PARTICELLE ELEMENTARI…

Il libro Genesi. Il grande racconto delle origini (Feltrinelli, 2020) scritto da Guido Tonelli, fisico al Cern di Ginevra e professore all’Università di Pisa, mi offre l’opportunità, ovviamente suo malgrado, di chiarire che cosa intendo dire quando parlo della scienza di questa epoca storica nei termini di un potente, probabilmente il più potente in assoluto, strumento di dominio e di sfruttamento – degli uomini e della natura – posto al servizio del Capitale. Soprattutto in questi calamitosi ed epidemici tempi mi è capitato di scrivere spesso della scienza capitalistica nei termini di intelligenza del capitale e come Capitale tout court, e questo, come sa chi ha la bontà di leggere le mie modeste riflessioni, sulle orme del comunista di Treviri, i cui concetti fondamentali sulla natura della società capitalistica non solo non sembrano soffrire il trascorrere – l’usura – del tempo, ma che solo oggi appaiono in tutta la loro estensione e profondità. In questo peculiare e per me fondamentale senso il pensiero marxiano esibisce una freschezza giovanile davvero invidiabile – e questo va detto anche in polemica con alcune mode “giovaniliste” di stampo ecologista che ai miei occhi appaiono di una vetustà, oltre che vacuità, senza pari.  Anche Tonelli si occupa di vuoto, ma in un’accezione puramente fisica e non filosofica, né tanto meno politica (1).

 Di che parla il libro di Tonelli? Della nascita dell’Universo circa 13,8 miliardi di anni fa e delle teorie scientifiche che nel corso del tempo sono state elaborate per dar conto di quell’evento eccezionale (per molti versi “anomalo” e “singolare” nell’accezione fisica dei due termini) e delle sue molteplici e altrettanto straordinarie conseguenze, molte delle quali sfidano il senso comune. Big Bang, fluttuazione quantistica del vuoto, inflazione cosmica, simmetria, supersimmetria, quark, gluoni, bosoni, materia, antimateria, energia, energia oscura, infinitamente piccolo, infinitamente grande e molto altro ancora: gli appassionati del genere (eccomi!) hanno di che leggere e imparare.

Scrive Tonelli a pagina 107: «L’energia degli acceleratori più moderni è talmente elevata da riprodurre in laboratorio un minuscolo Big Bang». Infatti, solo alle altissime energie e temperature (miliardi di centigradi) è possibile sciogliere, per così dire, la materia “ordinaria” spezzando le forze che la tengono insieme nella sua dimensione quantistica, quella degli elettroni e dei protoni, e giungere infine alle (mitiche?) “particelle elementari” che sono venute fuori dal vuoto (non dal nulla!) nel momento in cui un’anomala “fluttuazione quantistica” ne lacerò il tessuto. Infatti, all’inizio non fu il Big Bang, ci spiega – o rispiega – Tonelli, ma, appunto, la Fluttuazione Quantistica, la quale estrasse dal vuoto, «per un meccanismo puramente casuale, l’inflatone, la prima particella materiale» che innescò quel processo di espansione dello spazio-tempo a una velocità nemmeno immaginabile (inflazione cosmica) che nel 1949 l’astronomo britannico Fred Hoyle chiamò Big Bang per ridicolizzare la «ripugnante teoria» proposta nel 1927 da Georges Lemaître, scienziato e prete, per dar conto di alcuni fenomeni astronomici  inspiegabili supponendo, come aveva fatto lo stesso  Einstein, una natura sostanzialmente stazionaria dell’universo. «La costante cosmologica è stato l’abbaglio più grosso che ho preso in vita mia», dirà il grande fisico tedesco, il quale aveva così commentato l’ipotesi di Lemaître: «I vostri calcoli sono corretti ma la vostra fisica è abominevole» – e soprattutto per nulla ostile alla Genesi raccontata dal noto testo sacro… (2)

A quanto pare, tutto si compie in «un intervallo di tempo talmente insignificante che non riusciamo neanche a pensarlo» (il punto di riferimento è il tempo di Planck, 10¯⁴³ secondi, associato al quale c’è la minima misura concepibile: 10¯³³ centimetri). In ogni caso, la teoria oggi più accreditata sulla genesi dell’Universo ha bisogno di puntuali verifiche sperimentali, perché come scrive giustamente l’autore del libro di cui si parla «non basta che questa teoria sia elegante e goda di una notevole popolarità tra i fisici». Per ricreare le condizioni fisiche che caratterizzarono i primissimi istanti dell’Universo, quando ancora nemmeno i protoni avevano trovato una loro stabilità (cosa che avverrà un milionesimo di secondo dopo il Big Bang, un tempo per niente breve in termini quantistici), occorrono macchine (gli acceleratori di particelle) potentissime e costosissime; Tonelli calcola che per la costruzione dei nuovi e più potenti acceleratori occorrono circa 25 miliardi di euro – solo 9 miliardi «per scavare il tunnel ed equipaggiare la macchina a elettroni». E finalmente arriviamo al punto che ci interessa mettere in luce.

«Gli Stati Uniti, leader indiscussi del campo fino a qualche decennio fa, stanno mantenendo un basso profilo e sembrano rassegnati a giocare un ruolo secondario. Completamente diverso è il caso delle tigri asiatiche, non più solo il Giappone, ma anche corea del sud e soprattutto Cina. gli investimenti in ricerca di base in Cina crescono di anno in anno. E con percentuali che noi europei non osiamo neanche sognare. … la classe dirigente cinese dimostra di aver capito che gli investimenti nella scienza di base permettono di far entrare il paese nell’élite tecnologica mondiale. Ma il loro progetto è molto più ambizioso: non vogliono solo partecipare, hanno deciso di voler primeggiare in attività che considerano di importanza strategica per una superpotenza che mira a guidare il mondo intero. […] Se il nostro continente intende giocare un ruolo decisivo nello sviluppo dell’innovazione e della conoscenza non accettando di cedere ad altri la leadership in settori strategici quali la fisica fondamentale, Fcc (la macchina a elettroni e positroni) costituisce una grande opportunità. Ecco che lo studio di quello che è successo alle origini del nostro universo, 13,8 miliardi di anni fa, si intreccia con le sfide scientifiche, tecnologiche e forse anche politiche di questo momento» (99-101).

Personalmente ho sempre avuto ben presente questo intreccio squisitamente capitalistico. La fisica fondamentale come settore strategico in vista della leadership scientifica, tecnologica, economica, geopolitica e militare di un Paese o di un continente (o di un sistema di alleanze); detto altrimenti, la fisica fondamentale come eccezionale strumento di potere sociale – vedi anche il concetto di imperialismo.

«Il sogno di ogni scienziato è quello di poter vedere talmente indietro nel tempo da assistere in diretta, guardando dentro un telescopio, alla nascita dell’universo, al Big Bang» (131). La lettura di queste parole mi ha riportato alla mente quanto ebbi a scrivere più di dieci anni fa sul pensiero scientista: «Alcuni esponenti più radicali della tendenza antiumana sognano di poter ricreare in laboratorio le condizioni della Creazione, in modo da poter dare scacco matto una volta per sempre a Dio, il quale evidentemente turba i loro razionalissimi sogni. D’altra parte, la “teoria inflazionaria” del fisico e cosmologo americano Alan Guth sembrerebbe in grado di dirci tra poco cosa accadde nel “primo miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo dopo il momento zero”– o Big Bang che dir si voglia» (Illibero arbitrio. Ovvero la radicalità del Male). Detto che non intendo affatto arruolare Tonelli tra gli esponenti della «tendenza antiumana», colgo piuttosto l’occasione per ribadire che l’ateismo che connota l’ideologia di non pochi scienziati e divulgatori scientifici è più ostile alle speranze dell’uomo (che esiste) che a Dio (che all’avviso di chi scrive non esiste) (3).

Scrive il Nostro alla fine del libro: «Messi a confronto con la civiltà della parola scritta, che gli Assiro-babilonesi avevano sviluppato, i saggi Ebrei decidono di raccogliere anch’essi, per la prima volta in un testo scritto, il racconto delle origini del popolo ebraico. […] Nasce da queste suggestioni l’idea di scrivere questo libro e intitolarlo Genesi. Per consentire a tutti di fare proprio il grande racconto delle origini che la scienza moderna ci consegna, capire le nostre radici più profonde e trovarvi spunti con i quali affrontare il futuro» (218). Lodevole impegno. Personalmente nutro la più radicale inimicizia nei confronti della civiltà capitalistica, e per questo mi impegno a capire sempre meglio le nostre radici storiche e sociali più profonde, le quali ovviamente hanno molto a che fare anche con la «scienza moderna» in quanto fondamentale istituzione sociale. Mentre la società è in grado, attraverso la tecnoscienza, di svelare i segreti più reconditi nascosti nel cuore quantistico di ciò che chiamiamo materia, gli esseri umani mostrano di non saper controllare, oggi più che nel passato, il processo sociale che pure essi stessi realizzano sempre di nuovo, giorno dopo giorno. La crisi sociale capitalistica chiamata Pandemia è l’ultima conferma di questa tragica (disumana) “dialettica”. Non siamo che “particelle elementari” in balìa di una Forza estranea e ostile. Di certo chi desidera costruire un futuro a misura d’uomo non è alla scienza che deve guardare.

(1) Il vuoto è cosa viva, sostanza dinamica e incessantemente mutevole, gonfia di potenzialità, gravida di opposti. Non è il nulla, è al contrario un sistema traboccante di quantità illimitate di materia e antimateria. Per certi versi somiglia veramente al numero zero, come pensavano i matematici indiani» (G. Tonelli Genesi. Il grande racconto delle origini, p. 51, Feltrinelli, 2020). Pare che dal vuoto sia venuto il tutto che conosciamo e che ancora non conosciamo. Questa qualità eminentemente “dialettica” della natura porterà Ernst Bloch a scrivere quanto segue: «Proprio la fisica più recente contiene una gran massa di dialettica inconsapevole; e dipende dai limiti di classe dei fisici, non dall’estraneità qualitativa della cosa, se un’entità cosí chiaramente dialettica come la teoria quantistica non vien resa consapevolmente anche come tale» (Soggetto-oggetto. Commento a Hegel).

(2) «Una delle roccaforti degli oppositori più tenaci fu la scienza sovietica. Per decenni gli scienziati dell’Urss bollarono il Big Bang come teoria pseudoscientifica e idealistica che teorizzava una sorta di creazione, troppo simile a quella descritta dalla religione per non destare sospetti. Per loro non contava nulla che Lemaître avesse sempre tenuto ben separato l’ambito della scienza da quello della fede al punto da reagire con orrore quando, nel 1951, Pio XII non aveva resistito alla tentazione di alludere al Big Bang descritto dagli scienziati come al momento biblico della creazione. […] A determinare il definitivo successo della teoria del Big Bang furono, ancora una volta, i risultati sperimentali» (G. Tonelli, Genesi. Il grande racconto delle origini, pp. 39-40, Feltrinelli, 2020). Diciamo che la Chiesa di Roma si dimostrò allora più in sintonia con la scienza di quanto non lo fosse la Chiesa di Mosca, tutta presa dalla difesa più intransigente (e ottusa) del dogma chiamato “materialismo dialettico”. Il Diamat ebbe modo di esibire la sua “superiorità” nei confronti della scienza occidentale anche a proposito della genetica, definita dagli accademici sovietici preposti alla difesa dell’ortodossia «una tendenza ideologica falsa, importata dall’estero. Noi rigettiamo l’affermazione fantasiosa dei morganiani-mendeliani, secondo cui negare l’esistenza dei geni sarebbe negare la base materiale dei fenomeni dell’ereditarietà» (cit. tratta da D. Buican, L’eterno ritorno di Lysenko, p. 31, Armando, 1983).

«La miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di un mondo senza spirito. Essa è l’oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. […] La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l’uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi» (K. Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, 1843-1844, p. 162, Editori Riuniti, 1983).

Leggi:

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Riflessioni quantistiche

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