Oggi i cosiddetti giornaloni concordano su quanto segue: «Ha vinto la linea dura di Draghi» (ma anche della Confindustria e del PD). Come se qualcuno di intelligenza normale si aspettasse davvero un esito diverso! Per giorni i mass media creano l’aspettativa dell’Evento, e poi ci ricamano sopra per altri giorni commentando inesistenti aspettative: «Ci si aspettava questo, è successo invece quest’altro».
Un’esigua minoranza di lavoratori ha espresso, nel modo politicamente limitato, confuso, contraddittorio ecc. che sappiamo, la propria insofferenza nei confronti di un obbligo imposto dallo Stato (borghese, ma quei lavoratori questo non lo sanno, mentre alcuni che affettano di saperlo mostrano di non capirne il concetto e la prassi sottostanti): di questi calamitosi ed emergenziali tempi già solo questo piccolo fatto è qualcosa che non può non suscitare simpatia politica e umana alla coscienza dell’anticapitalista, il quale, per come la vedo io, è politicamente e per principio contro gli obblighi imposti alla popolazione in generale, e alle classi subalterne in particolare, dallo Stato (borghese). Scrivo è e non deve o dovrebbe essere perché do la cosa per assolutamente scontata: si tratta del minimo sindacale per un autentico anticapitalista, il quale è politicamente, “filosoficamente” e umanamente contro ogni forma di obbligo imposto dallo Stato (borghese).
L’obbligo imposto dallo Stato io lo subisco (per i noti rapporti di forza sfavorevoli ai proletari), non lo supporto, non lo difendo, non lo giustifico, ma anzi lo denuncio, lo critico, lo combatto nei limiti consentiti dai rapporti di forza di cui sopra. La reazione agli obblighi imposti dallo Stato serve all’anticapitalista per combattere l’idea, molto radicata anche (e direi soprattutto) tra le masse dei nullatenenti, che quegli obblighi rappresentino nella loro esistenza di oppressi e sfruttati qualcosa di normale, di naturale, perché «da che mondo è mondo» sono sempre esistiti quelli che danno ordini e quelli che questi ordini devono rispettare.
Il riflesso condizionato di molti sedicenti anticapitalisti è stato invece affatto diverso da quello che personalmente mi aspetto da un anticapitalista anche di modestissime capacità teoriche e politiche – qui ovviamente sono autobiografico. Essi hanno usato la dialettica nell’accezione volgare del termine, ossia per sparare sulla Croce Rossa, nel dimostrare cioè quanto poco “di classe” e “rivoluzionario” sia il movimento No green Pass (ma va? mo’ me lo scrivo e rifletto sopra), e non come strumento inteso a comprendere la complessa e contraddittoria realtà del processo sociale, il quale quasi mai (per non dire mai) si dà secondo schemi dottrinari costruiti a tavolino o ripresi senz’altro da altre epoche storiche – spesso abissalmente lontane dalla nostra.
Questi sedicenti “anticapitalisti” salutano con soddisfazione la (scontatissima) vittoria della linea dura governativa e confindustriale, e danno degli acchiappa farfalle a quei compagni che si sono sforzati di comprendere le ragioni di un movimento “complesso e composito”, come s’usa dire, andando oltre gli stereotipi e le criminalizzazioni veicolate dai mass media – peraltro delusi per come sono andate le cose ieri: solo qualche piccola baruffa, niente sangue! Personalmente mi sono talmente illuso che ho già pronto un saggio (La Comune di Trieste) e una piattaforma programmatica da inviare al Soviet dei No Green Pass. Si costruiscono caricature per una facile, quanto insulsa polemica, solo per non confessare di non capire niente di ciò che gli capita intorno e che, soprattutto, non si conforma alle loro aspettative rigorosamente e puramente “di classe”.
Anziché provare un minimo (non un massimo) di simpatia, anche solo umana («Ah, questo non è marxismo!»), nei confronti dei pochissimi dissidenti, certi “anticapitalisti” si affannano a praticare nei loro confronti un accuratissimo esame del sangue, inteso a stabilire il grado di “purezza classista” della loro rivendicazione “libertaria”. Si viene così a scoprire che nelle vene di quei quattro gatti insubordinati non scorre un sangue limpidamente classista, tutt’altro (addirittura alcuni sono “fascisti dichiarati”, altri sono “qualunquisti”, quasi tutti sono ostili al pensiero scientifico e forse qualcuno confida nel terrapiattismo; leninisti, trotskisti e bordighisti manco a parlarne!), tanto più che le rivendicazioni libertarie sarebbero “storicamente” appannaggio della “destra”, mentre gli operai come Dio (Capitale) comanda si batterebbero per il salario, l’orario e per quel che riguarda i loro bisogni materiali immediati. Altro che questa piccolissima seccatura del Green Pass! E che sarà mai! I lavoratori sono abituati a ben’altri sacrifici! Aspettando la grande ripresa della lotta di classe alcuni “anticapitalisti” hanno perduto ogni sensibilità politica e umana – decisamente non sono un “marxista”, ma questo lo dico da sempre: mi si creda!
A certi “anticapitalisti” interessa insomma solo la lotta di classe dura e soprattutto pura, e se la complessità del processo sociale capitalistico genera fenomeni sociali “spuri”, di questo è meglio che si occupino altri, non certo gli “anticapitalisti” devoti al barbuto di Treviri. Bisogna dunque lasciar passare il momento di confusione e di agitazione priva di contenuti di classe, e intanto esercitarsi a prendere in giro quegli imbecilli dei No Vax e No Green Pass. Chi cerca di capire la complessità di cui sopra è preso a male parole e deriso: «Ma guarda che questi non vogliono mica fare la rivoluzione». Ma va? Come diceva il grande Troisi, «Mo’ me lo scrivo, me lo scrivo proprio». Si tratta invece di giocare a carte scoperte con l’impotenza sociale del proletariato e delle sue supposte avanguardie politiche, anziché perdere tempo a fare battute sui No Vax brutti, sporchi e cattivi – e pure fascisti – e a deridere chi si sforza di capire e a tenere fermo il principio della radicale opposizione all’obbligo imposto dallo Stato (borghese).
E invece no! Ecco dunque i nostri ineccepibili “anticapitalisti” con la bava ideologica alla bocca pronti a enfatizzare contraddizioni (ma va?), errori (ma va?), divisioni (ma va?), strumentalizzazioni (ma va?), limiti (ma va?); tutti pronti a tifare, più o meno apertamente, per un clamoroso insuccesso del “movimento”.
Più realisti del re e più governativi del governo, certi “anticapitalisti” hanno sostenuto con uno zelo degno di miglior causa le ragioni scientifiche della campagna vaccinale e dell’obbligo al Green Pass, come se la politica sanitaria fosse una prassi socialmente e politicamente neutra e non avesse invece profonde implicazioni sociali, psicologiche, ideologiche, esistenziali. Che esaltazione della scienza! E poi c’è sempre quella faccenda del materialismo dialettico… Altro che quegli ignorantoni dei No Vax! Insomma, Incartapecorito illuminismo scientista in luogo del pensiero critico-radicale che individua proprio nella tecno-scienza lo strumento più potente del dominio capitalistico.
«La rappresentanza oggi è in grande difficoltà e in grande crisi. Gli attacchi alla politica di questi giorni sono attacchi alla rappresentanza»: sono parole pronunciate da Enrico Letta in un videomessaggio all’assemblea nazionale elettiva della CNA tenutasi nel 2013. Nel 2012 a commento del cosiddetto movimento dei forconi ho scritto un post intitolato Più lotta per tutti! Poi ne scrissi un altro di analogo contenuto: La sindrome del contagio. Ricevetti molte critiche da parte dei soliti analisti del sangue, i quali mi dissero che non si trattava affatto di un movimento di classe (ma va?), e che in gran parte esso era composto da gente che votava per Berlusconi (il “fascista” di ieri!) e luogocomunismi di analogo tenore. Con quel titolo volevo semplicemente dire che il problema non era il “ribellismo” dei forconi, né il prodursi di un generico “ribellismo sociale” nelle cui torbide acque amano nuotare squali “populisti” d’ogni colore; il problema per gli “anticapitalisti” era (ed è) la mancanza del “ribellismo” dei lavoratori e dei proletari tutti. «Il mondo della rappresentanza» di cui oggi parlano tutti i quotidiani, per metterne in luce la crisi, è proprio questo tipo di «deriva ribellistica» che teme come la peste, e non a caso oggi Mario Draghi tesse l’elogio del collaborazionista Luciano Lama.
È evidente che tra i lavoratori si è aperto un conflitto tra coloro che si sono vaccinati, la maggioranza, e coloro che non intendono vaccinarsi, un’esigua minoranza. Questa divisione può essere superata in due modi: la maggioranza accetta l’obbligo al Green Pass senza discutere e passa sopra la testa della minoranza, lasciandola al suo triste destino; oppure la maggioranza rifiuta la logica della divisione utile solo al Capitale e al suo Stato, e cerca di arrivare insieme ai compagni di lavoro che non vogliono vaccinarsi a una soluzione che sia vantaggiosa per entrambi. Occorre insomma lavorare per la solidarietà di classe: trattasi di minimo sindacale! Lavoratori vaccinati e lavoratori non vaccinati sono entrambi vittime di questa società che crea ogni sorta di problemi, soprattutto agli “ultimi”. Bisogna respingere le opposte ideologie (Sì Vax e No Vax) sul vaccino: chi si vaccina non è un venduto al “sistema” e chi non si vaccina non è un deficiente. Si tratta di due scelte che vanno comprese e rispettate attraverso un confronto fraterno, una libera discussione tra compagni di lavoro. Se l’anticapitalista non si sforza di dare il contributo che è in grado di dare a questo difficilissimo lavoro politico, a mio avviso è un anticapitalista solo a parole, soprattutto se non avverte “a pelle” come oppressivo l’obbligo al Green Pass imposto dallo Stato. Si dirà: «Ma il Green Pass rappresenta il male minore!» Ecco, è proprio la logica del “male minore”, trionfante ormai da oltre un secolo su scala planetaria, che l’anticapitalista deve combattere. Chi accetta la logica del “male minore” sorvola sul fatto che comunque ha accettato il male, il quale com’è noto ha la pessima tendenza a peggiorare.
Per come la vedo io, non c’è autentico anticapitalismo senza un’opposizione politica e di principio agli obblighi imposti dallo Stato ai proletari, com’è appunto il caso dell’obbligo a esibire il cosiddetto Green Pass anche per accedere al posto di lavoro – leggi di sfruttamento. All’oppressione del lavoro salariato si aggiunge l’oppressione politico-esistenziale del lasciapassare!
Si obietta: ma la lotta contro l’obbligo vaccinale o contro l’obbligo a esibire il green Pass (cioè l’obbligo vaccinale introdotto surrettiziamente per fottere meglio la gente) non è una lotta di per sé anticapitalista. Verissimo! Stavo per dire: banalissimo! Ma qual è la lotta sociale che è “di per sé” anticapitalista? Non tocca forse agli anticapitalisti cercare i modi per dare alle lotte sociali (per il lavoro, la casa, l’agibilità politica e quant’altro) un contenuto anticapitalista, un orientamento “di classe”? Anche qui siamo al minimo sindacale di un pensiero autenticamente anticapitalista.
Niente ha rivelato l’inconsistenza politica (e umana) di taluni “anticapitalisti” del loro risibili tentativo di mettere in opposizione cose che in opposizione non sono, essendo lati dallo stesso problema: l’oppressione sociale in regime capitalistico. «I lavoratori vengono licenziati, e c’è chi pensa all’obbligo del Green Pass»: ma cosa c’entra? La lotta contro i licenziamenti esclude forse la lotta contro il Green Pass (e viceversa)? Ma siamo seri! «In Africa e in Asia la gente muore perché non può accedere ai vaccini, e qui si pensa al Green Pass»: ma che senso ha questo ragionamento? Come se la colpa di questa mostruosità fosse dei No Vax o dei No Green Pass, e non del sistema capitalistico planetario! Anche qui si china il capo alla logica della divisione internazionale dei nullatenenti. Si tratta di un ridicolo tentativo di buttare la palla in tribuna solo perché la lotta contro l’obbligo al lasciapassare imposto dallo Stato (borghese) non rientra nello schemino ideologico di certi “anticapitalisti”.
In ogni caso, è bene ripeterlo, io sono contro l’obbligo vaccinale e l’uso del Green Pass (soprattutto per accedere al posto di lavoro) per principio, ossia a prescindere se esistano o meno lotte che vadano in quel senso, e di certo non cambierò posizione a causa delle sciocchezze proferite a ritmo industriale dai No Vax – e la stessa cosa vale per l’altra faccia della medaglia, per i Sì Vax.
Questa crisi sociale sta avendo quantomeno il merito di rivelarci per quel che davvero siamo, così che possiamo comprendere nel loro autentico significato le parole che usiamo (“anticapitalismo”, “rivoluzione”, “lotta di classe”, “marxismo”, ecc.). Su questo dato di fatto converranno certamente anche coloro che non condividono il mio punto di vista.
Leggi:
Miseria dell’individualismo. E dei suoi nemici
Per chi suona la campa del lebbroso
Giochi di potere sulla nostra pelle
LA SERVA SERVE, ECCOME SE SERVE!
Daniela Preziosi (Domani):
«Ma lo slogan più bello è quello della Uil, questo “siamo vaccinati dal 25 aprile” che campeggia sulle pettorine blu, e risponde al dubbio se i sindacati, con le loro richieste di tamponi gratis, non stiano lisciando il pelo ai No-vax. La risposta è questa piazza: Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, è in giacca e cravatta rossa, prima volta a un comizio di queste dimensioni, dress code significativo per un capo dei lavoratori, ex capo dei metalmeccanici. E il messaggio è chiaro: se il temuto “venerdì nero” dell’inizio obbligo di green pass sui luoghi di lavoro è andato meglio del previsto è perché i sindacati hanno garantito che le proteste non strabordassero. I sindacati, anzi il sindacato, se Landini può raccontare che “a me, Luigi e Pierpaolo (Sbarra e Bombardieri, leader di Cisl e Uil, ndr) sono bastati cinque minuti per decidere di chiamare a raduno tutti coloro che difendono la democrazia”. Il premier Mario Draghi lo ha capito bene. Infatti alla vigilia ha convocato i sindacati a palazzo e firmato un decreto sulla sicurezza sul lavoro che dal palco viene apprezzato, un provvedimento a cui da mesi lavorava il ministro Andrea Orlando, che è in piazza. Se si è riallacciato un solido filo di rispetto fra palazzo Chigi e questa piazza è perché la “disintermediazione” è stata rottamata: nell’uscita dalla crisi il sindacato serve».
Il sindacato “responsabile” (leggi collaborazionista) serve moltissimo, è sempre servito. Per mutuare il Caro Compagno Totò, la serva (la vecchia e cara Confederazione) serve, eccome se serve! Cravatta Rossa alla riscossa! E già si parla di «discesa in campo» del noto sindacalista: «Compagno Letta, stai sereno!»
IN NOME DELLA LEGGE E DEL PRODOTTO INTERNO LORDO, DISPERDETEVI!
Ma come, il Pil, se Dio vuole, rimbalza, i profitti riprendono fiato, finalmente riusciamo a vedere la luce in fondo al tunnel, perfino i tedeschi ci ammirano e ci invidiano il Premier competente e decisionista (*), e il Paese deve vedersela con quattro scervellati che si mettono di traverso?!
Il Presidente della Repubblica: «Sorprende e addolora che proprio oggi, proprio adesso, in questi momenti, non quando vi erano momenti con l’orizzonte oscuro, quando si temeva il crollo del Paese, ma oggi che vediamo una ripresa incoraggiante – economicamente socialmente, culturalmente, in cui il Paese si sta rilanciando – proprio adesso esplodono fenomeni, iniziative e atti di violenza, di aggressiva contestazione. Quasi a volere ostacolare, intercettare, la ripresa che il Paese sta vivendo e che deve essere condotta a buon fine, con fatica, con impegno ma in maniera indispensabile».
Credere (soprattutto nella Scienza!), ubbidire, lavorare! Lavorare «con fatica, con impegno ma in maniera indispensabile» – per il sistema capitalistico di questo Paese, ovviamente.
Ma non è che, gratta gratta, esce fuori lo zampino di qualche cattivo maestro, di qualche Grande Vecchio? A pensare male…
Carlo Freccero: «Sto guardando le immagini. Sono sconvolto. A Trieste è morta la democrazia». Ma no, si tratta dell’escrementizia democrazia capitalistica!
(*) «Sorretto da una maggioranza che raccoglie l’85% dei voti in Parlamento, autore di una linea di rigore sul fronte dei vaccini e dell’obbligo del Green pass, Mario Draghi “può vantare mesi di successi”. Lo sottolinea il quotidiano tedesco Handelsblatt in un servizio che riassume l’impegno del premier italiano definito nel titolo “incrollabile” per l’azione di governo intrapresa dopo essere subentrato 8 mesi fa a Giuseppe Conte. Sul fronte economico, nota l’articolo, “le aziende del Paese sono più ottimiste di quanto non lo siano state da molto tempo, la produzione industriale è in ripresa e il numero dei disoccupati è in calo. A livello internazionale, l’Italia ha riacquistato reputazione e credibilità grazie all’ex capo della Bce al vertice. Il vertice speciale del G20 della scorsa settimana ha dimostrato che Draghi può anche fare politica globale. L’economia italiana dovrebbe crescere di oltre il 6%. Attualmente il resto d’Europa guarda con un po’ di incredulità l’Italia, che è in fuga rispetto agli altri grandi Paesi in termini di crescita economica, con al contempo un’inflazione stabile”» (Adnkronos).
Un commento Da Facebook:
M. L.: Provo a schematizzare grossolanamente. L’ideologia dominante, con i suoi mezzi e tecniche di diffusione, ha favorito la riduzione delle capacità cognitive e di giudizio individuali all’ottusa inferenza binaria: se non sei bianco, allora non puoi che essere nero – non c’è una terza possibilità. Es.: se metti in discussione l’imposizione del Green Pass, sei Novax; se dubiti dell’attendibilità della ricerca scientifica poiché la ritieni asservita o sottoposta, suo malgrado, alla logica capitalistica, sei nel delirio della superstizione antiscientista; se affermi la separazione non più suturabile di scienza e verità, sei relativista se non addirittura nichilista. Insomma, se ti ostini a tenere aperto un dibattito che alimenta il dubbio, stai oggettivamente offrendo supporto a fascisti e oscurantisti. Nel momento in cui Sebastiano scrive, sarcasticamente, “Credere (soprattutto nella Scienza!)”, il ‘lettore binario’ potrebbe credere che il Nostro stia perorando la causa dell’antiscientismo, laddove invece – come precisa lui stesso in un commento precedente – si riferisce alla scienza asservita al dominio di classe e non al metodo scientifico in sé.
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