La Germania sta forse dicendo addio per sempre all’Ostpolitik? Siamo alla vigilia di un radicale mutamento degli equilibri geopolitici nel cuore stesso dell’Europa? È quello che, con le dovute cautele, sosteneva ieri dalle colonne del Guardian Natalie Nougayrède, esperta di politica internazionale. Sulla scorta della nuova visione strategica in materia di politica estera che Berlino sta elaborando per rispondere all’attivismo russo, l’Europa dovrà probabilmente ridefinire il suo approccio con l’insieme dell’Est europeo: la Nougayrède è giunta a questa impegnativa conclusione analizzando l’importante discorso pronunciato da Angela Merkel a Sydney il 17 novembre scorso, nell’ambito dell’ultimo G20. Vale quindi la pena di ripercorrere, in modo assai stringato, i punti salienti di quel discorso, che in effetti potrebbe segnare, se visto retrospettivamente tra qualche tempo (mesi? anni?), una sorta di spartiacque tra due epoche. Come sempre la Questione Tedesca è necessariamente una Questione Europea.
Gli osservatori hanno fatto notare il tono particolarmente duro che la Cancelliera di Ferro ha voluto conferire al suo discorso, mentre di solito la Frau preferisce pizzicare la corda civile, per dirla con Pirandello. Ma veniamo al merito:«La Russia guarda all’Ucraina in termini di sfere di influenza. Ma qui non si tratta solo dell’Ucraina. Si tratta della Moldavia, della Georgia e, se si va avanti così, ci si può chiedere se ci si debba interrogare anche sulla Serbia e sugli stati dei Balcani dell’ovest. […] L’idea che una guerra moderna possa essere circoscritta è un errore fatale. Da una crisi regionale nei Balcani il conflitto divampò in poche settimane. […] Come si poté arrivare a tanto, 100 anni fa, fra i popoli e le nazioni? Mancò la volontà di risolvere pacificamente le divergenze, anche per il credo arrogante nella propria superiorità militare. […] Ci sono ancora forze che credono nella legge del più forte, e non nella forza della legge. […] L’Unione Europea si basa invece sulla forza unificante di valori condivisi». Chi vuol intendere…
Lo stesso giorno arrivò la stizzita risposta del virile Putin sottoforma di intervista rilasciata alla tv tedesca Ard: la Russia non si lascia intimidire da chicchessia, e d’altra parte la Germania farebbe bene a non dimenticare i solidi legami economici che la uniscono alla Federazione Russa. Il combattivo Presidente ucraino Petro Poroshenko naturalmente non si lasciò sfuggire l’occasione di dimostrare al mondo di saperla più lunga in fatto di virilità: «Siamo pronti per uno scenario di guerra totale». Chi scrive non sarà mai pronto per uno scenario di quel tipo. Forse non sono macho abbastanza: vorrà dire che andrò a lezioni da Vladimir!
Secondo Natalie Nougayrède, con il Cancelliere e poi uomo d’affari (vedi alla voce Gazprom) Gerhard Schröder l’Ostpolitik ha toccato l’apice del cinismo: nemmeno l’annessione dell’Ucraina da parte della Russia ha infatti impedito a Schröder di riconfermare platealmente a Putin la sua intima amicizia. Sarà difficile per la Merkel vincere la potente e intricata rete di interessi interni ed esterni (vedi ad esempio l’«Italy’s industrial lobbies», o l’Ungheria di Viktor Orbán) su cui può contare Mosca. Tuttavia, come ha dichiarato la stessa Cancelliera, «la strategia di Putin non prevarrà, anche se la strada sarà lunga, ardua e piena di ostacoli». Piena di ostacoli: non c’è dubbio. Ad esempio, Pierluigi Mennitti registra «Un crollo drammatico per le esportazioni in Russia, che contribuisce ad appesantire le ali di un’economia solo fino a qualche mese fa convinta di poter attraversare senza grandi danni la crisi dei mercati sudeuropei. Le sanzioni contro Putin hanno dunque colpito profondamente l’economia tedesca. Una conseguenza attesa, ma la dimensione della caduta ha sorpreso tutti. La mancanza di mercati alternativi nei quali dirottare i prodotti venduti ai russi ha messo poi in luce quanto il miracolo tedesco degli ultimi anni nascondesse una tradizionale debolezza strutturale: l’eccessiva dipendenza da fattori esterni» (Limes, 4 novembre 2014).
Si parla di una diminuzione del volume di esportazioni verso la Russia di oltre il 26% rispetto all’anno precedente, per un incasso mancato pari a 2,3 miliardi di euro. E siamo solo agli inizi di una contesa che si annuncia piuttosto lunga. Secondo La BBC (24 novembre 2014) Anton Siluanov, Ministro delle Finanze russo, ha calcolato in 140 miliardi di dollari i danni totali provocati all’economia russa dal forte calo del prezzo del petrolio (100 miliardi) e dalle sanzioni (40 miliardi) imposte dall’Occidente in seguito alla crisi ucraina ammontano. Se Atene piange…
«Bisognerà poi vedere se i tedeschi saranno in grado di recuperare il terreno perduto, giacché nel frattempo, a rendere le sanzioni praticamente inutili, ci hanno pensato i paesi emergenti del Bric, occupando gli spazi di mercato lasciati liberi dagli europei» (Limes). Prima di abbandonare al suo destino la vecchia e cara Ostpolitik la Germania ci penserà su parecchio. In ogni caso, la Germania è chiamata a elaborare nel medio periodo (salvo improvvise accelerazioni “geopolitiche”) una coerente ed efficace strategia politica in grado di affrontare le inedite sfide che certamente non mancheranno di mettere alla prova la sua tradizionale capacità reattiva.
È appena il caso di ricordare, in conclusione, che la Ostpolitik, la politica di “apertura” verso l’Est, fu varata dal socialdemocratico Willy Brandt, ex borgomastro di Berlino diventato Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca nel 1969. Con l’Ostpolitik la penetrazione mercantile e finanziaria della Germania Ovest assume una più adeguata fisionomia politico-ideologica e una maggiore efficacia. Il Partito liberale tedesco, espressione di non pochi importanti gruppi industriali e finanziari molto interessati ai mercati “socialisti” e alle materie prime dell’Est, fu forse il più tenace assertore della nuova politica estera “distensiva”, la quale accelerò quel processo di attrazione sistemica lungo l’asse Bonn-Berlino che culminerà vent’anni dopo nella Riunificazione. Stati Uniti, Francia e Inghilterra dovettero fare buon viso a cattivo gioco dinanzi a una strategia che di fatto essi osteggiarono, per evidenti motivi concorrenziali, nei limiti delle loro possibilità.Per la già boccheggiante Unione Sovietica, militarmente forte ma economicamente già assai debole (in un modo allora non ancora sospettato dai più), l’Ostpolitik rappresentò invece una boccata d’ossigeno, probabilmente l’ultima prima del lungo rantolo finale.
Insomma, con l’Ostpolitik ci troviamo dinanzi a una formula di straordinario successo dell’imperialismo tedesco.
Caro Sebastiano, Lei traduce dal discorso della Merkel:
“L’idea che una guerra moderna possa essere circoscritta è un errore fatale. Da una crisi regionale nei Balcani il conflitto divamperebbe in poche settimane …”.
La frase, così come proposta, sembra rivolgersi alle possibili minacce belliche del prossimo futuro; in realtà, a me pare che la frase, sia alla lettera che nel suo contesto, richiami gli avvenimenti del passato, nelle loro fatali dinamiche, quale ammonimento per il futuro, e perciò il significato che Lei rileva nella frase può essere pienamente condiviso, pur non riproponendo le esatte parole, ma il pensiero sì, della Merkel :
“There was a lack of suitable mechanisms and institutions which would have allowed countries to exchange views, build mutual trust and engage in cooperation. There was no readiness to accept compromises. There was no will to settle differences peacefully – partly due to an arrogant belief on both sides in their own military superiority. Yet the belief that modern wars could be contained proved to be a fatal mistake. What was initially a regional crisis in the Balkans engulfed the rest of the continent within just a few weeks”.
http://www.lowyinstitute.org/publications/2014-Lowy-Lecture
Cordialmente
La ringrazio per l’importante segnalazione. Ho corretto il “tempo” del verbo divampare e adesso mi sembra che le mei parole restituiscono puntualmente il senso del discorso pronunciato dalla Cancelliera. Cordiali saluti a lei.