Sale a 27 morti il macabro bilancio della sanguinosa repressione attuata dal governo colombiano contro il movimento di protesta sociale iniziato il 28 aprile scorso nella città di Cali. I feriti sono più di 800.
«Sono scesi in piazza studenti, sindacati, organizzazioni sociali e comunità indigene, nonché cittadini comuni che protestano contro le riforme del presidente Iván Duque. Tutto è cominciato per la nuova legge fiscale. Le dimissioni del ministro delle Finanze, Alberto Carrasquilla, non sono bastate per fare placare gli animi, e le manifestazioni si sono allargate contro tutto il pacchetto di riforme sulle pensioni, sanità e lavoro per sollevare l’economia colombiana dagli effetti della pandemia» (Formiche.net).
Evidentemente «sollevare l’economia colombiana dagli effetti della pandemia» ha un prezzo molto salato per la stragrande maggioranza dei colombiani, che di certo non navigavano nel benessere già prima della pandemia. «La cosiddetta Ley de Solidaridad Sostenible, che il governo di Ivan Duque ha progettato, ha l’obiettivo di raccogliere una somma pari ad oltre sei miliardi di dollari americani per affrontare la crisi economica che il paese sta affrontando anche a causa della pandemia; prevede anche la creazione di un fondo per far fronte al cambiamento climatico e una tassa sugli imballaggi di plastica monouso. Lo stesso ministro del Tesoro Alberto Carrasquilla Barrera ha ammesso che il provvedimento colpirà per il 74% le famiglie e solo per il 26% le imprese. La legge viene presentata dal governo come un modo per aiutare gli strati più poveri della popolazione, per creare posti di lavoro e per incentivare l’accesso all’istruzione, ma sono molti anche tra gli economisti a temere che, per come è stata formulata, questa legge potrebbe avere effetti contrari» (Notizie Geopolitiche). Potrebbe avere…
«Al momento si stima che il 43 per cento della popolazione sia povero, il 7 per cento in più rispetto al periodo pre-pandemia, e nell’ultimo anno 2,8 milioni di persone sono finite in condizione di estrema povertà: cioè quella di chi guadagna meno di 145mila pesos al mese, circa 32 euro» (Il Post).
Il Presidente Duque ha detto di tollerare i manifestanti pacifici mentre ha promesso il pugno duro a «disadattati e terroristi». A Bogotà la polizia ha caricato i manifestanti e ha promesso un premio per chi aiuterà ad individuare i responsabili delle sommosse. D’altra parte l’esercito colombiano è avvezzo all’uso della più spietata violenza: «Più di 6 mila persone sono state ammazzate in Colombia dai militari tra il 2002 e il 2008, durante la presidenza di Álvaro Uribe Vélez. Erano civili, anche se hanno cercato di presentarli come guerriglieri» (Osservatorio Diritti). Non erano né guerriglieri, né disadattati, né terroristi…
Gli Stati Uniti sostengono il governo colombiano e si dicono dispiaciuti per la piega sanguinosa che ha preso la vicenda. «In tutto il mondo», ha dichiarato Jalina Porter, portavoce del Dipartimento di Stato americano, «i cittadini nei paesi democratici hanno il diritto indiscutibile di protestare pacificamente. La violenza e il vandalismo sono un abuso di quel diritto. […] Allo stesso tempo chiediamo alla forza pubblica di esercitare la massima moderazione per evitare altre perdite di vite. Gli Stati Uniti riconoscono l’impegno del governo colombiano a indagare sulle denunce di eccessi della polizia e violazioni dei diritti umani e continuano a sostenere gli sforzi del governo di fare fronte alla situazione attraverso il dialogo politico». Com’è noto, in fatto di «massima moderazione» nell’uso degli strumenti repressivi dello Stato gli Stati Uniti sono maestri. Diciamo.
Analoga dichiarazione ha fatto Peter Stano, portavoce della Commissione europea: «Ricordiamo alle autorità dello Stato colombiano la loro responsabilità di proteggere i diritti umani, compreso il diritto alla vita e alla sicurezza della persona, e di facilitare l’esercizio del diritto alla libertà di riunione pacifica». Se ne ricorderanno i massacratori colombiani? Ovvero: sic!