IL SENSO DELLA VITA

FamigliaIl mondo intero è diventato un mondo
di miti, ogni figura è un enigma.
(K. Marx).

Molti prestigiosi politologi, sociologi e filosofi contemporanei denunciano ormai da diverso tempo la crisi delle cosiddette agenzie di senso, soprattutto in riferimento alle nuove generazioni, le quali appaiono sempre più spaesate, prive di solidi “punti di riferimento” politici, ideologici e culturali,  invischiate in un’esistenza che rende sempre più labili e inconsistenti i confini tra realtà e virtualità. Scuola, università, famiglia, partiti politici, parrocchie, centri sportivi, mondo del lavoro: queste “agenzie di senso” sembrano non riuscire più a svolgere la loro tradizionale funzione educativa e formativa, nell’accezione più vasta del concetto, per i giovani, quantomeno per molti di essi. La sfiducia nella politica, osservano quegli intellettuali, è solo uno dei tanti sintomi della malattia “esistenzialista” di cui trattiamo. Di qui il grido di allarme da essi lanciato: la nostra democrazia (capitalistica) corre un grave pericolo. Non più nutrita da nuove e vigorose energie, essa avvizzisce, appassisce e si espone al pericolo di nuove avventure autoritarie.

Qual è il senso della vita? L’impegnativa quanto vecchissima domanda è risuonata nell’Aula Magna di un’Università italiana nel corso di una manifestazione che ricordava il suicidio di uno studente, l’ennesimo. Ovunque nel mondo i giovani umanamente più sensibili (non più fragili e deboli, come scioccamente si dice!) mettono in atto diverse strategie di sopravvivenza rispetto a una realtà sempre più disumana, irrazionale, incomprensibile, ostile (“performativa”, “concorrenziale”); alcuni di essi non vedono altra alternativa che non sia quella di scendere dalla giostra impazzita. È la loro personale risposta a quella domanda?

Dopo averne sentito tanto parlare, l’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger ha voluto rendersi conto in prima persona dei servizi offerti da ChatGPT. L’esperienza lo ha lasciato alquanto frastornato, preoccupato, almeno è questa la sensazione che si ricava da un suo scritto pubblicato sul Wall Street Journal: il vecchio statista profetizza infatti l’avvento dell’Homo technicus, «un inquietante ibrido biotecnologico». «Le intelligenze artificiali pongono sfide pratiche e filosofiche che l’umanità non affronta dai tempi del Rinascimento. […] Prima che la trasformazione dell’essere umano si realizzi dobbiamo rispondere alla domanda che definisce quest’epoca più di tutte le altre: qual è lo scopo della nostra specie?».

Provo a dare una sintetica risposta, proponendomi di ritornare sulla scottante questione. Lo scopo della nostra esistenza è questa esistenza stessa. Il senso della vita è la vita stessa, è vivere. Quindi il problema rinvia a come viviamo, al contenuto reale (pratico) della nostra vita, alla sua “qualità”, al suo concreto dispiegarsi. La questione dunque da filosofico-esistenzialista diventa squisitamente politico-sociale.

Sul chatbot gpt-3 leggi: UMANO, FIN TROPPO UMANO. PRATICAMENTE UNA PARODIA DI UMANITÀUMANO, FIN TROPPO UMANO; MESSAGGIO DEL NOSTRO FRATELLO MACCHINA

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