IL PREZZO DA NON PAGARE

Another head hangs lowly Child is slowly taken. And the
violence, caused such silence Who are we mistaken?
But you see, it’s not me It’s not my family In your head,
in your head, they are fighting With their tanks, and their
bombs. And their bombs, and their guns In your head,
in your head they are crying. In your head, in your head.
Zombie, zombie, zombie. What’s in your head, in your
head Zombie, zombie, zombie (Zombie, The Cranberries).

Sul Corriere della Sera di oggi Federico Fubini ritorna a riproporre, citando  «il bravissimo ministro dell’Economia francese»  Bruno Le Maire, la necessità della «guerra economica totale contro la Russia». Ma per intraprendere questa devastante guerra, scrive Fubini, occorre che l’Unione Europea chiarisca in primo luogo a sé stessa quali sacrifici è disposta a fare, quale prezzo è in grado di pagare «per i valori che diciamo essere i nostri». «I nostri» di chi? Certamente non di chi scrive. Peraltro, l’evocazione della «guerra totale», sebbene economica, mi ricorda qualcosa, ma non ricordo cosa – forse il Goebbels del 1943…

Ha detto l’latro ieri il Presidente Sergio Mattarella: «Non è tollerabile – e non dovrebbe essere neppure concepibile – che, in questo nuovo millennio, qualcuno voglia comportarsi secondo i criteri di potenza dei secoli passati pretendendo che gli Stati più grandi e forti abbiano il diritto di imporre le proprie scelte ai paesi più vicini, e, in caso contrario, di aggredirli con la violenza delle armi. Provocando angoscia, sofferenze, morti, disumane devastazioni. Va fermato, subito, con decisione questo ritorno all’indietro della storia e della civiltà. In gioco non c’è solo la libertà di un popolo ma la pace, la democrazia, il diritto, la civiltà dell’Europa e dell’intero genere umano. La nostra responsabilità di cittadini, di europei, ci chiama oggi a un più forte impegno per la pace, perché si ritirino le forze di occupazione e si fermino le armi, perché sia ripristinato il diritto internazionale e siano rispettate le sovranità nazionali. Opporsi oggi a questa deriva di scontri e di conflitti comporta dei prezzi; potrebbe provocare dei costi alle economie dei Paesi che vi si oppongono. Ma si tratta di un prezzo da pagare. Poiché l’indifferenza sarebbe molto peggio». Nel suo intervento alla Camera dei Deputati di ieri dedicato alle conseguenze economiche e “umanitarie” della guerra in Ucraina, Mario Draghi ha ribadito lo stesso concetto: «Come europei amanti della pace, della democrazia e della libertà siamo chiamati a pagare un prezzo per costringere la Russia a cessare le violenze e per renderci indipendenti dal suo gas e dal suo petrolio». «Siamo chiamati» chi? E qui purtroppo mi sento chiamato in causa. In quanto patriota? No. In quanto europeo? No: in quanto proletario.

Il discorso di Mattarella riassume tutte – o quasi tutte – le posizioni che ho criticato da quando l’Armata Russa ha invaso l’Ucraina, e anzi ancora prima, quando il Presidente russo assicurava, ironizzando sulle “paranoie” degli angloamericani, che la Russia non stava preparando nessuna azione ostile nei confronti di Kiev. Qui non ripeterò dunque quanto scritto nei miei precedenti post (ad esempio a proposito dei «criteri di potenza dei secoli passati», o sulla sovranità nazionale delle piccole/medie nazioni, oppure sul cosiddetto diritto internazionale), ai quali rimando.

Anche l’Italia è dunque in guerra, una guerra che non si combatte solo con le bombe (ad esempio con le devastanti bombe termobariche che l’esercito russo usa contro le abitazioni delle città ucraine, come ha fatto ad Aleppo e in altre città della Siria) ma anche con le sanzioni economiche – oltre che con le menzogne propagandistiche. Siamo talmente in guerra, che qualche servo particolarmente zelante del regime ha potuto concepire l’idea di censurare la letteratura russa e la stessa lingua russa! Ridiamo, certo, ma di questo si tratta quando parliamo di «segno dei tempi». Ebbene, e parlo soprattutto ai miei “colleghi” proletari, dobbiamo opporci alle conseguenze economiche e politiche di questa guerra, affermare in tutti modi che non vogliamo pagarne le conseguenze, le quali già si fanno sentire quando facciamo la spesa (persino il pane è rincarato!), quando paghiamo le bollette di luce e gas, quando andiamo a fare “il pieno” all’automobile. L’inflazione mangia i nostri salari e padroni e governo, con l’attiva collaborazione dei sindacati di regime, si preoccupano della spirale inflattiva derivante dalla rincorsa tra prezzi e salari. «Ma rischiamo di azzoppare la ripresa»: e chi se ne importa della ripresa del fatturato e dei profitti! È della ripresa dei miserabili salari che deve preoccuparsi il lavoratore, chiamato ancora una volta a fare sacrifici sull’altare della libertà, della democrazia, della civiltà, della transizione ecologica (vogliamo forse distruggere il pianeta?), in una sola parola: della Menzogna. Oggi ci chiedono sacrifici economici, domani chissà.

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua a ripetere, ormai come un disco rotto che non si può più sentire, che «Questa guerra non finirà così. Scatenerà la guerra mondiale»; della seria: Ricorda che devi morire! Senza soluzione di continuità siamo passati dalla guerra epidemica alla guerra armata: viviamo tempi fin troppo interessanti, non c’è il minimo dubbio. Zelensky ha pure affermato che «il Presidente russo Vladimir Putin è un criminale di guerra», e che «tutti coloro che sono venuti sulla nostra terra, tutti coloro che hanno dato gli ordini sono tutti criminali di guerra». Per il macellaio di Mosca è invece Zelensky a dover rispondere, a guerra, pardon: a Operazione Speciale di Pace finita, di «crimini contro l’umanità». Chi ha ragione? Chi ha torto? Come sempre, la risposta dipende dalla prospettiva dalla quale si osservano gli avvenimenti. A mio avviso, in guerra come in “pace”, criminale è in primo luogo il sistema capitalistico mondiale di cui anche l’Ucraina è parte.

Se tutto rincara la colpa non è solo del “folle Putin” che vorrebbe ricreare l’Unione Sovietica («Come sarebbe bello!», dice il nostalgico stalinista), o del “folle Zelensky” che non accetta la resa incondizionata («E come si permette questo ex comico! Qui rincara tutto e lui gioca a fare il Churchill della situazione!»), o degli americani che, cattivoni come sono, non rispettano i legittimi interessi imperialistici della Federazione Russa (ognuno si preoccupi del proprio “estero vicino”, non di quello degli altri!), o dell’Unione Europea che vorrebbe corrompere con la sua ricchezza e la sua promiscuità politica, culturale e sessuale (il Patriarca di Mosca Kirill, teorico della guerra metafisica contro il demoniaco Occidente, ne sa qualcosa) i giovani russi e ucraini: la colpa è, come sempre, come già detto e come non mi stancherò di ripetere, del sistema capitalistico mondiale, e quindi della sua variegata fenomenologia “sovrastrutturale”: politica, culturale, ideologica, psicologica. La ricerca delle ragioni e dei torti in questo macello ucraino ci conduce inevitabilmente, necessariamente sul terreno del nemico: il capitalismo, l’imperialismo. Trascinato su questo terreno il proletariato non può che capitolare.

«La civiltà dell’Europa e dell’intero genere umano» di cui parla Mattarella altro non è che la Civiltà del Capitale. È questa Civiltà che lo Stato ci chiede di difendere; è per difendere e rafforzare interessi di potere (economici, politici, geopolitici, in una sola parola: sistemici) che ci avvelenano l’esistenza che il governo ci chiede di fare sacrifici, di pagare un prezzo, dopo i sacrifici che abbiamo dovuto fare in questi due anni di crisi sociale mondiale chiamata Pandemia.

Anche l’Italia ha insomma un fronte interno, e di questo devono tener presente colore che vogliono lottare contro la guerra che per adesso ha l’Ucraina come teatro di guerra. Oggi, e faccio solo un esempio, organizzare in Italia uno sciopero generale contro gli effetti della guerra sulle condizioni di vita e di lavoro dei proletari avrebbe un significato e un peso che non basterebbero centinaia di manifestazioni pacifiste a pareggiarlo. Altro che “Neutralità attiva e operante”! Piuttosto: Guerra alla Guerra! Piuttosto: lotta in difesa delle condizioni di vita e di lavoro dei nullatenenti. Una lotta ostile a ogni compatibilità economica e politica.

Insomma, per quanto utopistiche e “irrealistiche” le idee dell’anticapitalista hanno sempre un concreto risvolto politico. Quantomeno come praticabile possibilità.

«Da parte ucraina sono i colori della bandiera (un bel giallo e un celeste intenso) che hanno fornito immediatamente ai social il potente leitmotiv iconico di queste vicende belliche. Nel versante russo è invece la lettera Z il simbolo forte. Non è la “z” dell’alfabeto cirillico (che assomiglia alla cifra 3 scritta a rovescio) ma proprio il carattere Z dell’alfabeto latino. La Z di Zorro insomma. Dipinta in bianco inizialmente sui carri armati invasori (sembra per ragioni pratiche, ovvero per non essere colpiti erroneamente dal “fuoco amico”) è rapidamente diventata il riferimento di tutti quelli che in Russia, e altrove, sostengono l’invasione» (Dagospia). La mia Z sta invece a significare Zero (sacrifici).

Zero

Leggi: GUERRA E – COSIDDETTA – PACE; PER UN ANTIMPERIALISMO ATTIVO E INTRANSIGENTE. ALTRO CHE “NEUTRALITÀ ATTIVA”!; TROTSKY E LA NARRAZIONE DEL MACELLAIO DI MOSCA; UCRAINA. SHARING THE SHAMEALCUNE RIFLESSIONI SULLA GUERRA IN CORSO IN EUROPAL’UCRAINA DI LENINTANTO TUONÒ…FATTI COMPIUTI E “TRATTATIVE DI PACE”AGGRESSORI E AGGREDITI…E IL PACIFISMO? NON PERVENUTO!DEI TORTI E DELLE RAGIONI. MA DI CHI?TRASFORMARE LA PREPARAZIONE DEL CONFLITTO ARMATO IN CONFLITTO SOCIALE GENERALIZZATO!L’IMPERIALISMO VIENE DA OVEST E DA ESTIL CAPITALISMO COSTRUISCE LA GUERRA NEL CUORE DELLA SUA “PACE”PENSARE LA RIVOLUZIONE OLTRE LE IDEOLOGIE NOVECENTESCHELA SINDROME DI MONACOESSERE VLADIMIR PUTINL’IMPERIALISMO ENERGETICO DELLA RUSSIA

Un pensiero su “IL PREZZO DA NON PAGARE

  1. Pingback: RIFLESSIONI SUL MACELLO UCRAINO | Sebastiano Isaia

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