LA GLORIOSA STORIA COMUNISTA SECONDO MARIO MONTI

stalinismoNella sua foga da comiziante di primo pelo, forse convinto di assestare un colpo al «populista» Berlusconi e di fare una carezza al «riformatore» Bersani, Mario Monti ha parlato della «gloriosa storia comunista» che starebbe alle spalle del Partito Democratico. Giustamente Alessandro Sallusti si è arrabbiato non poco col professore in loden: «Mi chiedo cosa ci sia di glorioso in una storia fatta di oppressione e di crimini». Sottoscrivo! Salvo il fatto che, come sa chi mi conosce, io colloco il cosiddetto “comunismo” a cui si riferiscono Monti e Sallusti nel Libro Nero del Capitalismo mondiale. In attesa di ritornare sulla scottante questione, pubblico un articolo che scrissi per una modestissima rivista locale (Filo Rosso) nel marzo 1992, una data importante per l’ex PCI in via di rapida trasformazione, sul libro Palmiro Togliatti di Giorgio Bocca. Lo dedico ai tanti “comunisti” del tipo che è possibile incontrare nel movimento social-manettaro di Ingroia e compagni.

428PX-~1Il Togliatti di Giorgio Bocca

… Il suo Palmiro Togliatti, scritto nel ’79 e ripubblicato nel febbraio di quest’anno a cura dell’Unità – quasi dovesse scagionare il “mitico” Ercole dalle accuse infamanti che gli piombano addosso proprio in un momento delicato per l’ex PCI – non si può certo definire una ciambella di salvataggio per gli orfani del “socialismo reale”: il legame organico di Togliatti con lo stalinismo e la politica dello Stato russo vi appare del tutto trasparente. Bocca non lesina giudizi taglianti e definitivi sul migliore degli stalinisti europei – che non poche volte appare, nelle pagine di Bocca, più stalinista dello stesso Stalin. (…)

Emerge il rapido allineamento di Palmirone e di Gramsci alle posizioni del partito russo in caduta libera nel baratro della controrivoluzione. Gramsci, scrive Bocca, capì prima del suo allievo e successore che bisognava saltare sul carro di Stalin e Bucharin: «C’era stato con Gramsci il periodo della bolscevizzazione» (p. 147). Per capire il motivo di questo severo giudizio su un importante padre della patria, nonché illustre letterato e filosofo – crociano per unanime giudizio –, è forse utile far parlare un altro “storico di vaglia”, Giorgio Galli: «Gramsci lotta contro Bordiga con due metodi paralleli: stacca da lui i suoi collaboratori, usando l’argomento fondamentale che schierarsi con la sinistra significa prendere posizione contro l’internazionale; adotta provvedimenti disciplinari contro coloro che non cambiano opinione» (Storia del PCI, Sugarco). Com’è noto (?), Bordiga guidò il processo di formazione del comunismo rivoluzionario in Italia, e si oppose assai precocemente alla controrivoluzione stalinista, che sul terreno del movimento operaio internazionale si espresse come «bolscevizzazione» (leggi: stalinizzazione) dei partiti comunisti che avevano aderito all’Internazionale Comunista.

Ma ritorniamo al Togliatti di Bocca: «Lo stalinismo vero di Togliatti è di tipo ideologico, tale da farlo apparire a certuni come lo stalinista perfetto, capace di razionalizzare e ideologizzare anche gli aspetti irrazionali o ancestrali dello stalinismo» (p. 100).

Emerge nel libro di Bocca la responsabilità del perfido Ercoli in rapporto a tutte le nefandezze perpetrate a Mosca ai danni dei suoi oppositori politici, non importa se russi, italiani, polacchi o spagnoli. Nel somministrare condanne e nel fabbricare calunnie Palmiro-Ercole non tiene in nessun conto il passaporto dei suoi avversari, e in questo rivela il suo profondo spirito… “internazionalista”. Nel terrore egli è persino “democratico”: fa fuori, indifferentemente, anarchici, trotskisti (o presunti tali), bordighisti, e persino stalinisti “anomali”; il solo criterio che lo guida è quello della lotta a qualsivoglia tipo di opposizione politica al regime staliniano. «È lui a spiegare che ora processi e condanne vanno intesi come atti di legittima difesa, non solo della rivoluzione e del socialismo, ma della democrazia e della pace» (p. 252). Attaccare il sempre più ferreo e antiproletario regime staliniano significava dunque mettere a repentaglio anche la democrazia e la pace nel mondo: questo sommo abominio non giustifica forse la Siberia e la fucilazione? Nicchio…

Grazie a lui la piccola comunità di comunisti italiani rifugiatisi in quella che credevano fosse la «Patria del socialismo» per sfuggire dalle grinfie fasciste fu decimata attraverso processi farsa. Inutile forse ricordare sotto quale accusa quei militanti caddero: spie del trotskismo, e quindi oggettivamente servi del fascismo e dell’imperialismo. (…)

C’è nel Togliatti di Bocca il leader “comunista” che si appella (1936) «ai fratelli in camicia nera»; c’è il capo dell’Internazionale che si schiera a favore del patto russo-tedesco del ’39, e che poi fa marcia indietro – alla coda dei padroni moscoviti – quando le divisioni tedesche attaccano il Sacro suolo della Madre Russia. E c’è naturalmente il Togliatti democratico-badogliano del «partito nuovo», della Resistenza, del CLN. Bocca tende a opporre il Togliatti democratico all’Ercole stalinista, riconducendo il secondo al retaggio gramsciano, perché, osserva giustamente il Nostro, il «partito nuovo», maturato a Salerno nel ’43, ha la sua origine a Lione nel 1926 (Terzo Congresso del PC d’Italia). Egli però sbaglia quando crede di trovarsi di fronte alla proverbiale doppiezza togliattiana. In realtà «i due Togliatti», quello stalinista e quello democratico, il servitore scrupoloso dello Stato Russo e il geniale interprete degli interessi nazionali del Bel Paese, vanno considerati le due facce della stessa escrementizia medaglia. Tra il “comunista” Ercole e lo statista Togliatti ci fu assoluta e “organica” continuità.

3 pensieri su “LA GLORIOSA STORIA COMUNISTA SECONDO MARIO MONTI

    • Non si legge la citazione di Togliatti, eccola:
      …noi sappiamo di parlare non un linguaggio di classe, non un linguaggio di partito; noi parliamo un linguaggio di popolo e di nazione, noi parliamo a nome di tutta l’Italia e noi sappiamo di parlare nell’interesse stesso delle grandi nazioni democratiche alleate e in particolare delle nazioni anglosassoni

  1. Collocare come fa Isaia nel Libro Nero del Capitalismo mondiale anche il “cosiddetto comunismo” può sembrare una nevrotica rimozione di quella storia che abbiamo vissuto di aperto conflitto tra i due mondi “del cosiddetto comunismo” e “del cosiddetto capitalismo” reciprocamente escludentisi e demonizzantisi.
    Se però consideriamo che comunemente associamo il “cosiddetto sistema capitalistico” all’idea del “mondo libero”, dobbiamo rilevare quanto questa espressione sia ingannevole e come, in ultima analisi, entrambi i sistemi siano caratterizzati, in forme più o meno accentuata, dal medesimo principio della forza e del dominio, da quel Leviatano , che secondo Isaia non è tanto “lo stato assoluto moderno”, ma ciò da cui esso prende fondamento e forma e cioè quel capitale e quel suo processo di accumulazione disumano che determina ogni scelta individuale e collettiva.
    Il momento di crisi globale che attraversiamo e lo sconvolgimento degli instabili equilibri (?) politico-economici sui quali abbiamo edificato la nostra casa, ci fanno accedere a questo esoterico punto di vista, che aiuta a correggere vecchi unilaterali giudizi (G.Bocca su Togliatti), riducendo in cenere miti e monumenti.
    Resta comunque, a mio parere, il problema di fondo di questa revisione storica in chiave marxista: se cioè il capitalismo sia il malato o la malattia.

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