Dall’Iran giungono notizie a dir poco agghiaccianti. Intanto a 96 giorni dall’inizio del movimento di lotta antiregime occorre rivedere completamente i dati sui morti, sui feriti e sugli arrestati basati sulle cifre fatte circolare dal regime. La realtà dice che i morti sono oltre 2.000, e non circa 500, e i manifestanti sequestrati nelle carceri almeno 30.000, cioè il doppio rispetto a quanto si supponeva fino a oggi. Dalle prigioni, da quelle “ufficiali” e da quelle segrete, giungono racconti a dir poco raccapriccianti. Torture e stupri a tutto spiano, sulle donne e sugli uomini. Le emorragie vaginali e rettali sono all’ordine del giorno. «Ci portavano in una stanza e ci riempivano di botte, ci minacciavano e ci ordinavano di violentarci a vicenda. Sul soffitto, una telecamera che riprendeva tutto». L’istigazione al suicidio dei giovani manifestanti arrestati e poi rilasciati dopo confessioni estorte con la forza e sotto la minaccia di rendere pubbliche immagini compromettenti continua fin dentro gli ospedali. Gli aguzzini fanno leva sulla fragilità psicologica ed emotiva dei giovani arrestati ma fin qui inutilmente: la loro soglia del terrore ormai è altissima, e questo terrorizza i carnefici come mai era accaduto nei decenni precedenti, che di certo non sono stati privi di conflitti sociali e di brutalità repressiva da parte dello Stato.
Pare che gli ultimi scioperi hanno visto una fortissima partecipazione dei lavoratori in tutto il Paese. Particolarmente attivi sono i lavoratori dell’industria petrolifera iraniana, che hanno scioperato in diverse città, tra cui Assaluyeh, Mahshahr, Ahvaz e Gachsaran. Sembra anche che siano attivi nuclei di resistenza che si muovono sotto la guida del Consiglio nazionale della resistenza iraniana, e in modo particolare dei Mujaheddin del Popolo. Staremo a vedere.
«Le autorità iraniane hanno annunciato l’arresto di una presunta rete di spionaggio legata al Mossad che pianificava azioni di sabotaggio contro imprese di sicurezza iraniane» (Avvenire): non è affatto escluso che preso dalla disperazione il regime usi la carta della “guerra santa rivoluzionaria” contro i suoi nemici esterni. Com’è noto, la politica estera è la prosecuzione della politica interna, e viceversa. Conosco tanti “antimperialisti” nostrani che si unirebbero ben volentieri agli Ayatollah nella guerra santa contro il Grande Satana e il suo rappresentante regionale.
Qui di seguito una breve scheda economica sull’Iran.
Con più di 80 milioni di abitanti, l’Iran risulta la diciottesima economia mondiale e la seconda nell’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa). Il profilo demografico è caratterizzato da un tasso elevato di popolazione giovanile (oltre il 60% ha un’età inferiore ai 30 anni), cosa che assicura al processo economico (considerato a scala internazionale) una eccellente ancorché potenziale base di plusvalore costituita da una forza-lavoro molto flessibile ed economica. Il valore del mercato iraniano è stimato dagli istituti economici internazionali intorno agli 800 miliardi di dollari, e le imprese italiane sono ben piazzate nella gara con i suoi diretti concorrenti (Germania, Francia e Giappone, in primis) ad accaparrarsi una bella fetta di quella torta. In Iran le aziende italiane sono molto attive, oltre che nei tradizionali settori del ”fashion” e del “luxury”, anche nei settori della meccanica, dell’automotive, del biomedicale, delle energie alternative, dell’edilizia, chimico-farmaceutico e degli arredamenti.
Secondo le stime del FMI, il valore nominale del PIL avrebbe dovuto superare i 470 miliardi di dollari entro il 2022, ma pare che la cifra si attesterà su valori più bassi, anche perché il Paese risente fortemente i postumi della crisi pandemica e del forte rallentamento dell’economia internazionale che ne è seguito. A tutto ciò occorre ovviamente sommare gli effetti devastanti delle sanzioni occidentali. Sul Sole 24 Ore dell’agosto 2019 si leggeva quel che segue: «Se esistesse un premio internazionale sull’arte di convivere con le sanzioni, nessuna popolazione lo meriterebbe più degli iraniani. Alternando periodi più duri ad altri meno difficili, alla fine sono ormai 40 anni che questo Paese, potenzialmente ricchissimo di risorse naturali, ha a che fare con le conseguenze economiche derivanti dalle tensioni con gli Stati Uniti. […] Non è tanto la gravità della recessione a destare le maggiori preoccupazioni quanto la sua durata. Gli otto anni della guerra contro l’Iraq furono un disastro per l’economia. Nel 1984 il Pil si contrasse del 9,9%, nel 1986 del 9 e nel 1988 del 9,5. Questa volta l’arte – e la pazienza – degli iraniani a convivere con le recessioni potrebbero essere messe a dura prova». Pare che il vaso dell’insofferenza sia diventato colmo.
Vediamo, a grandi linee, la struttura del Pil iraniano: settore primario (agricoltura e allevamento) 9,7% e occupa il 17,9% della popolazione attiva; Settore secondario (settore petrolifero, settore manifatturiero e industria mineraria) 34,6% e occupa il 30,6% della forza lavoro; Settore terziario (servizi) 55,7 e occupa il 51,5% della popolazione attiva. Il settore petrolifero da solo influisce sul Pil per circa il 15%.
L’Iran possiede il 18% delle riserve mondiali di gas naturale e l’11,3% di quelle petrolifere. L’agricoltura genera circa il 15% dei ricavi in valuta estera (cioè dalle esportazioni non riguardanti il settore petrolifero). La produzione agricola non copre il fabbisogno nazionale a causa della scarsità d’acqua, della mancanza di tecnologie impegnate nel settore e dell’eccessiva frammentazione della proprietà terriera. Il 65,2% del suolo è incolto.
Il tasso di disoccupazione si attesterebbe intorno al 10%, con punte che si avvicinano al 30% per i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Ogni anno circa 150mila giovani iraniani istruiti lasciano il Paese.
L’indebitamento pubblico è contenuto, pari a circa il 28% del PIL ma in crescita per via della politica fiscale espansiva adottata in risposta alla crisi generata dal covid-19, mentre quello estero è estremamente contenuto. L’indice base di povertà è contenuto ma una grossa parte della popolazione vive a ridosso della soglia minima. «Nonostante il programma di privatizzazioni di asset pubblici inaugurata nell’aprile 2020, la presenza dello Stato nell’economia del Paese è ancora marcata, con partecipazioni maggioritarie in grandi imprese pubbliche e semi-pubbliche che godono di una posizione di predominio nei settori commerciali e produttivi. Grandi banche pubbliche sono presenti anche nel settore finanziario»(InfoMercatiEsteri).
Le cosiddette Guardie della rivoluzione (o Pasdaran) gestiscono direttamente e indirettamente una notevole parte dell’economia iraniana, soprattutto nei settori considerati strategici (come quello petrolchimico e finanziario), e in più organizzano un capillare quanto corruttivo sistema di welfare che si affianca a quello offerto dallo Stato centrale, spesso sostituendolo ed entrando in concorrenza con esso. Il ruolo dei Pasdaran è fondamentale nella proiezione geopolitica dell’Iran, che ha usato la guerra contro l’Isis per mettere le mani sulla Siria e sull’Iraq. Già da diversi anni il movimento antiregime ha preso di mira le ambizioni imperialistiche del Paese, che ricadono sulla gente sottoforma di duri sacrifici economici. «I Guardiani della rivoluzione rappresentano il nostro Isis»: è uno degli slogan più gettonato dai manifestanti in questi giorni.
LA SUPERCAZZOLA DELLA GUIDA SUPREMA
SULLA “RIVOLUZIONE” IRANIANA
SI FA PIÙ FEROCE LA GUERRA DEL REGIME IRANIANO CONTRO I MANIFESTANTI
IRAN. LA LOTTA CONTRO IL REGIME NON SI ARRESTA
CON I RIBELLI IRANIANI! CONTRO IL REGIME OMICIDA DEGLI AYATOLLAH!
NESSUNA PIETÀ PER CHI HA DICHIARATO GUERRA A DIO E SI FA STRUMENTO DELLA CORRUZIONE SULLA TERRA!
«Masooumeh aveva appena 14 anni ed è l’ennesima vittima della repressione del regime iraniano contro i ragazzi e le ragazze che stanno protestando in piazza da settembre. Viveva in un quartiere povero di Teheran e, in segno di protesta, aveva deciso di togliersi il velo a scuola. La polizia morale l’ha identificata tramite le telecamere di sorveglianza, e l’ha arrestata. Poco dopo è stata portata in ospedale per una grave emorragia vaginale, che l’ha uccisa» (Il Riformista).
Da Dagospia (notizie ANSA):
CLAMOROSO A TEHERAN: ANCHE AHMADINEJAD CRITICA KHAMENEI – L’EX PRESIDENTE IRANIANO, NON CERTO UN ILLUMINATO RIFORMATORE, HA CRITICATO LA REPRESSIONE DEI MANIFESTANTI, INVITANDO I FUNZIONARI DELLA REPUBBLICA ISLAMICA AD ASCOLTARE LE RICHIESTE DELLA GENTE E A RISOLVERE I LORO PROBLEMI: “I SOLDI SPESI PER SOPPRIMERE LE PERSONE DOVREBBERO INVECE ESSERE SPESI PER RISOLVERE I PROBLEMI DEL PAESE. POTREMMO NON AVERE LA POSSIBILITÀ DI RIMEDIARE DOMANI…”. E SE LO DICE LUI…
Pingback: IL PUNTO SULL’IRAN | Sebastiano Isaia
Pingback: IRAN 2023. È L’ANNO DEL REGIME CHANGE? | Sebastiano Isaia