ARTICOLO 11 E DINTORNI. ASPETTANDO L’ENNESIMA “GUERRA UMANITARIA”

ballaman-doveLetto quanto segue:

«In questi cupi momenti la Fgci si unisce quindi a tutti coloro che intendono lottare per la pace e contro la guerra in Siria, difendendo il diritto della Siria a esistere come Stato indipendente e a difendersi dal terrorismo. Infine vorremmo lanciare un appello alle forze di sinistra e al Parlamento Italiano affinché, almeno in questa circostanza, venga applicato l’articolo 11 della nostra Costituzione, troppe volte rimasto lettera morta di fronte ai diktat dei nostri “alleati”» (Comunicato della Fgci); «Contro la partecipazione in qualsiasi forma (compreso l’uso del nostro territorio e dello spazio aereo) della Repubblica italiana all’aggressione alla Siria, rivendichiamo l’applicazione dell’articolo 11 della Costituzione» (da Associazione Marx XXI).

Ripubblico un mio post del 14 settembre 2012 dedicato all’articolo 11 della Costituzione italiana nel contesto della crisi siriana.

barcbuschNon c’è guerra o preparazione di un qualsiasi intervento militare da parte del Bel Paese che non evochino, nella testa dei pacifisti, l’Art 11 della Costituzione Italiana: L’Italia ripudia la guerra

«Questo recita l’Art 11 della nostra Costituzione nata dalla resistenza», si legge ad esempio in un manifesto di convocazione contro la guerra in Siria firmato dal Comitato contro la guerra di Milano. A mio avviso il richiamo al mitico Articolo è sbagliato, anche da un punto di vista strettamente “tattico”, ossia nel tentativo di creare contraddizioni nel campo del nemico, il quale, infatti, ha mandato uomini e mezzi ovunque nel mondo tutte le volte che se n’è posta la necessità, pagando un prezzo politico assai modesto. Creare nella gente delle aspettative sulla base della Costituzione di un paese capitalistico è a mio avviso un errore esiziale che si paga durante la lotta e, soprattutto, in prospettiva, perché non si ottiene dal movimento sociale una reale maturazione politica, anche in caso di sconfitta – e dall’Operazione Libano 1982 in poi ne ho viste di sconfitte sul terreno della lotta alla guerra.

Sul piano storico quell’articolo non attesta la natura pacifista della «Repubblica nata dalla resistenza», dopo il nazionalismo e il militarismo dell’esperienza fascista; ne attesta piuttosto la natura di Paese sconfitto nella Seconda Carneficina Mondiale. Dopo l’occupazione militare angloamericana e la resa incondizionata ottenuta a suon di bombardamenti aerei sulle città italiane, le potenze Alleate ottengono dall’Italia la ratifica di Paese vinto che non cercherà mai più la strada della guerra per accrescere in potenza. Di più: il suo potenziale bellico viene messo a disposizione di istituzioni sovranazionali (NATO e ONU) per consentire «alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni»; e difatti l’Italia «promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». Su questa base giuridica all’Italia è consentita la guerra in guisa di piccola o media potenza assoggetta ai vincoli imperialistici che le derivano dall’esito della seconda guerra mondiale.

Analogo discorso deve naturalmente farsi per la Germania e il Giappone, la cui costituzione approvata nel 1947 «fu redatta in tutta fretta dallo stato maggiore di McArthur» (J. Halliday, Storia del Giappone contemporaneo). L’Art 9 della Costituzione giapponese, «introdotto per insistenza personale di McArthur», recita: «Aspirando sinceramente a una pace internazionale basata sulla giustizia e sull’ordine, il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione, e alla minaccia o all’uso della forza come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

Il monopolio della violenza bellica come diritto sovrano passa, dopo l’ultima guerra, nelle mani delle nazioni vittoriose, e questo stato di cose trova una ratifica internazionale con la creazione dell’ONU. Lungi dall’essere un crogiuolo di buone intenzioni, quest’organizzazione esprime dunque gli interessi di quelle nazioni (non a caso le ex potenze sconfitte ne richiedono la «riforma»), ed è per questo che i pacifisti dimostrano poca avvedutezza politica (notare la mia diplomazia…) tutte le volte che in caso di conflitto regionale o di «crisi umanitaria» invocano «l’egida dell’ONU». Nel caso siriano non è stato possibile, fino a questo momento, «un intervento umanitario sotto l’egida dell’ONU» semplicemente perché i maggiori imperialismi mondiali (Stati Uniti, Cina e Russia) non hanno trovato un accordo sul dopo-Assad. Essi sono divisi anche sulla scottante questione iraniana, la quale costituisca forse la maggiore incognita della complicatissima equazione mediorientale. Intanto Israele scalda i motori dei suoi aerei da guerra, anche solo per mettere fretta al democratico e premio Nobel per la pace Obama.

imagesIn Siria sono morte circa 16 mila persone. Questa carneficina pesa anche sul conto dell’attuale Stato siriano, e non solo su quello delle potenze regionali (Turchia, Arabia Saudita, Qatar) che foraggiano il cosiddetto Esercito Libero Siriano e l’opposizione politica al regime di Assad. Mentre giustamente denunciano l’imperialismo occidentale, a partire da quello italiano, e richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica sull’«aggressione criminale contro un Paese sovrano come la Siria», i pacifisti farebbero bene a non dare alcuna solidarietà, occultata dietro insulsi ragionamenti “antimperialistici” sul «diritto di autodeterminazione dei popoli», alle potenze regionali mediorientali sostenute dalla Russia e dalla Cina, nazioni imperialistiche alla stessa stregua di quelle occidentali. Ci vuole assai poco per diventare nostro malgrado strumenti politico-ideologici di una delle parti in causa – alludo ovviamente agli Stati, non ai popoli, vittime ovunque delle classi dominanti, locali e transnazionali. La pallottola “sovrana” uccide come la pallottola anti-sovrana.

racchia boninoNon si tratta di equidistanza, tutt’altro! Si tratta piuttosto di affermare un punto di vista autenticamente ostile all’imperialismo guerrafondaio, qualunque ne sia la dimensione (regionale o globale), la dislocazione geopolitica (Ovest, Est, Nord, Sud) e la religione (cristiana, islamica, induista, ateista, ecc.). Nella notte dell’Imperialismo mondiale tutte le vacche sono nere, e sparano contro la possibilità di emancipazione degli individui.

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