L’unico esito della guerra imperialistica che ci interessa in quanto anticapitalisti e internazionalisti è la sua trasformazione in guerra civile, in rivoluzione sociale anticapitalista. Questo esito ci interessa sempre e in modo esclusivo. Auspicare per quel tipo di guerra un altro esito, e magari lavorare in qualche modo per contribuire a realizzarlo nell’illusione che la vittoria di uno dei contendenti possa accelerare la catastrofe del capitalismo internazionale; ebbene tutto questo significa essere parte del problema che gronda sangue, sofferenze e oppressione da tutti i pori, e non certo della sua soluzione, significa muoversi sul terreno ultrareazionario degli interessi di questo o quel Paese, di questa o quell’alleanza imperialistica, di questa o quella fazione capitalistica, e dunque dentro la prospettiva e la logica dell’Imperialismo Unitario. Qui la buona fede di chi coltiva certe illusioni da mosca cocchiera conta davvero poco, per non dire niente.
L’epoca storica caratterizzata dal dominio totalitario e mondiale dei rapporti sociali capitalistici impone dunque agli anticapitalisti di tutto il mondo una sola scelta, quella del disfattismo e della rivoluzione sociale, e questo anche a prescindere dalla possibilità che essi hanno nella contingenza storica di influenzare anche solo una piccola parte delle classi subalterne, perché i principi si danno sempre e incondizionatamente.
Caro Sebastiano,se mi permetti, vorrei sottolineare una cosa: nei tuoi scritti manca sempre il partito, sai benissimo che senza di esso il proletariato non potrà mai senza una guida arrivare alla presa del potere.
Noi comunisti dovremmo lavorare in quella direzione lì. Questo dovrebbe essere il nostro compito.
Un caro saluto.
Non ho avuto modo di ricambiare il saluto, e di questo mi scuso. Per quanto riguarda il merito della tua riflessione per adesso non so che rispondere. Può darsi che lo faccia più in là, non saprei dirti. Mi scuso ancora e ti saluto. Ciao!
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