UNA STRAGE CAPITALISTICA. L’ENNESIMA!

Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi di
poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni
della Fame. Porteranno con sè i bambini, e il pane e
il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua.
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni, vestiti
di stracci asiatici,e di camicie americane. Subito i
Calabresi diranno, come da malandrini a malandrini:
” Ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!”
(P. P. Pasolini, Profezia, 1962).

diverse articolazioni dello Stato ne portano indiscutibilmente, e più o meno direttamente, la responsabilità politica; ma essa è soprattutto una strage sociale, una strage capitalistica, una delle tante stragi che si consumano in un mondo dominato dai rapporti sociali capitalistici. I concetti di sviluppo ineguale del capitalismo mondiale, di sfruttamento capitalistico degli individui e della natura e di competizione interimperialistica globale (lotta per il profitto, per i mercati, per le materie prime) aiutano il pensiero ad afferrare le cause strutturali del fenomeno migratorio colto nella sua complessità. In questo peculiare senso l’anticapitalista parla di strage di Stato a proposito di ciò che è avvenuto a Cutro, e non certo nel senso in cui ne parlano politici, giornalisti e intellettuali devoti alla società capitalistica “dal volto umano”: sic! E in questo senso Giorgia Meloni ha ragione quando afferma che «La situazione è semplice nella sua tragicità»: si tratta infatti della situazione disumana creata dalla società capitalistica. L’umanità in generale e le classi subalterne in particolare devono far fronte alla guerra sistemica capitalistica mondiale, la quale puntualmente si manifesta anche come strage di esseri umani. Lo vediamo in Ucraina, lo vediamo a Larissa (Grecia, strage del treno), lo vediamo a Cutro, lo vediamo ovunque nel mondo. Più semplice di così!

Come hanno capito – quasi – tutti, la strage di esseri umani che si è consumata a Cutro ha una precisa causa di natura politica: il governo italiano, anche per conto dell’Unione Europea, ha voluto lanciare nei fatti, al di là di un’azione programmata a tavolino, un messaggio forte e chiaro a chi intende raggiungere l’Italia e l’Europa provenendo da Paesi sconvolti da guerre, miseria di lunga durata, carestie (cavallette incluse), siccità,  malattie, persecuzioni di qualsiasi genere (politiche, religiose, sessuali), o che semplicemente crede di poter migliorare la propria condizione di vita. Il messaggio suona pressappoco così: «Noi siamo disposti a fare entrare in Italia e in Europa solo i migranti che arrivano legalmente. Esistono da noi flussi di ingresso regolare per lavoratori non comunitari. Chi cerca di arrivare dalle nostre parti con mezzi illegali e con lo status di clandestino corre il rischio di annegare, perché non siamo disposti a soccorrere e a salvare a tutti i costi chi si imbarca in Libia, in Tunisia, in Turchia o in altri luoghi per raggiungere le nostre coste. Non possiamo e non vogliamo farlo, e ve lo stiamo dimostrando. Non date alcun credito a chi vi dice che in Italia e in Europa siete i benvenuti, che la gente vi aspetta a braccia aperte: non è vero! Non possiamo accogliere tutti. Aspettate dunque che sia un governo europeo a darvi il permesso di entrare legalmente in Europa per ragioni di lavoro o per questioni umanitarie. Non pagate gli scafisti per poi trovarvi in pericolo di vita. Il Mediterraneo è una gigantesca tomba a cielo aperto: a migliaia vi hanno perso la vita e molti altri moriranno annegati se non ci ascolterete. Siete stati avvisati».

Ecco i numeri della strage permanente: «Il numero continua a salire e tocca ormai quota 26mila in dieci anni. Già 225 nel solo 2023, calcolando quelli del naufragio di oggi davanti alle coste crotonesi. Erano stati 2.406 nel 2022. Sono le vittime dei viaggi della speranza. Migranti partiti dall’Africa e dall’Asia col sogno di raggiungere l’Europa. Ma annegati durante la traversata, prima di toccare terra. A volte a pochi metri dalla meta. come è accaduto per l’ultimo barcone partito dalla Turchia. Ed il Mediterraneo diventa così un vero e proprio cimitero che inghiotte i corpi senza più restituirli per la sepoltura o l’identificazione» (Il Sole 24 Ore).

Inutile dire che il messaggio saturo di brutale violenza lanciato da Cutro è destinato a cadere nel vuoto, perché niente e nessuno può arrestare un fenomeno sociale di portata mondiale che coinvolge decine di milioni di persone spinte a migrare dalla disperazione e dalla speranza. Secondo l’Alto  Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati «le persone in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni di diritti umani risultano essere oltre 100 milioni». Secondo la Banca Mondiale, «23 Paesi sono teatro di guerre di intensità media o alta, per una popolazione totale di 850 milioni di persone». Se le cose stanno così è prevedibile una tendenza al rialzo del flusso migratorio mondiale, il quale non può non investire anche l’Italia e l’Europa nel suo complesso. Del resto la presenza sul territorio nazionale di un congruo esercito di lavoratori clandestini costretti a farsi super sfruttare nelle campagne e nelle industrie in cambio di una miserabile paga è non solo tollerata dallo Stato ma anche da esso segretamente auspicata. I prezzi bassi di non pochi prodotti alimentari di largissimo consumo hanno come loro presupposto il bestiale lavoro dei clandestini: anche i consumatori nostrani ringraziano! Il «traffico di esseri umani» stigmatizzato dalla Presidente del Consiglio non contraddice certo le “ferree leggi” del profitto, tutt’altro!

Una parte di questi lavoratori clandestini viene poi annualmente regolarizzata con provvedimenti governativi. È poi a tutti noto che i migranti che sbarcano in Italia non vogliono rimanere in questo Paese ma intendono raggiungere la Francia, la Germania, i Paesi Bassi, la Gran Bretagna, Paesi che garantiscono – almeno in teoria – una maggiore possibilità di inserimento nel mercato del lavoro. Per la sua posizione geografica il nostro Paese è più esposto al flusso migratorio che arriva dal Nord’Africa, ed è quindi comprensibile che Roma ricerchi una più attiva collaborazione di Parigi, Berlino e Bruxelles nella gestione del problema. Il “sovranismo” degli italici destrorsi deve farsi obtorto collo più realistico e accettare il fatto che «senza l’intervento dell’Unione Europea non si salva nessuno».

Il problema riguarda in effetti l’intera Europa, che ha appaltato alla Turchia e alla Libia il lavoro sporco della gestione di profughi e immigrati. Anche la Gran Bretagna sta inasprendo la lotta contro l’immigrazione clandestina: «Giro di vite senza precedenti contro l’immigrazione illegale. Il Governo britannico domani presenterà in Parlamento un disegno di legge draconiano che renderà un crimine attraversare la Manica su imbarcazioni di fortuna per raggiungere l’Inghilterra. I migranti che arriveranno senza visto d’ingresso saranno deportati e perderanno per sempre il diritto a risiedere nel Regno Unito o a richiedere la cittadinanza britannica. Riprendersi il controllo dei confini era uno degli obiettivi principali di Brexit, ma da allora l’immigrazione è aumentata. Il Governo conservatore vuole dimostrare di avere un piano d’azione che funzioni, anche perché secondo i sondaggi l’immigrazione illegale è una delle preoccupazioni principali degli inglesi dopo l’economia e il costo della vita. Lo scorso anno quasi 46mila migranti hanno attraversato la Manica su canotti e barche, un aumento vertiginoso dai 28mila del 2021, e in gennaio e febbraio di quest’anno nonostante il tempo inclemente tremila persone hanno già raggiunto le coste inglesi. I migranti provengono soprattutto dall’Albania, dall’Iran, dall’Iraq, dall’Afghanistan e dalla Siria. Il Governo intende anche procedere con il piano già presentato di deportare i migranti in Rwanda senza diritto di ritorno in Gran Bretagna» (Il Sole 24 Ore). Quando la crisi economica morde il consenso politico e complica la vita dei governi, la carta “sovranista” e securitaria è ovunque quella di più facile uso per ottenere un certo successo, quantomeno nell’immediato. Com’è noto, la società britannica non sta attraversando un periodo particolarmente florido sul piano economico.

Sono giorni che ci si interroga sulle «vere responsabilità» della tragedia. «Evidentemente c’è una volontà politica per cui queste cose succedono. Vuoi che non ci siano i mezzi per monitorare una barca che si avvicina alle coste italiane e per andare a prendere coloro che sono a bordo e salvare loro la vita? Non ci credo. Non ce le raccontiamo. È che quei mezzi non vogliamo impiegarli. Non è così che si risolvono i problemi, un Paese civile non lascia fare al mare il suo mestiere, non lascia morire la gente. E il problema non coinvolge solo l’Italia, purtroppo, ma anche altri Paesi che dovrebbero essere sviluppati, dunque essere i fari della cultura, e che hanno smesso in esserlo». Così pensa Giovanni Soldini, uno che di mare ne capisce abbastanza. Di civiltà capitalistica ne capisce probabilmente di meno ma di questo naturalmente non gli possiamo fare una colpa. A Cutro lo Stato ha esibito una postura di stampo securitario: ha cioè agito non per salvare vite umane ma per impedire lo sbarco di clandestini.  Così sono sbarcati decine di cadaveri.

Negli anni Novanta del secolo scorso, quando il governo italiano cercò di contrastare il flusso migratorio proveniente dall’Albania, la Marina Militare ebbe l’ordine di approcciare in modo più aggressivo le navi piene di albanesi che cercavano di raggiungere l’Italia: ci scappò il cosiddette “incidente”. «Il naufragio della Katër i Radës, noto anche come tragedia di Otranto o tragedia del Venerdì Santo del 1997, è stato un sinistro marittimo avvenuto il 28 marzo 1997. La nave, carica di circa 120 profughi in fuga dall’Albania in rivolta, entrò in collisione nel canale d’Otranto con la corvetta Sibilla della Marina Militare italiana, che ne contrastava il tentativo di approdo sulla costa italiana. Nel conseguente affondamento perirono 81 persone di cui si riuscì a recuperare il corpo e, si stima, tra 27] e 24 persone mai ritrovate. I superstiti furono 34. L’emigrazione albanese in Italia raggiunse il suo apice nella seconda metà di marzo, quando si verificò una forte pressione sui centri di accoglienza italiani e provocando una forte reazione nell’opinione pubblica italiana. L’Italia concluse allora un accordo bilaterale con l’Albania, affinché la Marina Militare italiana potesse abbordare tutte le navi albanesi ogniqualvolta si fossero imbattute in esse a partire dal 3 aprile 1997 ed ispezionarle, per individuare potenziali migranti albanesi diretti in Italia da rispedire in Albania; in cambio di ciò il governo albanese avrebbe ottenuto assistenza finanziaria, di polizia e umanitaria da parte dell’Italia. Nelle acque internazionali del canale d’Otranto venne così istituita l’operazione Bandiere bianche, che attuò de facto un blocco navale» (Wikipedia). Quel blocco navale oggi tanto invocato – anche se in termini sempre più “realistici” ed “europeisti” – dal governo Meloni.

2 pensieri su “UNA STRAGE CAPITALISTICA. L’ENNESIMA!

  1. TUNISIA. LA CARTA RAZZISTA E SOVRANISTA GIOCATA IN CHIAVE “POPULISTA” PER GESTIRE UNA SEMPRE PIÙ DRAMMATICA CRISI SOCIALE

    Da Wired, 12/3/2023:

    I migranti dell’Africa subsahariana che vivono in Tunisia stanno vivendo giorni più drammatici del solito. Due settimane fa, al culmine di un’ondata di repressione e accentramento dei poteri, il presidente Kais Saïed ha parlato di un “piano criminale” che sarebbe stato orchestrato da oscure élite per “organizzare una grande ondata” di stranieri nel Paese e realizzare una grande sostituzione etnica. Dichiarazioni proferite davanti ai consulenti per la sicurezza nazionale, e pubblicate sui siti della presidenza. Il discorso pubblico che prende piede nella nazione sembra realizzare le più aggressive fantasie della destra identitaria europea: una forma di paranoia importata.
    Secondo il sito progressista Middle East Eye, che da anni monitora il dibattito culturale e civile in Medio Oriente, le frasi di Saïed non sono un fulmine a ciel sereno ma trovano eco nella società tunisina, dove i sentimenti anti-immigrati si stanno intensificando da anni. Su Facebook, la popolare pagina Tunisian Reality ha condiviso una serie di video in cui molti degli intervistati in strada esprimono pareri spietati sui migranti provenienti da altri Paesi dell’Africa. Un post paranoico su un gruppo Facebook chiamato “Insieme per la liberazione della Tunisia dagli africani” teorizza un grande piano per “cancellare la nostra esistenza dalla nostra terra che è irrigata dal sangue dei nostri martiri” attraverso la migrazione. Un altro gruppo si intitola “Tunisini contro la presenza di migranti dell’Africa subsahariana in Tunisia”. Su Twitter e su TikTok i tunisini non di rado giustificano i linciaggi contro gli africani.
    Il clima di paura ha portato le organizzazioni degli studenti subsahariani residenti legalmente in Tunisia a rimanere nelle proprie case per evitare di essere aggrediti. Circa 300 migranti dell’Africa occidentale hanno lasciato la Tunisia con voli di rimpatrio nei giorni scorsi, temendo un’ondata di violenza dopo le dichiarazioni di Saied.

    Due rapide quanto banali considerazioni: 1. C’è sempre e ovunque un Sud più a Sud dell’altro (e così un Nord più a Nord dell’altro); 2. la bufala della «sostituzione etnica» non è una merce avariata che si vende solo dalle nostre parti.

  2. MASSIMO CACCIARI E LE “ANIME BELLE” SINISTRORSE

    Scrive Massimo Cacciari reagendo a un’intervista rilasciata ieri da Roberto Saviano alla Stampa: «Nessuno, in Italia come in Europa, può dirsi con la coscienza a posto: sul tema dell’immigrazione e delle stragi in mare siamo tutti e dobbiamo sentirci tutti corresponsabili di questa vergogna italiana ed europea. Vorrei davvero capire in cosa si sono differenziati i diversi governi italiani ed europei che si sono succeduti, rispetto alle tragedie nel Mediterraneo: qualcuno me lo dovrebbe spiegare. Sembra quasi che le stragi in mare siano iniziate l’altro ieri… Qui non è una emergenza, siamo davanti a un processo epocale che comporta anche la trasformazione degli equilibri internazionali, geopolitici, economici e demografici, sui quali le Potenze occidentali dovrebbero intervenire con un minimo di efficacia. Siamo tutti perfettamente corresponsabili. […] Trattandosi di democrazie dovremmo tutti poter influire sulle politiche di governo. E non siamo stati capaci di farlo, né io, né Saviano, né tutte quelle “anime belle” che possiedono la grande grazia di non ritenersi mai responsabili di tutto ciò che accade» (www.adnkronos.com).

    Trattasi di democrazie capitalistiche, con quel che ciò presuppone e pone sul terreno sociale complessivamente considerato – economia, politica, cultura, ideologia. In ogni caso Cacciari fa benissimo a mettere “destra” e “sinistra” sullo stesso piano quanto a gestione dei flussi migratori. È sufficiente ricordare il nome di Marco Minniti: «L’ordine di indagare sulle Ong partì dal Viminale. Il 12 dicembre del 2016, all’esordio del governo Gentiloni, Angelino Alfano lascia il Ministero dell’Interno passando il testimone a Marco Minniti.Lo stesso giorno parte una lunga informativa. Dopo avere indicato le Ong come “fattore di attrazione”, viene precisato che è stata avviata “un’attività di raccolta informazioni circa le modalità di salvataggio dei migranti in mare, svolte dalle navi di proprietà delle Ong”. Nell’informativa vengono segnalati quattro casi di sconfinamento nelle acque libiche, da parte di alcune organizzazioni umanitarie: Moas e Medici senza frontiere» (Domani, 6/4/2021).

    «Domenico (Marco) Minniti, ministro dell’Interno tutto rigore e sicurezza. Il controllo dell’immigrazione diventa una questione di vita o di morte per il dirigente dem. L’intero mandato di Minniti al Viminale è incentrato sull’argomento. Fin dal primo giorno, quando comincia a lavorare sul “Memorandum di intesa tra Italia e Libia” mentre Angelino Alfano non ha ancora portato le sue cose alla Farnesina, dove è stato spostato dal nuovo premier Paolo Gentiloni. L’esponente del Pd ha già tutto in mente e a due mesi dal suo insediamento è già pronto l’accordo con i libici per bloccare i migranti alla fonte. Poco importa come. L’importante è la firma di Fayez al Serraj, primo ministro del governo di unità nazionale di Tripoli, sul documento controfirmato dal presidente del Consiglio italiano. Obiettivo prioritario del Memorandum: “Arginare i flussi di migranti illegali e affrontare le conseguenze da essi derivanti”. In cambio l’Italia avrebbe fornito “supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina”. In altre parole: addestramento, mezzi e attrezzature alla forza di sicurezza comunemente definita Guardia costiera libica, formata da un ambiguo coacervo di milizie dismesse e trafficanti. Senza parlare dei campi dove i migranti vengono trattenuti, considerati da tutte le organizzazioni internazioni per i diritti umani come dei veri e propri centri di tortura, dove i “prigionieri” subiscono violenze di ogni tipo. Del resto, Minniti è persona abituata a ragionare secondo la neutra logica dei costi/benefici. Perché per perseguire un obiettivo ci vuole disciplina e un certo pelo sullo stomaco. Per raggiungere uno scopo non bisogna fermarsi, come gli avrà probabilmente insegnato Francesco Cossiga, l’amico con cui nel 2009 dà vita ad Icsa (Intelligence culture and strategic analysis) una fondazione dedicata all’analisi dei principali fenomeni connessi alla sicurezza nazionale. E Minniti non si ferma mai» (Il Dubbio, 5/4/2021).

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...