Scrive Liz Jones Diary del Mail On Sunday: «La critica in estasi: “Lo show della stagione! Monumentale!”, strombazza Vogue.com, a proposito della sfilata maschile parigina di Rick Owens per la primavera/estate 2018. La stella è un modello così scarno che le orecchie sembrano giganti, testa rasata, faccia emaciata, zigomi così affilati da grattugiarci il parmigiano, costole a vista. Sembra il sopravvissuto di un campo di concentramento. […] L’ossessione per i modelli magrissimi non è nuova, ma ora siamo andati oltre. Non vedono mai il sole, non fanno attività fisica, sembrano malati terminali. Si tratta, mi dicono gli interni, di giovani fieri di non stare in salute perché vivono virtualmente. E i loro stilisti pure, hanno abbandonato il mondo reale, sono virtuali, sono fantasmi. Non c’è nessuno che ne accorga? A parte l’organizzazione All Walks Beyond the Catwalk, che dichiara: “I modelli fanno fatica a riconoscere la loro vulnerabilità e tentano di mantenere il corpo alla moda. Sono sottopeso in modo scioccante, ma è un nuovo look per vendere più vestiti”. Sono cadaveri guidati dal commercio. Si notano e gli altri li copiano».
È il Capitalismo, bellezza! Insomma, bellezza per modo di dire…
«Un look che farebbe girare parecchio le palle a Primo Levi», ha commentato qualcuno sul mio profilo Facebook. Non c’è dubbio. D’altra parte Levi forse capì, o quantomeno intuì, che la radice del Male che aveva generato lo sterminio della guerra e dei campi di concentramento non fosse stata estirpata dai cosiddetti liberatori, e che anzi essa fosse più profonda e più viva che mai, nonostante le apparenze contrarie e la retorica intorno all’irripetibilità di quell’orrore. In ogni caso, non voglio sostenere che tra l’anoressico modello che sfila a Parigi e lo scheletrico prigioniero di Auschwitz non corra alcuna differenza; intendo piuttosto dire che entrambi, a loro modo e nelle circostanze date (insomma, mutatis mutandis), ci restituiscono l’immagine dello stesso mondo irrazionale, che è tale in grazia della sua radicale disumanità. La sostanza irrazionale e disumana di un mondo che ruota sempre più vorticosamente intorno al Sole-Denaro si manifesta in molteplici modi, e spesso tocca alla scienza medica (dalla psichiatria alla psicoanalisi, dalla chirurgia alla farmacologia) prenderne atto in modo del tutto empirico, senza altro obiettivo che non sia quello di riparare danni e metterci nelle condizioni di continuare la corsa. Ecco perché a mio avviso non è “blasfemo” né fuori luogo esclamare anche nel caso qui trattato: Se questo è un uomo! Con una semplice quanto essenziale avvertenza: qui si parla di noi, di tutti noi, non dell’eccezione che ci invita a spalancare gli occhi sulla cosiddetta normalità.
Caro Levi, questo è un uomo.
Oltre ogni critica al costume, caro Levi, soltanto questa umanità, e non altre, dinanzi al dispiegarsi storico della disumanità, della reificazione generale, può trovare il modo per andare oltre senza guardarsi alla spalle.
Per gli uomini “cadaveri guidati dal commercio” e per i cadaveri generati dal commercio che è all’ordine del giorno l’abolizione dello stato di cose esistente.
Cosa sono i proletari se non cadaveri – alienati della loro capacità lavorativa – guidati dal commercio? Sono forse dei Miserabili? Allora è auspicabile che siano proprio questi Miserabili, negando la loro essenza di classe, a porre fine all’irrazionalità capitalista.
Molto ben detto: che il morto afferri la vita!