UN ANNO DOPO

È impossibile separare la vita di una singola nazione, soprattutto se di piccole o medie dimensioni, dal sistema capitalista/imperialista mondiale. Crederlo è semplicemente illusorio e denota una completa ignoranza circa la natura del processo sociale mondiale di questa epoca storica. L’Ucraina come nazione non ha subito solo l’aggressione imperialista della Russia, dal 2014 in poi, ma anche la realtà di un mondo dominato dagli interessi capitalistici, i quali trovano nella geopolitica la loro espressione più evidente e pregna di esiti violenti delle contraddizioni che questi interessi generano sempre di nuovo.

Sul piano “sovrastrutturale” questa dinamica capitalistica si è espressa come tendenza di Kiev a guardare sempre più in direzione dei “valori occidentali”. Ma si è trattato di un fatto che si è imposto alle spalle degli stessi leader politici del Paese, sballottati in ogni direzione dalla complessità degli interessi, nazionali e internazionali, in competizione. E questo discorso si può estendere alla popolazione ucraina, alle prese con “alternative” interne allo status quo sociale: quale campo imperialista si dà come “male minore”? È meglio il “modello occidentale” o quello “orientale”? Parlare di “libera scelta” in queste condizioni significa avere in testa un concetto davvero miserabile di libertà – e questo vale ovunque nel mondo, a cominciare dal cosiddetto Occidente, o “Occidente collettivo”, per dirla con la propaganda putiniana. Sono stato in Russia l’ultima volta nel settembre 2001 (ero a Murmansk nel fatidico 11 settembre), e posso dire con certezza che allora nelle grandi città russe l’”Occidente collettivo” godeva ancora di un’eccellente reputazione. Non è affatto escluso che fra qualche anno l’Occidente ritorni di gran moda nella metropoli russa – magari come “alternativa” al capitalismo/imperialismo con caratteristiche cinesi.

Separare il complesso degli interessi russi (del resto anch’essi fra loro non univoci e tutt’altro che pacifici: Putin non esprime la totalità degli interessi in competizione in Russia) e il processo sociale (economico, politico, ideologico, geopolitico) che ha trasformato l’Ucraina dalla sua separazione dal mondo sovietico in disfacimento in poi dal contesto generale (mondiale) qui semplicemente abbozzato è concettualmente sbagliato e politicamente pericoloso, soprattutto per chi vuole battersi per l’emancipazione delle classi subalterne e, attraverso questa emancipazione, dell’intera umanità. Ma se non si assume il punto di vista della totalità storico-sociale e non si respinge radicalmente il punto di vista degli interessi nazionali, non è possibile a mio avviso afferrare il significato della contesa imperialistica mondiale di cui il conflitto armato in Ucraina è solo un momento (*). Con ciò che necessariamente ne segue sul piano delle decisioni politiche.

(*) In questo peculiare senso si può parlare di responsabilità globale del conflitto, concetto che non ha nulla a che fare con la Xionghuai Tianxia («Avere a cuore ciò che sta sotto il cielo») di cui parla la “proposta di pace” Made in China. «Tianxia è il nuovo termine alla moda nella politologia internazionale, utilizzato dai teorici cinesi per affermare la superiorità della visione geopolitica confuciana su quella occidentale» (M. d’Eramo, Micromega, 17/11/2021).

L’ASSE DEL MALE È SEMPRE PIÙ FORTE E MINACCIOSO

2 pensieri su “UN ANNO DOPO

  1. Pingback: AMICI E NEMICI DELL’OCCIDENTE COLLETTIVO | Sebastiano Isaia

  2. Pingback: L’ATTIVISMO POLITICO SENZA PRECEDENTI DEL CELESTE IMPERIALISMO | Sebastiano Isaia

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