L’ATTIVISMO POLITICO SENZA PRECEDENTI DEL CELESTE IMPERIALISMO

Dal Medio Oriente all’Africa, dal Sudest Asiatico all’Europa: è tutto un fiorire di iniziative “pacifiste” Made in China. Qui non importa il merito di queste iniziative, la loro reale consistenza politica, il loro probabile esito nel breve o nel medio termine; qui importa prendere atto della loro semplice esistenza.  Insomma, come spiegare il grande attivismo “diplomatico” messo in campo negli ultimi mesi dal Celeste Imperialismo?

Il peso economico della Cina nella competizione intercapitalistica globale è diventato talmente rilevante, da esigere da quel Paese un’azione geopolitica adeguata al ruolo che esso si è conquistato sul terreno economico – industriale, commerciale, finanziario, e quindi anche tecnoscientifico. Anche se non volesse farlo, e si tratta di una mera ipotesi, la Cina sarebbe comunque costretta a praticare una più attiva iniziativa geopolitica su scala mondiale anche solo per difendere le posizioni conquistate sul terreno puramente economico. Il gigante economico deve insomma diventare anche un gigante politico! Questa stringente necessità attesta peraltro il carattere oggettivo del fenomeno sociale che va sotto il nome di imperialismo. La politica estera dello Stato deve necessariamente assecondare, supportare e difendere, all’occorrenza anche militarmente, gli interessi del capitale, il quale a sua volta rende possibile l’espansione della potenza sistemica dello Stato. Viene così a realizzarsi ciò che potremmo definire il circolo virtuoso dell’imperialismo, il quale vede la “struttura” e la “sovrastruttura” di una nazione crescere mutuamente in potenza, dimodoché risulta quasi impossibile distinguere con nettezza gli interessi che fanno capo all’economia da quelli che fanno capo alla politica. È l’impasto, l’intimo e inestricabile intreccio delle due sfere che difatti caratterizza il moderno imperialismo.

La maturità capitalistica della Cina, la sua presenza economica in ogni parte del nostro pianeta: è questo il fondamento oggettivo della politica imperialistica del grande Paese asiatico, il cui precedente profilo basso in politica estera celava appunto una sua sempre più aggressiva strategia di penetrazione economica su scala mondiale. Questo profilo basso esprimeva una condizione (sociale e geopolitica) che la Cina si è lasciata ormai da anni alle sue spalle, e che era funzionale alla strategia di cui sopra. La talpa capitalistica cinese ha ben scavato! Oggi Pechino sfida Washington anche sul terreno squisitamente ideologico (dalla qualità della democrazia ai cosiddetti “diritti umani”) (*), proponendosi al mondo, soprattutto a quella parte di mondo, il “Sud collettivo”, che ha conosciuto molto bene il colonialismo/imperialismo occidentale, come una validissima alternativa al modello statunitense, descritto dai leader cinesi come un modello centrato su una «mentalità da guerra fredda». La «Civiltà Globale» di cui parla Xi Jinping è tutt’altra cosa!

È con questo imperialismo in ascesa che deve fare i conti il declinante (ma solo relativamente) imperialismo statunitense.    

(*) Due soli esempi: «Mercoledì 15 marzo, il ministero degli Esteri cinese ha affermato che i fatti hanno ripetutamente dimostrato che il dramma per la democrazia orchestrato dagli Stati Uniti non è mai un vantaggio ma una rovina per il mondo. Wang ha fatto le osservazioni durante una regolare conferenza stampa commentando i rapporti sull’imminente secondo “Vertice per la democrazia” alla fine di questo mese. “Questo cosiddetto ‘Summit per la democrazia’ è essenzialmente contro la democrazia”, ha detto Wang. Ha affermato che il primo cosiddetto “Summit for Democracy” ha palesemente tracciato una linea ideologica tra i Paesi e ha creato divisioni nel mondo. È stato uno spettacolo assurdo in violazione dello spirito della democrazia e ha esposto l’egemonia degli Stati Uniti sotto le spoglie della democrazia, che è stata criticata e osteggiata da molti Paesi. Secondo un sondaggio del Pew Research Center, solo circa un quinto degli americani afferma di fidarsi del proprio governo, uno dei più bassi della storia. […] Gli Stati Uniti hanno praticato una “dottrina Neo-Monroe” in America Latina, istigato “rivoluzioni colorate” in Eurasia e orchestrato la “primavera araba” in Asia occidentale e Nord Africa, portando costantemente caos, problemi di sussistenza e disastri dei diritti umani in molti Paesi , ha detto Wang, aggiungendo che questo è solo uno dei tanti esempi da manuale di come la democrazia statunitense destabilizzi il mondo» (Quotidiano del Popolo Online). La democrazia con caratteristiche cinesi nella nuova era è tutta un’altra cosa! «Gli Stati Uniti hanno sempre sostenuto di essere i cosiddetti “difensori dei diritti umani” e puntano spesso il dito contro la situazione dei diritti umani in altri Paesi. La tutela dei diritti umani è una finzione degli Stati Uniti, che copre un “buco nero” della situazione dei diritti umani negli Stati Uniti. Il Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti ha annunciato in precedenza che, secondo una sua indagine, Packers Sanitation Services Inc. (PSSI), uno dei maggiori fornitori di servizi di sicurezza e sanificazione alimentare degli Stati Uniti, impiegava illegalmente centinaia di bambini in lavori pericolosi. Questi minori lavoravano di notte negli impianti di lavorazione della carne, utilizzando sostanze chimiche pericolose per pulire le attrezzature affilate, e spesso si infortunavano. L’abuso del lavoro minorile è un problema cronico della società americana. Gli Stati Uniti non hanno ancora ratificato la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e sono stati ripetutamente criticati dall’Organizzazione internazionale del lavoro. […] L’allarmante problema del lavoro minorile rivela una verità: gli Stati Uniti, autoproclamatisi “difensori dei diritti umani”, non sono in grado di proteggere i diritti legali dei bambini» (Quotidiano del Popolo Online). Gli orrori, le infamie e gli abusi del capitalismo ci parlano della sua fisiologia, negli Stati Uniti come in Cina e ovunque nel capitalistico mondo.

Aggiunta del 21 marzo 2023

DIETRO LA CORTINA FUMOGENA “PACIFISTA”

Dietro la cortina fumogena dell’iniziativa “pacifista” è possibile intravvedere la reale sostanza della visita di Xi Jinping al «carissimo amico» Vladimir Putin. Qui elenco solo tre aspetti della questione.

1. Gigante politico-militare e nano economico, la Russia si presta come un’ottima carta nella guerra alla leadership statunitense che la Cina sta conducendo con sempre maggiore vigore, determinazione e chiarezza di visione strategica. La Russia come junior partner di Pechino? Esattamente. Inutile dire che Mosca pensa di poter ottenere più vantaggi che svantaggi, quantomeno nel medio termine, dalla sua relazione “sbilanciata” con la Cina. Si sa che la classe dirigente di un Paese pensa sempre di essere più intelligente e più furba delle classi dirigenti degli altri Paesi, amici o nemici che siano. Il reale processo sociale stabilisce poi, presto o tardi, la verità delle cose. Intanto Putin accoglie il Presidente cinese con un articolo così intitolato: «Russia e Cina: una partnership orientata al futuro». Un futuro di “pace” e “prosperità”, si spera…

2. Mentre costituisce un gigantesco serbatoio di materie prime, peraltro ancora in larga parte da mettere a profitto (e il grande Paese asiatico ha le giuste “competenze” per farlo), la Russia di Putin non rappresenta invece una minaccia per la Cina sotto il profilo della competizione economica e tecnoscientifica. Nel 2022 l’interscambio tra i due Paesi ha toccato la cifra record di 190 miliardi di dollari, e questo fa capire quanto stia diventando importante per la Russia la sua relazione economica – ineguale – con la Cina dopo la rottura con i Paesi europei – soprattutto con la Germania. Oggi la Cina compra dalla Russia gas e petrolio a prezzi di saldo. Qui la logica imperialistica si esprime al meglio.

3. Non bisogna poi sottovalutare la possibilità di una frantumazione della Federazione Russa, evento che porterebbe caos e instabilità ai confini del Celeste Imperialismo. Per Pechino si tratta dunque di puntellare la Russia di Putin, mettendola al riparo anche da una possibile “rivoluzione colorate” che ne sposterebbe l’asse geopolitico verso Occidente. «Xi Jinping Ha osservato che la Russia terrà le elezioni presidenziali il prossimo anno e, sotto la forte leadership di Putin, la Russia ha compiuto buoni progressi nello sviluppo e nel ringiovanimento del Paese. Xi Jinping si è detto fiducioso che il popolo russo continuerà a dare un fermo sostegno a Putin» (Quotidiano del Popolo Online). Diciamo che si tratta di una fiducia più interessata che fondata.

Per quanto riguarda la cosiddetta “iniziativa di pace” cinese, il suo fallimento può sempre essere attribuito dai carissimi amici di Mosca e Pechino alla «mentalità da guerra fredda» degli occidentali.

UN ANNO DOPO

L’ASSE DEL MALE È SEMPRE PIÙ FORTE E MINACCIOSO

LA DIMENSIONE MONDIALE DEL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO

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Un pensiero su “L’ATTIVISMO POLITICO SENZA PRECEDENTI DEL CELESTE IMPERIALISMO

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