Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le
idee dominanti; cioè, la classe che è potenza materiale
dominante della società è in pari tempo la sua potenza
spirituale dominante (K. Marx).
Ennesima “riscoperta” del comunista di Treviri da parte degli esponenti delle classi dominanti. Questa volta (ma era già successo, se la memoria non m’inganna, nel 2008) è toccato al prestigioso Der Spiegel tirare maldestramente la barba di Marx. Il settimanale tedesco sbatte infatti il Moro in prima pagina (copertina del primo numero del 2023) e si chiede se per caso egli non avesse ragione circa la natura “problematica” del capitalismo: «Il capitalismo classico non funziona più. Ma spinti da sempre nuove crisi mondiali e da un imminente collasso climatico, stanno emergendo concrete idee di riforma: meno crescita, più obiettivi governativi». Insomma, si “riscopre” Marx in salsa riformista, statalista, keynesiana, cosa che equivale alla completa mistificazione del suo pensiero. Ultimamente anche il Financial Times ha cercato di usare qualche citazione marxiana per sottolineare l’esigenza di un «nuovo ordine mondiale» meno incline ad assecondare il dogmatismo “neoliberista”. Una vera goduria per gli statalisti d’ogni tendenza politico-ideologica.
Michele Prospero sul Riformista di oggi parla con autentico entusiasmo di «Rinascimento Marx», e lamenta che «solo in Italia è chiuso a chiave in soffitta»:«Il settimanale di Amburgo ricorda come persino Ray Dalio, fondatore del più grande hedge fund al mondo, dinanzi alle ripetute crisi e agli squilibri della distribuzione, rilegga Das Kapital preferendolo alle apologie inservibili del Wall Street Journal. Anche tra i vertici della cultura ufficiale le metafore marxiane circolano tranquillamente per denunciare i fondamenti dell’attuale assetto sociale. […] C’è persino il disincanto del finanziere miliardario che percepisce che il sistema così com’è non funziona più. La globalizzazione senza regole si è arenata e sollecita, anche per un Paperone da prime posizioni di Forbes, una politica che sappia governare le contraddizioni del meccanismo inceppato e delineare le forme di un capitalismo sostenibile [sic!]. Si tratta, peraltro, di riflessioni critiche che nascono nel cuore stesso del capitalismo più avanzato, non tra i perdenti della globalizzazione liberista, e denunciano non solo gli eccessi della finanza speculativa, ma smascherano i costi della crescita illimitata, contrapponendo alla centralità dell’azionista i bisogni della società. […] La riflessione riportata da Der Spiegel non solo trascura la capacità del mercato di rendere produttiva la crisi, ma, oscurando il soggetto del conflitto, rende friabile il terreno per la ricerca di altri beni (beni pubblici) e dei valori d’uso, sottovalutando il peso della cura della persona, della partecipazione (politica e sociale), della formazione continua e dell’istruzione. Merito indiscutibile del settimanale di Amburgo è quello di aver comunque invitato di nuovo Marx a scendere dalla soffitta. Le sue pagine sono ancora un’indispensabile lente per indagare le contraddizioni del presente».
Indagare in vista di che cosa? Di un capitalismo “dal volto umano” ed “ecologicamente sostenibile”? E se lo spettro di Marx si rifiutasse di collaborare in qualsiasi modo alla salvezza della società capitalistica? «Ma sì: lasciatemi in soffitta ancora un po’!». D’altra parte un perdente della globalizzazione capitalistica (non semplicemente «liberista») come chi scrive non può certo parlare in nome di chicchessia, tanto meno in nome di Marx – il quale com’è noto disse una volta di non avere nulla a che con il “marxismo” e i “marxisti”, esattamente come il sottoscritto!
NON CI SONO PIÙ LE CLASSI DI UNA VOLTA!