»: sic!) trionfo elettorale del venezuelano: «Chávez, in un mondo sempre più neoliberista [ci risiamo!], ha portato il suo paese verso il “Socialismo del XXI secolo”, con sempre più Stato e sempre meno mercato, con buonapace degli ultras neoliberisti che tanto vanno di moda in Europa» (Venezuela. Il trionfo di Chávez nell’ombra di Bolívar, tribunodelpopolo.com). Lo statalismo come “socialismo”: un classico della vulgata “marxista”. D’altra parte l’altro ieri Vittorio Feltri ha definito «comunista» la decisione dell’Unione europea di adottare la mitica Tobin Tax sulle transazioni finanziarie, per dire quanto poco valgono oggi certi riferimenti politici e “dottrinari”. Di qui, la mia… sovrana indifferenza nei confronti delle patenti: chi mi vuole insultare fa un buco nell’acqua se mi dà dell’antimarxista. Comunque sia, il «Socialismo del XXI secolo» formato Chávez non fa ribrezzo solo agli «ultras neoliberisti», questo è sicuro.
Disgusto, più che ribrezzo, provo anche nei confronti della riflessione “politica” che segue, la quale scotenna l’intelligenza, letteralmente: «Ahmadinejad deve essere supportato in funzione delle sue politiche antimperialistiche, però, l’adesione al marxismo rivoluzionario, non può non spingerci a fare delle critiche [ma va? Ma così non si corre il rischio di indebolire il fronte antimperialista? Ovviamente faccio del sarcasmo. I Socialsovranisti invece fanno sul serio!] … Ahmadinejad ha dei meriti indiscussi [nessuno può ricusarli in dubbio, tranne il sottoscritto, notoriamente settario e foraggiato dal Diavolo Occidentale]: l’Iran è un ostacolo per l’imperialismo Usa-Israele e il suo ordinamento interno si pone in netta antitesi al neo-liberismo economico. Come antimperialisti non possiamo che schierarci senza ‘’se e senza ma’’ dalla sua parte: che ben venga l’espansionismo locale della Repubblica islamica [giuro: sto citando fedelmente!]. Però le differenze fra una prospettiva marxista rivoluzionaria e l’islamismo antimperialista restano profonde [sic!] seppur, in certi momenti, conciliabili [ah, ecco]» (Stefano Zecchinelli, Marxismo rivoluzionario o Nazionalismo di sinistra? Antimperialismi a confronto, da Comunismo e comunità). Direi piuttosto imperialismi a confronto.
Cose dell’altro mondo, direte. E invece sono cose di questo triste, tristissimo mondo, capitalista e imperialista. Infatti, i Socialsovranisti chiamano «marxismo rivoluzionario» un fritto misto di stalinismo-maoismo-chevarismo-chávezismo e altri analoghi ismi (tutti sottoprodotti dello stalinismo: la casa madre) che hanno nell’odio nei confronti degli Stati Uniti, di Israele e del cosiddetto «neoliberismo» il loro comun denominatore ideologico. Il concetto che, soprattutto nel XXI secolo, nell’epoca in cui il rapporto sociale capitalistico domina ovunque e la borghesia non ha alcuna funzione progressiva da svolgere, nemmeno in forma residuale, tutti gli imperialismi (di “destra” e di “sinistra”, “neoliberisti” o “statalisti”, ovvero “islamisti”), tutte le nazioni e tutti gli Stati sono ugualmente colpevoli al cospetto delle classi dominate del pianeta; questo concetto elementare e fondamentale per un pensiero che vuole essere davvero critico e radicale non sarà mai compreso dai Socialsovranisti, i quali appoggiano certe fazioni del Capitalismo internazionale e dell’Imperialismo anche per accarezzare l’illusione di essere al centro del mondo, di essere anche loro protagonisti di una guerra totale tutta interna al dominio sociale capitalistico. Come ridicole mosche cocchiere essi si mettono, «senza se e senza ma», all’ombra dei potenti e dei violenti per nascondere la loro indigenza e impotenza teorica e politica.
La costruzione dell’autonomia delle classi dominate nei confronti delle classi dominanti – nazionali e internazionali – e del loro Stato è la sola politica che qualifica un Soggetto politico come autenticamente anticapitalista: il resto è cianfrusaglia ideologica – che pesca maldestramente e pappagallescamente nelle citazioni leniniane –, a uso e consumo delle classi dominanti: non importa se basate a Nord o a Sud del mondo, se antiamericane o filoamericane, se cristiane o islamiste, se confuciane o atee.
Arriviamo, per finire, al piatto forte cucinato da Salistrari, che lo qualifica appunto come Socialsovranista(o Socialnazionalista, fa lo stesso) senza se e senza ma: «Oggi la nazione, la sovranità nazionale, si pongono nei confronti dei processi economici, politici e sociali in atto, come una difesa, come un baluardo, nei confini del quale proteggere tutta una serie di interessi sociali, di diritti e di tutele, che vengono pesantemente ridimensionati e messi in discussione». Cianfrusaglia ideologica, appunto, peraltro affine a quanto sostenevano Bertinotti e la sua Rifondazione Statalista alla fine degli anni Novanta, contro il dilagare della “secessionista” Lega Lombarda. I confini della nazione sono i confini storico-sociali della classe dominante nazionale, la quale tuttavia radica il proprio potere su un rapporto sociale sovranazionale. Come ho scritto altrove, «contrapporre il capitale internazionale al capitale nazionale è, oltre ogni altra considerazione, del tutto privo di significato. Infatti, lo stesso capitale nazionale non è che un’espressione – e un’articolazione – del capitale internazionale, una sua manifestazione localizzata, una sorta di sua sezione nazionale, per così dire. Lo Stato nazionale è un nodo geopolitico della fitta rete del dominio sociale capitalistico, la cui dimensione oggi è il mondo. Anche per questo l’ideologia Sovranista ha i piedi d’argilla, oltre ad essere una concezione del mondo reazionaria all’ennesima potenza». Mi scuso per l’autocitazione.
Scrive Salistrari: «La messa in discussione della modellistica dello Stato Nazione assume un aspetto inquietante». Certamente, ma solo per i cultori del Sovranismo, nonché amici delle potenze imperialistiche (tipo Cina e Russia) avversarie degli Stati Uniti e dei loro alleati. «La discussione intorno alla conquista democratica della sovranità nazionale da parte dei popoli diventa il punto iniziale dal quale procedere al fine di favorire la formazione di un movimento internazionale (e internazionalista) capace di mettere al centro l’essere umano e la dignità umana». Quando il Socialsovranista, dopo aver lamentato «la messa in discussione della modellistica dello Stato Nazione», parla di “internazionalismo” e di “umanità” si capisce quanto sia vero il detto popolare secondo cui la realtà supera ogni più fervida – e maligna – immaginazione.
Vorrei proprio avere torto ma un rinnovamento sociale basato sul marxismo, non importa se sia interpretato fedelmente o meno, non e’ realistico. E’ possibile che mi illuda ancora piu’ dei marxisti ortodossi, ma per un barlume di accettazione corale di riforma sociale suggerirei di usare il termine “umanesimo”. La filosofia dell’umanesimo e’ abbastanza fluida da adattarsi e incorporare diverse componenti culturali, etniche e nazionali. Senza poter andare oltre per motivi di spazio e di tempo temo di cadere nel nulla delle parole. Resta il fatto che il termine “marxismo” suscita nella casta e nelle masse un misto di paura e odio – non un buon inizio. Inoltre, come per il Venezuela, anche le buone intenzioni (di Chavez) si scontrano con una realta’ resa pesante dalla storia e dalle condizioni in cui Chavez e’ venuto al potere. Leggo (non so se e’ vero o se e’ una caratterizzazione dei nemici di Chavez), che si e’ formata una “bolibourgeosie” che prospera sotto l’egida del socialismo o marxismo che dir si voglia. Anche se personalmente ammiro Chavez. Morale della favola – se vogliamo cambiare qualcosa sarebbe meglio partire con un nome che non si presti immediatamente ad allergie psichiche e mentali – umanesimo, appunto. Vale!
Ti ringrazio per la riflessione, che condivido solo in parte. L’umanesimo mi va benissimo, tant’è che definisco la mia “concezione” IL PUNTO DI VISTA UMANO.Per adesso ti rimando a: https://sebastianoisaia.wordpress.com/2010/05/10/il-punto-di-vista-umano-%e2%80%93-il-dominio-e-la-liberazione/
Ciao!
Pingback: La parabola della Sinistra Bordighista: da sinistra del movimento operaio a sinistra dell’imperialismo americano | Informare per Resistere
Ti è stato risposto: http://zecchinellistefano.blogspot.it/2012/10/il-neo-bordighismo-rimorchio-della-cia.html
Ti prego, istituisci una pagina apposita per questa “discussione a distanza”: i deliri di Zecchinelli sono qualcosa di aberrante e comico al contempo…
Stefano Zecchinelli mi ha postato su FB quanto segue:
«La prossima volta ti replicheranno alcuni compagni palestinesi vicini al Fronte popolare marxista. Così capirai che è facile scrivere idiozie quando si sta con il sedere al caldo, caro il mio internazionalista».
Ecco la mia risposta:
«Esiste dunque un Fronte popolare marxista? Già questa sola scoperta mi mette i brividi e mi raffredda il sedere cosmopolita. Piuttosto devo subito mettere a giorno della cosa i miei amici basati nell’Impero del Male. A proposito: quella che mi dai è un’informazione o una minaccia? Scherzo! Grazie comunque per l’attenzione».
Se ne hai voglia, fatti un giro sul post di IxR e goditi il batti-ribatti che ho avuto (Pietro Drum) con sinceramente non-so-chi – tenendo conto che c’è poco spazio su FB per un reale confronto… Zelig è nulla in confronto XD
Grazie per la segnalazione. In effetti anche il Bagaglino impallidisce.Eccellente giornata!
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