LA SORPRENDENTE SCOPERTA DI PATRICIA SZARVAS: IN GERMANIA IL CAPITALISMO FUNZIONA A PIENO REGIME!

angela_merkelPatricia Szarvas, giornalista economico-finanziaria di grande esperienza e di sicuro avvenire, crede di aver scoperto in Germania «il lato oscuro del benessere», e della sua “scoperta” ha fatto un libro pieno di riflessioni e – soprattutto – di dati interessanti: Ricca Germania. Poveri tedeschi (Università Bocconi Editore, 2014). Nel suo viaggio tra le contraddizioni della potente Germania di Angela Merkel, l’autrice ha “scoperto” che le misure approntate nelle linee essenziali dal socialista Schröder nel 2003 e applicate con la tradizionale serietà teutonica dalla Merkel, hanno certamente portato un boom dell’occupazione e fatto crescere il Pil, ma questo interamente sulle spalle dei “working poor”, gente con un lavoro ma economicamente povera. Oggi la Germania conta almeno 900 centri di distribuzione viveri, rispetto ai 35 del 1995, e il numero di tedeschi che hanno bisogno di un pasto caldo al giorno è raddoppiato in cinque anni, arrivando a 1,5 milioni. È vero: con le riforme strutturali contenute nella famigerata Agenda 2010 varata dal governo Schröder il Pil tedesco è cresciuto ed è pure aumentato il salario medio, senza peraltro tener testa all’incremento di produttività per unità di prodotto; e tuttavia «uno dei principali impatti dell’Agenda è stato l’ampliamento senza precedenti del settore occupazionale a bassa retribuzione e di conseguenza l’incremento dei working poor». Quando si elogia la politica economica praticata dalla virtuosa Germania, osserva la signora Szarvas, «gli effetti collaterali e la parte oscura non vanno ignorati», tanto più che «Se non si pone mano alla situazione è difficile che la stessa Germania possa mantenere a lungo la sua posizione di locomotiva europea». E conclude con una considerazione che può suonare come un consiglio offerto allo scialbo Hollande e al “decisionista” Renzi: «Riforme che danno vita a condizioni precarie non possono essere un valido cammino. Anzi sono una bomba ad orologeria».

CE LO CHIEDE IL CAPITALE!

CE LO CHIEDE IL CAPITALE!

Ora, perché definire «effetti collaterali» e «parte oscura» ciò che in realtà si dà piuttosto come un prodotto necessario della ristrutturazione capitalistica? Come insegna anche l’esperienza americana, nell’epoca del Capitalismo globale, quando tutti i sistemi capitalistici del pianeta sono posti in un confronto diretto (dal mercato del lavoro all’istruzione scolastica, dal livello salariale alla produttività del lavoro, dal sistema politico-istituzionale alle capacità tecno-scientifiche, ecc.) una sempre più larga “precarizzazione” e svalutazione del lavoro è un dato strutturale di lungo periodo. Prova ne sia che anche in Francia e in Italia la classe dirigente ha “scoperto” con circa un decennio di ritardo la necessità di «riforme strutturali» con caratteristiche tedesche, per così dire. Più che «ce lo chiede l’Europa», o la Kattiva Germania, si dovrebbe piuttosto dire: ce lo impone la competizione capitalistica globale, cioè a dire mondiale e sistemica. Sistemica? Oserei dire esistenziale, per alludere al risvolto necessariamente disumano di questa competizione che stressa anche la struttura psicologico-emotiva degli individui ridotti al rango di lavoratori-consumatori-clienti-utenti-contribuenti fiscali. Sotto questo aspetto la precarietà è un fatto universale.

Insieme alla ricchezza sociale nella sua forma capitalistica crescono anche le diseguaglianze sociali, la povertà di strati proletari sempre più ampi e la precarizzazione del lavoro: non vedo cosa ci sia di sorprendente e ancor meno di originale in tutto questo. È il Capitalismo, signora Szarvas! Per decenni i politici e gli intellettuali del Vecchio Continente hanno venduto ai lavoratori europei la colossale balla speculativa circa la superiorità etico-morale del modello capitalistico europeo-continentale (la cosiddetta «economia sociale di mercato», leccornia ideologica per il palato dei cattocomunisti) rispetto a quello «liberale-selvaggio» americano, salvo poi “scoprire” magagne che non sfigurano al confronto con quelle a stelle e strisce.

merkelD’altra parte, l’economia tedesca potrà funzionare da effettiva «locomotiva europea» solo nella misura in cui l’Europa accetterà di aprirsi sempre più all’egemonia sistemica (economica, politica, culturale) della Germania, seguendo il destino dei Paesi nordici “virtuosi” che già ruotano intorno alla sua orbita. Il caso greco dovrà pur insegnarci qualcosa. La Questione Tedesca rimane «il lato oscuro» del «sogno europeo».

Se si vuole il Capitalismo, signora Szarvas, bisogna portarsi a casa l’intera maligna confezione, e non versare lacrime politicamente corrette sui suoi «effetti collaterali» e sulla sua «parte oscura», magari perché si ha paura del conflitto sociale. Oscuro è il Capitalismo tout court. Di qui, la necessità della lotta di classe anticapitalistica, oggi tragicamente assente ovunque nel mondo. Ci fu un tempo, assai remoto, in cui la Germania funzionò in Europa da locomotiva proletaria: è la sola locomotiva su cui vorrei salire.

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3 pensieri su “LA SORPRENDENTE SCOPERTA DI PATRICIA SZARVAS: IN GERMANIA IL CAPITALISMO FUNZIONA A PIENO REGIME!

  1. E’ un capitalismo che ha un suo fondamento nell’etica protestante (Weber Insegna) fondato cioè sullo stato concepito come leviatano, di più come religione nella quale si inverano gli individui, predestinati dalla grazia.

  2. Da Facebook:

    P.: «Caro Sebastiano, in genere condivido quanto scrivi; ed anche questo post non fa eccezione. Tranne che per la considerazione finale, quella secondo cui l’unica locomotiva su cui vorresti salire sarebbe la proletaria. Secondo me questa tua non sarebbe una buona scelta. Il concetto di proletario è così cambiato che addirittura si potrebbe ipotizzare che egli sia forse il peggior nemico di se stesso. Ormai corpo violato del sistema che lo opprime, il “proletario” messo a punto da questo modello economico/antropologico, ne porta sulla propria carne i crismi e le stimmate, e della violenza di cui è nutrito ha fatto propri i valori e gli egoismi spesso più ciechi».

    Sebastiano Isaia: La metafora si riferisce a un’altra e remota epoca storica, quando esisteva un’avanguardia proletaria, quella ad esempio “rappresentata” da tipi come Rosa Luxemburg e compagni. Con l’odierno proletariato non salirei nemmeno su una bici, né berrei un solo caffè al bar. Sempre metaforicamente parlando, s’intende. È estranea alla mia forma mentis ogni sorta di idealizzazione riferita a fatti, persone e strati sociali. Comunque grazie per la stima. Ciao!

  3. Pingback: A BERLINO CHE GIORNO È? | Sebastiano Isaia

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