DALL’UCRAINA A TAIWAN IL GIOCO SI FA SEMPRE PIÙ DURO

La Russia continua ad ammassare truppe al confine con l’Ucraina. Si tratta di vedere se l’operazione ha un carattere puramente dimostrativo e “psicologico”, se cioè siamo di fronte a un bluff geopolitico inteso a tenere sotto pressione l’Unione Europea attraverso la minacciata, ma non ancora decisa, invasione dell’Ucraina, oppure se l’iniziativa militare russa, ormai attiva da parecchi mesi, risponde all’esigenza di raggiungere nei tempi programmati da Mosca la “massa critica” necessaria per dare il via a un’invasione militare, totale o parziale, strategica o dimostrativa, del Paese confinante.

Le due spiegazioni potrebbero essere fra loro complementari e non necessariamente alternative; tutto dipende da quali reali obiettivi ha in testa il regime putiniano, il quale oggi si sente particolarmente forte almeno per tre motivi: per il rincaro delle materie prime “energetiche” sul mercato mondiale (petrolio e gas, in primis), cosa che per altro denuncia i perduranti limiti strutturali dell’imperialismo russo; per la divisione evidente che si registra nel campo avversario (Germania, Francia, Italia e Spagna sono per il “dialogo” con Mosca «fino all’ultimo secondo utile», mentre i Paesi dell’Est europeo sono per un appoggio immediato e incondizionato alle richieste di Kiev) e, last but not least, per il legame sempre più stretto che Mosca sta stringendo con Pechino (*), quasi a voler archiviare definitivamente la storica rivalità tra i due Paesi – che condividono un confine lungo 4.200 chilometri, spesso teatro di “scaramucce” belliche di un certo rilievo. «Il riavvicinamento tra Russia e Cina, rivali per la maggior parte della seconda metà del XX, secolo è iniziato nel 2014. All’epoca, una Cina bisognosa di diversificare le sue fonti energetiche e di ridurre il suo consumo di carbone inquinante fece un passo avanti per acquistare gas da una Russia che sentiva a sua volta gli effetti delle sanzioni occidentali in seguito alla sua annessione della Crimea nel febbraio di quell’anno, considerata illegale dalla comunità internazionale (annessione che la Cina, nonostante questo riavvicinamento, non ha riconosciuto). Da allora, la relazione commerciale si è intensificata e la cooperazione si è estesa all’area della sicurezza e della difesa, con i due paesi che conducono regolarmente esercitazioni militari coordinate. Lo scorso ottobre, per la prima volta, hanno completato pattugliamenti fianco a fianco nel Pacifico. Si sono anche impegnati a sviluppare una base lunare comune» (El Paìs). Cina e Russia ci tengono a far sapere agli Stati Uniti e agli europei che sui dossier che riguardano la Crimea e Taiwan i due Paesi sono perfettamente allineati, e che quindi il disegno occidentale inteso a separarli per poi contrapporli l’un l’altro è destinato a fallire miseramente. «Il ringraziamento al collega russo buttato là da Xi [nel corso della teleconferenza del 15 dicembre] per “avere opposto resistenza ai tentativi di minare le relazioni tra i nostri due paesi” è parso un’allusione al vertice Russia-Usa, su cui aleggia il lecito sospetto che sia stato il punto d’avvio di una trattativa per convincere Mosca a distanziarsi da Pechino. Altrettanto lecito è sospettare che Putin voglia ottenere qualcosa di sostanzioso dagli americani prima di rimodellare il già ventennale Partenariato strategico e onnicomprensivo con la Cina» (Limes). Come accade sempre in questi casi, i due “carissimi amici” (un tempo si sarebbe detto “fratelli”…) cercheranno di sfruttare al meglio l’alleanza in primo luogo per rafforzare la propria posizione, anche se ciò dovesse implicare problemi per il “carissimo amico”.

Giorgio Cuscito, analista di Limes sulla Cina e l’Indo-Pacifico, coglie gli aspetti problematici del riavvicinamento russo-cinese: «Nel vertice del 15 dicembre, i due leader hanno cercato di dimostrare che la loro è un’alleanza solida e di lungo periodo. In realtà, questo rapporto difficilmente diventerà una vera e propria alleanza perché – al di là della condivisa opposizione agli Stati Uniti – sul piano strategico permangono dei rilevanti fattori di attrito. Innanzitutto sono due potenze confinanti e in passato sono entrate in contrasto nella porzione nordorientale dell’Eurasia, in corrispondenza della Siberia orientale. Inoltre hanno delle velleità imperiali. Cioè ambiscono a una sfera di influenza in Eurasia e in particolare in Asia centrale. Un’altra questione delicata è quella che riguarda il Polo nord. La Cina vuole sviluppare una rotta delle Nuove Vie della Seta passante per il Polo nord per ampliare il proprio raggio d’azione e come percorso alternativo per raggiungere l’Europa occidentale; questo vuol dire devolvere una parte dello sviluppo delle Vie della Seta alla Russia, poiché questa rotta passerebbe dalle acque territoriali russe» (Huffingtonpost ). E occorre sempre considerare la grande distanza che oggi separa il capitalismo cinese, sempre più forte e tecnologicamente sviluppato, e il capitalismo russo, ancora abbondantemente invischiato nel pantano capitalistico ereditato dall’Unione Sovietica. Detto in estrema sintesi, la Russia corre il rischio di diventare per la Cina un Paese importante solo come produttore di materie prime “energetiche” e importatore delle merci Made in China, con ciò che questa “divisione del lavoro” comporta in termini di rapporti di forza geopolitici.

Certo è che la Russia farà di tutto per sottrarsi a quel destino di potenza regionale di cui parlò l’ex Presidente degli Stati Uniti Obama nel marzo del 2014, dopo che la Crimea venne ufficialmente dichiarata parte della nazione russa. «La Russia è una potenza regionale che minaccia alcuni dei suoi vicini immediati non a causa della sua forza, ma della sua debolezza», disse allora Obama, aggiungendo, un po’ spavaldamente, che Washington «in generale non ha bisogno di invadere i Paesi vicini per avere uno stretto rapporto di collaborazione con essi. I russi non rappresentano la minaccia numero uno per gli Stati Uniti. Resto più preoccupato di un’eventuale esplosione nucleare a Manhattan».

«A trent’anni dalla dissoluzione dell’Urss, restano impresse le impronte che l’impero sovietico ha lasciatonel suo ex spazio d’influenza e non solo. Un passato ancora in vita che segna confini e rotte geopolitiche del Cremlino e dei suoi avversari» (Limes). A chi si stupisce per l’impressionante continuità geopolitica tra la Russia zarista, quella sovietica e l’attuale Federazione sfugge evidentemente la continuità storica che lega quelle tre esperienze sociali/nazionali, e questo si spiega soprattutto con il presunto carattere “socialista” dell’ex Unione Sovietica, la cui natura radicalmente (esclusivamente) capitalistica stenta ancora a farsi largo nella testa degli economisti, dei sociologi e dei politologi che studiano l’”eterna” Russia. Ma questo è detto solo en passant.

Le «corrette connotazioni di democrazia e diritti umani» nelle parole del Presidente Xi Jinping: «Cina e Russia si sostengono a vicenda, siamo noi il pilastro del vero multilateralismo e della giustizia internazionali. I due Paesi hanno dimostrato attivamente la loro responsabilità di grandi potenze, hanno unito la comunità internazionale per combattere la pandemia, hanno spiegato le corrette connotazioni di democrazia e diritti umani, e sono diventati i pilastri del vero multilateralismo e della salvaguardia dell’equità e della giustizia internazionali» (La Stampa). Che belle, eque e giuste parole! Scrivevo su un precedente post: «È da notare come la competizione imperialistica tra Cina e Stati Uniti stia assumendo sempre più rapidamente anche la forma di un durissimo scontro politico-ideologico, il che la dice lunga sull’importanza della posta in gioco e sullo stato delle relazioni fra Washington e Pechino».

Da Bruxelles fanno intanto sapere che un’azione militare ai danni dell’integrità territoriale dell’Ucraina avrebbe «conseguenze enormi e costi pesanti per Mosca», ma sulla natura (diplomatici? militari? economici?) di questi costi ancora non si dice nulla.  «Ieri Zelensky ha anche insistito sulla necessità di bloccare il gasdotto russo NordStream2, questione che si intreccia con la crisi del gas che sta colpendo la ripresa economica europea. La Germania ha ribadito che darà l’autorizzazione soltanto quando ci sarà il via libera dell’Ue, che al momento è divisa sul progetto. C’è chi sostiene la necessità di accelerare, anche per aumentare le forniture verso l’Europa. Ma altri Paesi ritengono invece che questo progetto finirà per aumentare la dipendenza dalla Russia» (La Stampa). Diciamo pure che il fronte occidentale appare abbastanza “frastagliato”, cosa che, come si diceva, consente a Putin un discreto spazio di manovra, il quale ovviamente incrocia la crisi dei migranti al confine tra Bielorussia e Polonia. Come si dice, tutto si tiene – peraltro in modo sempre più precario.

Ultime notizie: «La Russia ha inviato agli Usa e alla Nato un corposo “trattato di pace”, in cui articola le sue richieste per alleggerire le tensioni in Europa dell’est. Il Ministero degli esteri russo annuncia che il documento è stato consegnato alle parti il 15 dicembre. Tra le misure proposte, anticipate da vari media russi, vi è la creazione di una hotline tra Mosca e la Nato, la promessa da parte degli Usa di “non espandere” ulteriormente la Nato e di “non accettare” al suo interno paesi che facevano parte dell’Unione sovietica. “Tutti gli Stati membri dell’Organizzazione del trattato Nord Atlantico si impegnano ad astenersi da qualsiasi ulteriore allargamento della Nato, compresa l’adesione dell’Ucraina e di altri Stati. Le Parti che sono Stati membri dell’Organizzazione del trattato Nord Atlantico non condurranno alcuna attività militare sul territorio dell’Ucraina e di altri Stati dell’Europa dell’Est, del Caucaso del Sud e dell’Asia Centrale”, recitano gli articoli 6 e 7 del trattato offerto dalla Russia alla Nato, secondo quanto pubblicato sul sito del Ministero degli esteri russo (Mid). L’articolo 7 del trattato prevede che “le Parti evitino il dispiegamento di armi nucleari al di fuori del territorio nazionale” e riportino in patria “le armi già dispiegate al di fuori dei confini al momento dell’entrata in vigore del trattato”. Le parti “elimineranno tutte le infrastrutture esistenti per lo spiegamento di armi nucleari al di fuori del territorio nazionale”. Le Parti inoltre “non addestreranno personale militare o civile di paesi che non possiedono armi nucleari all’uso di tali armi”, si legge sulla pagina Facebook del Mid» (Keystone-ATS) .

«Le proposte non sono un ultimatum all’Occidente, tuttavia, la serietà degli avvertimenti della Russia non deve essere sottovalutata, ha detto il viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov. “Non usiamo ultimatum con nessuno e manteniamo un atteggiamento altamente responsabile nei confronti della nostra sicurezza e di quella degli altri. Non si tratta di dare ultimatum, non ce n’è nessuno. Ma la serietà del nostro avvertimento non deve essere sottovalutata”» (Huffingtonpost). Le prime reazioni a caldo lasciate trapelare dalla Casa Bianca non sembrano orientate in direzione di una prossima distensione con Mosca, il cui spregiudicato “movimentismo” spiazza in qualche modo Washington e Bruxelles.  Il portavoce della Casa Bianca Jen Psaki  si è limitato a dichiarare che «non ci saranno colloqui sulla sicurezza europea senza i nostri alleati e partner europei». Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, «L’amministrazione Biden sta considerando un piano per reindirizzare elicotteri e altre attrezzature militari una volta assegnate all’ormai defunto esercito afgano all’Ucraina e aiutare così a rafforzare rapidamente le difese di Kiev». È fin troppo facile prevedere che Mosca presenterà la mossa “difensiva” americana come l’ennesima conferma dell’aggressiva postura statunitense esibita all’interno del “naturale” spazio russo. L’ammassamento di truppe russe al confine con l’Ucraina potrebbe quindi subire un’ulteriore escalation. Staremo a vedere!

(*) «Si è tenuto nel pomeriggio del 15 dicembre l’incontro online tra il presidente cinese Xi Jinping e il suo omologo russo Vladimir Putin. Per l’occasione, Xi Jinping ha affermato che è un grande piacere tenere con Putin il secondo incontro in collegamento video alla fine di quest’anno; il 37esimo incontro tra i due leader sin dal 2013. In molte occasioni Putin ha elogiato le relazioni Cina-Russia come “un modello di cooperazione tra i paesi nel 21° secolo”, ha fermamente sostenuto la Cina nella difesa dei suoi interessi fondamentali e si è opposto ai tentativi di separare Cina e Russia. […] Xi Jinping ha affermato che il mondo si trova attualmente in un periodo di turbolenza ed aggiustamenti a causa della crisi epidemica e di cambiamenti epocali, ma nonostante ciò, le relazioni sino-russe hanno superato diverse sfide mostrando nuova vitalità. Xi Jinping ha aggiunto che la Cina è intenzionata a mantenere il contatto e il coordinamento con il presidente Putin relativamente alle grandi questioni e mantenendo saldamente con lui il timone delle relazioni bilaterali. Nel corso dell’incontro, le due parti hanno ufficialmente dichiarato di estendere la durata del Trattato di Buon Vicinato, Amicizia e Cooperazione tra la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa conferendo ad esso una nuova connotazione epocale. Oltre a ciò, le due parti hanno affermato di sostenersi a vicenda nelle questioni riguardanti i reciproci interessi fondamentali, di difendere la dignità del proprio Paese e gli interessi comuni di Cina e Russia. Il presidente Xi Jinping ha altresì osservato che la cooperazione pragmatica a tutto tondo tra Cina e Russia ha mostrato grandi punti di forza e di opportunità a livello politico ed economico. Il volume degli scambi bilaterali ha superato per la prima volta la soglia dei 100 miliardi di dollari nei primi tre trimestri e si prevede che raggiungerà un nuovo record nel corso dell’anno. Il presidente cinese ha poi sottolineato che le due parti sono chiamate a rafforzare il coordinamento e la cooperazione negli affari internazionali, in modo particolare ad avere una voce più forte nella governance globale e a trovare soluzioni pratiche su questioni globali come la lotta contro l’epidemia e il cambiamento climatico, in modo da difendere risolutamente l’equità e la giustizia internazionali nella risoluzione delle questioni internazionali e dei temi focali regionali. Azioni di questo tipo, secondo il capo di Stato cinese, sono completamente contrarie agli atti egemonici e alla mentalità della Guerra Fredda sotto il mantello del “multilateralismo” e delle “regole”. 

Le due parti hanno proceduto ad uno scambio di vedute sugli attuali rapporti tra grandi potenze e sulla democrazia. Xi Jinping ha sottolineato che la democrazia rappresenta un ottimo risultato e un valore comune di tutta l’umanità, nonché un diritto per i popoli di tutti i paesi. Se un paese sia democratico o meno e come esso possa applicare al meglio i principi democratici sono questioni su cui solo il popolo di quel paese si può pronunciare. Dal canto suo, il presidente russo Putin ha affermato che le attuali relazioni Russia-Cina si trovano nel periodo migliore della loro storia. Esse incarnano l’alto grado di fiducia reciproca strategica e costituiscono un esempio di mutuo vantaggio sulla base della non interferenza negli affari interni e del rispetto reciproco degli interessi della controparte. Secondo Putin, i rapporti russo-cinesi possono essere definiti come un modello di relazioni internazionali nel 21° secolo» (Quotidiano del Popolo Online).

Ho il sospetto che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno tutt’altra opinione circa la bontà di quel modello. Per quanto mi riguarda, un modello di relazioni interimperialistiche vale l’altro; in fatto di opposizione all’Imperialismo Unitario (ma non unico) sono molto “inclusivo”.

Aggiunta del 22 dicembre 2021

BOTTA E RISPOSTA

«Sul dossier Ucraina, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, invita la Russia a tornare alla diplomazia. “La Germania ha un ruolo di primo piano nel mantenere la Nato forte in un mondo pericoloso. Chiediamo alla Russia di tornare alla diplomazia. Qualsiasi ulteriore aggressione avrà costi pesanti”, ha detto in un tweet al termine di un incontro con il nuovo cancelliere tedesco Olaf Scholz. “Il rapporto della Nato con l’Ucraina non può essere determinato che tra i 30 membri dell’Alleanza e l’Ucraina stessa, e da nessun altro – ha dichiarato Stoltenberg – non possiamo accettare che la Russia ristabilisca un sistema in cui le grandi potenze possono controllare ciò che altri Paesi fanno o meno”»  (AGI).

«Quel che sta accadendo, l’aumento delle tensioni in Europa, è tutta colpa loro», ha detto Vladimir Putin allo stato maggiore delle forze armate riunito al ministero della Difesa: «Se l’Occidente proseguirà su una linea aggressiva, adotteremo contromisure tecnico-militari proporzionate. Risponderemo con fermezza a passi ostili. Vorrei sottolineare che siamo pienamente autorizzati a farlo».

Traduzione: l’indipendenza (la tanto reclamizzata “sovranità nazionale”) delle piccole nazioni dalle grandi potenze è una ciclopica quanto ridicola menzogna.

4 pensieri su “DALL’UCRAINA A TAIWAN IL GIOCO SI FA SEMPRE PIÙ DURO

  1. MINACCIARE UN PAESE PER EDUCARNE 100

    «Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha affermato che la Lituania ha insistito apertamente sulla “indipendenza di Taiwan”, allontanandosi completamente dall’impegno politico preso attraverso il Comunicato sullo stabilimento delle relazioni diplomatiche con la Cina, violando il principio di una sola Cina, che è una norma universalmente riconosciuta nelle relazioni internazionali e un tema su cui tutta la comunità internazionale converge. Il portavoce ha aggiunto che le azioni di Lituania saranno inevitabilmente respinte e contrastate. Alcune persone e altre forze in Lituania insistono per la collaborazione con le forze di “indipendentiste di Taiwan”; nel perseguire questa strada sbagliata, finiranno nella pattumiera della storia» (Quotidiano del Popolo Online).

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