LO SPETTRO DELLA POTENZA TEDESCA. Il punto sulla guerra in Europa

130315newstatesman«Uno spettro si aggira di nuovo per l’Europa: lo spettro della potenza tedesca». Così ha scritto, molto sobriamente, lo storico Brendan Simms sul settimanale New Statesman, dedicato all’annosa, quasi eterna, Questione Tedesca. In effetti, lo spettro della potenza tedesca non ha smesso mai di inquietare le nazioni europee, neanche all’indomani della tabula rasa del ’45 e la divisione geopolitica del Paese situato al centro del Vecchio Continente. Tant’è vero che, come osserva correttamente lo storico tedesco, l’Unione Europea è stata in larga misura concepita per controllare e marcare da vicino la potenza sistemica della Germania, e magari usarla in funzione antirussa e antiamericana.

Un Paese forte economicamente ma debole politicamente, e in più annichilito sul piano morale e psicologico a causa delle note vicende, sembrava costituire, per nazioni uscite dal massacro mondiale debilitate fin quasi al completo esaurimento, un’ultima chances per continuare a pesare sulla bilancia della competizione imperialistica mondiale.  Questo è stato vero soprattutto per la Francia, la cui tradizionale grandeur ha dovuto fare i conti con un declino sempre più accentuato del suo status di potenza capitalistica. L’Inghilterra, invece, è sempre stata più guardinga nei confronti di Berlino e del suo “asse” con Parigi, e più volte la Thatcher, nemica del politicamente corretto affettato nelle paludate stanze della diplomazia europea, non ha mancato di evocare dinanzi ai partner francesi la sindrome della mosca cocchiera. Non è Parigi che guida il cocchio!

«Non affrettiamo i tempi dell’unificazione politica e monetaria»: questo fu il mantra più ripetuto ai leaders europei dalla Lady di ferro non appena il processo di unificazione subì, dopo la caduta del muro di Berlino, una brusca accelerazione. Per Londra il legame preferenziale dell’Inghilterra con gli Stati Uniti è, oggi più di ieri, un cardine intangibile della sua politica estera, una vera e propria polizza di assicurazione strategica, la sua salvezza di ultima istanza.

Oggi, scrive Simms, la Germania «Sta scomodamente al centro di un’Ue che è stata concepita soprattutto per limitare la potenza tedesca ma che ha invece contribuito ad accrescerla»: eterogenesi dei fini, o dialettica del processo sociale che dir si voglia. E continua: «Errori di progettazione hanno involontariamente privato molti altri paesi europei della loro sovranità senza dar loro in cambio una leva democratica nel nuovo ordine». Non di «errori di progettazione» si tratta, ma di una guerra sistemica che continua, mutatis mutandis, ormai da oltre un secolo, e la cui posta in gioco è, oggi come ieri, l’egemonia nel Vecchio Continente. Né più né meno. Oggi come ieri si decide, mutatis mutandis, la scala gerarchica della potenza sistemica (capitalistica) tra i Paesi europei, i quali sono attraversati da due esigenze che non sempre entrano in armonia tra loro: difendere gli interessi nazionali e costruire insieme agli altri Paesi “fratelli” – o “cugini”: il grado di parentela è abbastanza variabile… – un blocco economico-sociale in grado di reggere l’urto della concorrenza totale degli altri blocchi mondiali, a cominciare ovviamente dagli Stati Uniti e dalla Cina. Difendere e, allo stesso tempo, cedere sovranità su ogni versante della prassi nazionale: un’equazione per nulla facile.

Il nodo attorno a cui si aggrovigliano i più scottanti problemi europei è appunto sempre quello: la Questione Tedesca. Come usare e al contempo arginare la Potenza Sistemica (economica, scientifica, istituzionale, culturale: in una sola parola sociale) della Germania? Pensare la Questione Tedesca nei termini di una Questione Europea, e viceversa, è non solo fondato sul piano storico-sociale, ma è a mio avviso il solo modo adeguato di inquadrare il problema senza cadere nelle antinomie politico-ideologiche degli europeisti e dei sovranisti.

Il concetto chiave che attraversa la mia riflessione intorno alla crisi del progetto europeo è quello di Guerra Sistemica, in corso nel Vecchio Continente come momento di un’analoga Guerra che abbraccia l’intero pianeta. Le riflessioni basate su una sempre più risibile ideologia europeista ci offrono un confuso quadro dominato da irrazionalità, cattiverie, insipienze politiche, inspiegabili «politiche suicide» e futilità concettuali di simile conio. La riflessione che non fa fino in fondo, fino alle estreme conseguenze, i conti con la dimensione del conflitto tra i capitali e tra le nazioni rimane sempre più spiazzata dal reale procedere della storia, la quale, com’è noto, se ne infischia degli auspici scritti sulla sabbia dei pii desideri.

BALLAMAN_greece-vs-germanySimms mette in guardia Berlino dall’ondata di «germanofobia politica e popolare» che rischia di abbattersi ancora una volta come uno tsunami sulla Germania, e Dominic Sandbrook, un altro storico, scrive sul Daily Mail che secondo un numero crescente di europei «per la terza volta in meno di cento anni la Germania sta cercando di prendere il controllo dell’Europa»: «Se i tedeschi continuano a imporre brutali ristrettezze economiche ai popoli d’Europa, le conseguenze in termini di alienazione sociale, dispute internazionali e ascesa dell’estremismo politico potrebbero essere drammatiche». Per gettare acqua sul fuoco l’ex presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker ha proposto sul Der Spiegel un tranquillizzante parallelo tra il 2013 e il 1913, l’anno che precedette lo scoppio della Grande Guerra.

Boldini1-153x300Mentre indosso il metaforico – per adesso – elmetto sale alla mia bocca un grido: Ridatemi almeno uno scampolo di belle époque!

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3 pensieri su “LO SPETTRO DELLA POTENZA TEDESCA. Il punto sulla guerra in Europa

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