IRAN 2023. È L’ANNO DEL REGIME CHANGE?

La prospettiva sempre più realistica (che, beninteso, non offre nessuna certezza sul futuro) di un cambio di regime in Iran, nel breve o nel medio periodo, ha messo in luce le divisioni esistenti nell’opposizione iraniana, la quale non riesce ancora a darsi una piattaforma politica unitaria. La diaspora iraniana politicamente più attiva è divisa perlopiù in filo-monarchici sostenitori del figlio dell’ultimo Scià cacciato dall’Iran nel 1979, appoggiato nelle sue regali velleità dagli anglo-americani e dai sauditi, e in militanti/simpatizzanti del Mojahedin-e-Khalq (Mek), anch’essi non malvisti dagli americani, dai sauditi e dagli stessi israeliani. Scrive Nazanin, attivista politica d’opposizione all’interno del Paese: «I Mojahedin non sono l’anima della nostra rivoluzione. È vero che il Mek ha un’enorme disponibilità economica, è collegato a forti gruppi che possono influenzare le decisioni in molti paesi, ha un sistema propagandistico molto sviluppato. Ma non ha il favore del popolo, anzi suscita un certo odio diffuso tra la gente per il loro tradimento durante la guerra Iran-Iraq e per la loro alleanza con i sauditi. Possono però influenzare indirettamente il movimento, specialmente attraverso l’uso dei loro media. E la presenza dei loro affiliati, a mio parere, è pericolosa per il movimento: sono addestrati, sanno come strumentalizzare la rabbia del pubblico, incitare alla violenza. La loro storia prova che sacrificheranno tutto per raggiungere il loro scopo. Tuttavia, malgrado l’enorme sforzo, il loro peso è marginale» (Il Manifesto).

Sul fronte interno, e sempre per quel che è possibile saperne dall’esterno, la situazione dell’opposizione al regime è molto più interessante, complessa e “frastagliata”, anche se è possibile individuare due posizioni maggioritarie: quella che fa capo a coloro che non  vogliono saperne né dei nostalgici della monarchia (solo pronunciare la parola Savak, dal nome della sanguinaria polizia segreta dal 1956 agli ordini diretti di Reza Pahlavi, mette i brividi) né dei Mojahedin del Popolo nella loro versione rivista e corretta (ma non troppo), associati ad un passato che soprattutto i più giovani vogliono lasciarsi alle spalle. Qualche giorno fa a Teheran sul muro di una casa è comparsa la scritta Né con gli Ayatollah né con lo Scià! «Dietro la retorica di certa destra monarchica iraniana (anche o soprattutto all’estero) a base di “Uniamoci” si va profilando un progetto di opposizione all’attuale regime, ma intriso di ostilità diffidenza, esclusione nei confronti delle donne, delle minoranze sessuali, dei gruppi etnici non persiani. E di aperta ostilità (premessa di future repressioni) verso la sinistra rivoluzionaria e i dissidenti in genere» (Osservatorio Repressione).

L’altra posizione è incarnata dalle minoranze etniche del Paese che oggi rappresentano il cuore pulsante del movimento di lotta antiregime, tanto più nel momento in cui quel movimento attraversa un momento di comprensibile stanchezza nei maggiori centri urbani. È evidente che le rivendicazioni autonomiste, se non addirittura separatiste, delle minoranze iraniane avranno un peso tutt’altro che marginale nel futuro assetto politico-istituzionale dell’Iran post Repubblica Islamica – posto ovviamente che un simile futuro si realizzi davvero, cosa che a oggi è tutt’altro che scontata.

In questo contesto, qui brevemente tratteggiato, è tutt’altro che trascurabile il pericolo che alle classi subalterne iraniane venga ancora una volta chiesto un contributo in termini di sacrifici e di sangue per sostenere cause ostili ai loro specifici interessi economici, politici, sociali. È soprattutto in simili congiunture politico-sociali che si apprezza in tutta la sua portata la necessità dell’autonomia di classe dei lavoratori, dei disoccupati, dei senza riserve, dei diseredati, insomma dei proletari. E naturalmente non sto parlando solo dell’Iran. Come ho scritto nei precedenti post dedicati al movimento sociale che si batte dallo scorso 16 settembre contro la Repubblica Islamica, è sulla base di questa elementare quanto fondamentale considerazione che personalmente osservo con estremo – ma tutt’altro che acritico e ingenuo – interesse ciò che accade in Iran.

IL PUNTO SULL’IRAN

INFERNO IRANIANO

L’IRAN TRA CONFLITTO SOCIALE E GEOPOLITICA

SULLA “RIVOLUZIONE” IRANIANA

SI FA PIÙ FEROCE LA GUERRA DEL REGIME IRANIANO CONTRO I MANIFESTANTI

IRAN. LA LOTTA CONTRO IL REGIME NON SI ARRESTA

CON I RIBELLI IRANIANI! CONTRO IL REGIME OMICIDA DEGLI AYATOLLAH!

CADE ANCORA UNA VOLTA IL VELO DEL REGIME SANGUINARIO

IRAN. OGGI E IERI

 

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