IL DOMINIO DELL’ASTRATTO. Appunti di studio sui concetti di valore, lavoro e denaro

Gli individui sono ora dominati da astrazioni.
L’astrazione non è però altro che l’espressione
teoretica di quei rapporti materiali che li dominano.

Nel denaro il prezzo è realizzato, e la sua
sostanza è la ricchezza stessa. Il denaro è
perciò il dio tra le merci. Esso rappresenta
l’esistenza celeste delle merci, mentre queste
rappresentano la sua esistenza terrena[1].

 

Sollecitato dal “bizzarro” (e per alcuni “operatori economici” assai inquietante) fenomeno dei tassi di interesse negativi[2], ho ripreso in mano per l’ennesima volta i testi marxiani, per chiedere lumi al comunista di Treviri circa la natura del capitale monetario e la dinamica del saggio di interesse. Come mi capita sempre, non ho resistito al richiamo dell’immersione totale nella cosa, anche perché un concetto marxiano tira l’altro, come le famose – e gustose! – ciliegie. Ma a ben guardare, e al netto delle mie confessate debolezze, ciò di cui parlo con tanta leggerezza allude a una connessione ben più reale e profonda, che Marx si è sforzato di restituirci sul piano concettuale; con quali risultati ognuno può giudicare.

Gli appunti che offro alla lettura sono insomma il risultato del mio studio, che ovviamente continua: come quello, so di non sapere. Che è già qualcosa. Come suggerisce il titolo pretenzioso che ho dato a questo modesto scritto, del cui carattere disorganico e frammentario mi scuso in anticipo con chi avrà la bontà di leggerlo, qui non approfondisco il problema dei tassi d’interesse negativi, questione che forse riprenderò in un secondo momento; mi limito piuttosto a riportare gli appunti di studio dando loro un certo ordine concettuale (si spera!) ed eliminando quanto più possibile le ripetizioni (come sopra!).

Proprio mentre cercavo di dare un senso e un ordine agli appunti, mi è capitato di leggere un articolo pubblicato da Paolo Sorbi sull’Avvenire del 3 novembre scorso, dedicato alla crisi politico-sociale che da molto tempo scuote Hong Kong; cito i passi che mi hanno colpito: «Fu proprio Karl Marx ad intuire nei suoi Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica del 1857 il migliore scenario “hongkonghista”. Qualcuno potrà meravigliarsi. Per capire quello che si sta giocando in questi incredibili periodi nella grande metropoli asiatica è necessario riflettere sui punti alti dello sviluppo dell’attuale processo di globalizzazione economica e finanziaria. Emergono radicali punti di fratture sociali non integrabili semplicisticamente. Anzi. Cosa intendiamo per punti alti dello sviluppo? In che rapporto sta questa nuova forma di metropoli ultratecnologica col problema centrale dei Lineamenti: la dialettica lavoro astratto-valorizzazione del salario? Come sappiamo anche il concetto di lavoro, in questi ultimi trent’anni, ha mutato completamente forma. Oramai non si tratta di determinare una quantità definita di lavoro semplice che il salario “misura”, ma di una determinata combinazione sociale del lavoro vivo e super automatizzato del processo di valorizzazione dello stesso lavoratore. Ad un certo punto di questi complicati processi di mutamenti tecnologici, non possono più essere misurati: il valore del lavoro è oramai senza controllo. Poiché lo sviluppo delle forze produttive è incrementale: più c’è crescita, più l’incremento diviene geometrico e tutti noi partecipiamo ad una accelerazione mai vista. La genialità porta a quello che possiamo chiamare “cervello sociale” automatizzato, collettivo, intendendo collettivo non senza proprietà, ma di tanti». Detto che a mio avviso Sorbi non ha del tutto chiaro il significato della teoria marxiana del valore come emerge dai Lineamenti (Grundrisse) marxiani (per Marx, ad esempio, non ha senso parlare di «valorizzazione del salario»: è piuttosto il «lavoro vivo» che valorizza il «capitale morto»[3]); detto questo, confesso che mi ha fatto piacere sapere di non essere il solo a occuparsi di astruserie concettuali come il «lavoro astratto», e che anche altri cercano di capire il presente attingendo, in una modalità più o meno critica e più o meno originale, ai testi marxiani.

In ogni caso Sorbi pone un problema teorico molto importante che, quantomeno potenzialmente, ha delle precise ricadute politiche: l’individuazione del famoso, e per alcuni “mitico”, soggetto sociale rivoluzionario. Ecco, gli appunti che seguono a questo punto per me acquistano anche il significato di una premessa teorica a una mia futura critica delle tesi di Sorbi circa «il valore del lavoro senza controllo».

Continua in formato PDF.

 

[1] K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica (Grundrisse), I, p. 107 e p. 181, La Nuova Italia, 1978.
[2] «Si calcola che 17 trilioni di obbligazioni, sovrane e corporate, viaggino a tassi negativi, all’incirca il 20% del pil globale. Ormai il vecchio capitalismo che prestava a interesse si è evoluto in un sistema che fa pagare i prestiti ai creditori. Lo dimostra l’apparizione di certi “privilegi” che sarebbero stati impensabili anche all’apice della grande crisi del 2007-09. There is something vaguely troubling when the unthinkable becomes routine. È il capitalismo 2.0, bellezza» (M. Sgroi, Il Foglio, 26 settembre 2019). Il Pil mondiale vale circa 85 trilioni di dollari. Larry Summers è forse il più celebre dei teorici del «tasso di interesse naturale negativo»: non bastano bassi tassi di interesse per scoraggiare il risparmio e favorire l’investimento produttivo, essi devono essere senz’altro negativi, ed esserlo nella giusta misura, ossia tale da mettere in moto la macchina che crea il tanto agognato Pil. Il denaro deve scottare nelle mani dei risparmiatori, i quali vanno costretti a investire o a consumare, in ogni caso a disfarsi il più rapidamente possibile di un denaro messo nelle infauste condizioni di non autovalorizzarsi.Viceversa, l’economia capitalistica si condanna a un futuro di stagnazione prolungata, addirittura secolare. Paul Krugman ha aderito con entusiasmo a questa concezione radicalmente neokeynesiana, la quale illude chi la coltiva che basti agire sull’effetto per intaccarne la causa.
[3] «Lo scambio del lavoro vivo col lavoro oggettivato, cioè la posizione del lavoro sociale nella forma dell’opposizione di capitale e lavoro salariato, è l’ultimo sviluppo del rapporto di valore e della produzione basata sul valore. […] L’appropriazione del lavoro vivo ad opera del capitale acquista nelle macchine una realtà immediata. […] Il capitale assorbe in sé il lavoro vivo. […] Il capitale impiega la macchina solo nella misura in cui essa abilita l’operaio a lavorare per il capitale una parte maggiore del suo tempo, a riferirsi ad una parte maggiore del suo tempo come a tempo che non gli appartiene, perché un massimo di lavoro venga valorizzato nel massimo degli oggetti» (K. Marx, Lineamenti, II, pp. 396-399-400).

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3 pensieri su “IL DOMINIO DELL’ASTRATTO. Appunti di studio sui concetti di valore, lavoro e denaro

  1. le lunghe appassionate pagine che M dedica al denaro nei lineamenti dovrebbero essere materiale didattico della scuola dell obbligo, otterremmo sempre piccoli capitalisti ma un pò più accorti

  2. Pingback: DIALETTICA DEL DOMINIO SOCIALE. Sui concetti di classe dominante e dominio di classe | Sebastiano Isaia

  3. Pingback: A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA. Sul concetto di sussunzione reale del lavoro al capitale | Sebastiano Isaia

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