BRASILE. SAMBA E REPRESSIONE

ap446182186353«Dopo le impetuose proteste di giugno, il Brasile non fa più notizia ma le ragioni di quella ribellione sono ancora vive e quasi ogni settimana vanno in piazza centomila persone. Intanto Rio de Janeiro si prepara ai grandi eventi mondiali cancellando cento favelas e allontanando la gente che le abita. Le favelas del centro sono state occupate dalla polizia militare, che dovrebbe “pacificarle”» (O cidadão, 11 novembre 2013). E chi poteva essere la persona più idonea a implementare con successo questa ammirevole opera di pulizia (leggi pure polizia) e di “pacificazione”, se non la Presidentessa ProgressistaDilma Rousseff? Ordem e Progresso, che diamine! Lo dice anche la bandiera.

Sembra tuttavia che le cose non stiano filando del tutto lisce, e che gli ingrati abitanti delle favelas non comprendano ancora l’opera di civilizzazione condotta dalla pupilla di Lula.  «Cointaners della polizia incendiati, sparatorie, caccia all’uomo fra i vicoli delle favelas, rivolte della popolazione. Neanche troppo lontano dalle spiagge dorate pronte a ospitare i turisti che arriveranno per i Mondiali di Calcio, Rio de Janeiro riscopre scene da guerra che sembravano appartenere al passato e si appresta a ricevere, di nuovo, l’esercito per le strade» (Emiliano Guanella, La Stampa, 23 marzo 2014). La feccia vuole dunque rovinarmi le vacanze nella Patria di Pelé (chi scrive è comunque un maradonista senza se e senza ma) e delle garotas de Ipanema?! Urge il carro armato, companheira Dilma! Samba, futebol e repressão: la cosa suona piuttosto bene all’orecchio.

Come nella Venezuela bolivariana di Maduro, erede un po’ sfigato del Santissimo Chávez, le forze della Reazione sono all’opera: «Per le autorità – scrive sempre Guanella – si tratta di un’offensiva anti-Stato ordinata dai leader dei gruppi di narcotrafficanti oggi in carcere. Una spiegazione ripresa dalla stampa locale, che non tiene però conto del malessere diffuso nelle favelas per l’azione spesso violenta e arbitraria della nuova polizia pacificatrice, composta per lo più da agenti della polizia militare dello Stato di Rio de Janeiro, uno dei corpi più violenti e corrotti di tutto il Brasile». Fazioso e antiprogressista come sono, tendo a non dare alcun credito alle tesi governative, senza peraltro negare l’esistenza in Brasile della cosiddetta «economia illegale» (droga e prostituzione), la quale a mio sommesso avviso risponde alla stessa logica (quella del profitto) della cosiddetta «economia legale». Come il Capitale “legale”, anche quello “illegale” ricorre a tutti i mezzi necessari per difendere i suoi enormi interessi.

brasile1702A proposito di violenza: il programmo nucleare (militare e “pacifico”) avviato da Lula registra nuovi progressi, soprattutto nel comparto sommergibilistico.  Un programma, è bene ricordarlo (non certo agli italici sovranisti, che difatti lo apprezzano alquanto), «volto a perseguire senza complessi di deferenza una politica estera sovrana ed interessi autonomi di potenza regionale e di player globale» (Carlo Di Franco, Limes 5 luglio 2010). Questa maligna Potenza si manifesta ovunque, anche nelle favelas.

pele_portrait_by_frnzhauser-d3k2eogDa Facebook (17 giugno 2014)

IL DENARO È IL MIO COLORE

Scrive Lucio Caracciolo:

«Quando Pelé condusse la Seleção al trionfo mondiale di Città del Messico, si volle attribuire alla “perla nera” il compimento dell’integrazione dei brasiliani d’ascendenza africana, avviata dalla principessa Isabela nel 1888 con l’abolizione della schiavitù. Eccesso di ottimismo. Vari decenni più tardi, la stella massima della Seleção dopo Pelé, Ronaldo, ha spiegato che il razzismo resiste, eccome, “e quando ero nero ne ho sofferto anch’io”. Tradotto: adesso non sono più colorato, perché sono ricco» (Repubblica il 16/6/2014).

Di qui, il Pirlo di Treviri:

«Il denaro, possedendo la caratteristica di comprar tutto, di appropriarsi di tutti gli oggetti, è dunque l’oggetto in senso eminente. L’universalità di questa sua caratteristica costituisce l’onnipotenza del suo essere; è tenuto per ciò come l’essere onnipotente. […] Shakespeare nel Timone di Atene: “Oro? Oro giallo, fiammeggiante, prezioso? No, o dèi, non sono un vostro vano adoratore. Ce n’è abbastanza per far nero il bianco, brutto il bello, ingiusto il giusto, volgare il nobile, vecchio il giovane, codardo il coraggioso”. […] Quanto grande è il potere del denaro, tanto grande è il mio potere. Le caratteristiche del denaro sono le mie stesse caratteristiche e le mie forze essenziali, cioè sono le caratteristiche e le forze essenziali del suo possessore».

«Ciò che io sono e posso, non è quindi affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata dal denaro. Io, considerato come individuo, sono storpio, ma il denaro mi procura ventiquattro gambe; quindi non sono storpio» (K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844).

Ma cosa avrebbe potuto fare Pelé con ventiquattro gambe? Non oso nemmeno immaginarlo.

 

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