Sorde implacabili sirene
davano il triste annuncio,
mentre il tramonto inondava
i viali deserti di oscuri presagi.
Giochi di potere sulla nostra pelle,
su quegli uomini armati di romantici ideali.
Qualunque sia il compenso
non restituirà mai il giusto.
Carmen Consoli, Eco di Sirene.
«Da anni in Italia la questione vaccinale è diventata terreno di uno scontro ideologico e non scientifico»: così scriveva qualche giorno fa Franco Bechis in un interessante articolo pubblicato dal Tempo, e la cui lettura consiglio a chi vuol farsi un’idea sulle cosiddette “reazioni avverse”, o, meglio, su come esse vengono valutate e gestite nei diversi Paesi europei, e in particolate in Italia e in Gran Bretagna, presi da Bechis come esempi di due opposti modelli sociali. Da buon “liberista” Bechis preferisce di gran lunga il modello britannico, perché «le informazioni veritiere e la assoluta trasparenza pagano sempre: i cittadini nel Regno Unito non si sentono trattati come avviene qui come un popolo di ignoranti e scemi a cui non si può dire nulla, e hanno più fiducia nelle autorità. In Italia invece non c’è un solo dato sulle reazioni avverse messo a disposizione della opinione pubblica, e probabilmente nemmeno delle autorità visto che nessuno li raccoglie». C’è chi preferisce il modello (capitalistico) cinese, chi preferisce quello statunitense, oppure tedesco, cubano, russo, francese ecc.: ce n’è per tutti gusti. E d’altra parte, chi sono io per giudicare i gusti degli altri? I tempi consigliano umiltà. E tanto servilismo: più che di “immunità di gregge” si dovrebbe infatti parlare di immunità del gregge.
Era inevitabile insomma che anche sulla profilassi vaccinale contro il Covid-19 si creassero in Italia (ma anche in altri Paesi europei, a dire il vero) due opposti partiti che ostentano una certezza e un piglio combattivo degni di miglior causa: «È meglio vaccinarsi, e chi non la pensa così è uno stupido!»/«È meglio non vaccinarsi, e chi non la pensa così è uno stupido!». Dove sta la ragione? E, ancora, di che ragione si tratta?
I “negazionisti” (sulla pericolosità del Coronavirus, sulla necessità della profilassi vaccinale e su molto altro) e i loro nemici, gli “antinegazionisti”, sono essenzialmente due opposte ma complementari tifoserie, due facce della stessa medaglia: è questa l’idea che ho maturato sulla faccenda che ci assilla ormai da un anno. Entrambe le “fazioni” mostrano, a mio avviso, una totale incomprensione circa la natura di questa società dominata dai rapporti sociali capitalistici, e in questo senso esse non sono che due modi diversi di manifestarsi del “disagio sociale”, dell’irrazionalità che imperversa dappertutto, dell’angoscia individuale e collettiva, dell’impotenza, del risentimento sociale e così via, elencando quanto di pessimo riusciamo a concepire – e a praticare, chi più, chi meno.
È la guerra di tutti contro tutti, ha scritto qualcuno; è la guerra che il Capitale muove a tutti gli individui, a cominciare ovviamente da chi per vivere è costretto a vendere sul mercato del lavoro capacità fisiche e intellettuali. In questa guerra permanente, che oppone i ricchi ai poveri, gli occupati ai disoccupati, i dipendenti pubblici a quelli “privati”, le donne agli uomini, i vecchi ai giovani, i bianchi ai neri, i meridionali ai settentrionali, ecc., il solo vincente è, inutile dirlo, il Capitale, il Moloch che ci centrifuga e che ci getta nella pattumiera quando non siamo in grado né di produrre “beni e servizi” né di spendere per acquistarli.
Quello che sta accadendo in questi giorni a proposito della rognosissima questione vaccinale dimostra plasticamente tutta l’irrazionalità, l’illibertà e la disumanità di questa società, la quale, contro ogni evidenza, non perde occasione per proclamarsi la più razionale, libera e umana organizzazione sociale mai apparsa sulla scena storica. Le vittime (103.000) che oggi lo Stato Italiano commemora a Bergamo, e quelle che si contano in tutto il mondo (2,6 milioni), vanno messe per intero sul conto di questa Società-Mondo, la quale ha creato fin nei dettagli la pandemia che continua a tormentarci.
Scrive Žižek polemizzando con Agamben e i negacomplottisti di “destra” e di “sinistra”: «Sia la destra alternativa sia la sinistra fasulla rifiutano di accettare appieno la realtà dell’epidemia, ed entrambe la mitigano in un esercizio di riduzionismo socio-costruttivista, ovvero, denunciandola in nome del suo significato sociale» (1). Per quanto mi riguarda, ricondurre l’epidemia al suo «significato sociale» non significa affatto depotenziarne in qualche modo la carica maligna, tutt’altro! Significa piuttosto riconoscere che il virus che mette a repentaglio la nostra salute e la nostra stessa vita ci è stato sparato contro, per così dire, non dalla natura, che così si vendicherebbe del tanto male che le arrechiamo con le nostre attività (capitalistiche), o da qualche “potere forte” più o meno occulto per ottenere un vantaggio di qualche tipo (e qui basta lasciar correre liberamente la nostra più fervida fantasia), ma appunto dalla vigente società, dal suo “oggettivo” modo di essere, dai suoi “oggettivi” meccanismi interni. Altro che mitigare la realtà dell’epidemia attraverso il riconoscimento della sua natura essenzialmente sociale!
«Evitare di stringere la mano e isolarsi quando è necessario è la forma che oggi assume la solidarietà»; e la miseria sociale, mi permetto di aggiungere per dispiacere chi vuole vedere sempre il lato pieno del bicchiere. «Monitorare e punire? Sì, grazie!»: e qui viene fuori tutta la “radicalità di pensiero” di Žižek – e questo anche a proposito di «sinistra fasulla», oltre che autoritaria. La verità è che questa società prima ci dà mazzate (metaforiche e reali) sulla testa, e poi, bontà sua, ci offre i rimedi (farmacologici, psicologici, ideologici e quant’altro) per lenire il dolore e curare le ferite, così che i suoi sudditi possano intonare le lodi al Progresso sociale e scientifico. È la perfida quanto efficacissima dialettica del dominio capitalistico che ci tiene sempre più fortemente inchiodati alla croce di questa disumana dimensione esistenziale.
Quanto al «nuovo comunismo che ci può liberare» proposto dall’intellettuale sloveno, ebbene esso suscita in me la stessa simpatia che mi suscita il capitalismo – comunque declinato: privato, di Stato, benecomunista, liberista, protezionista, dal “volto umano”, dal “volto disumano” e così via.
Il concetto di totalitarismo dei rapporti sociali capitalistici spiega “a cascata” (e “dialetticamente”) tutti i concetti correlati alla prassi del dominio politico e del controllo sociale. Criticare «lo stato di eccezione come paradigma normale di governo» (Agamben), senza mettere in questione la società capitalistica in quanto tale, al di là degli assetti politico-istituzionale contingenti che ci governano, e anzi perorare la causa di un «ritorno alla Costituzione» (capitalistica), significa non aver afferrato concettualmente la radicalità del Male che ci espone, impotenti, a ogni genere di offesa, con ciò che ne segue anche in termini di stato d’angoscia permanete. È questa complessa, contraddittoria e conflittuale realtà che “complotta” contro l’umanità in generale, e contro le classi subalterne in particolare. Sulla natura essenzialmente sociale – tanto nella sua genesi quanto nelle sue conseguenze – di questa pandemia rimando al PDF Il Virus e la nudità del Dominio.
L’eco tagliente di sirene sulle ferite aperte.
Aspettavamo impotenti gli attacchi nemici,
e forse per l’ultima volta.
Giochi di potere sulla nostra pelle.
La massa degli individui non controlla nulla che sia decisivo ai fini della vita individuale e collettiva: siamo completamente in balìa degli eventi, appesi a decisioni di natura economica, politica e geopolitica che riguardano la nostra vita e su cui tuttavia non esercitiamo alcuna influenza: sulle questioni veramente importanti non c’è dato di toccare palla, per usare una metafora calcistica. Rischiare di ammalarsi e magari crepare per non aver fatto il vaccino, oppure accettare il rischio di ammalarsi e lasciarci le penne arrendendosi alla profilattica inoculazione? Che bella scelta ci si para dinanzi! Pare che la statistica parli a favore della vaccinazione: in Gran Bretagna il rischio di morire a causa di “reazioni avverse” è stimato intorno allo 0,00236% dei vaccinati. «Chi il mattino esce per andare a fare la sua dose in un centro di vaccinazione sa già che quella fiala può essere letale più o meno per uno solo ogni 50 mila vaccinati: il rischio c’è, ma non sembra altissimo». Giriamo dunque la Ruota della Fortuna (che per molti ha le sembianze di una incombente roulette russa ), e speriamo di non appartenere allo 0,002% della popolazione “meno fortunata”, diciamo così. Che se ne abbia o meno la consapevolezza, tutti i giorni, ovunque ci troviamo (anche a casa!), ci confrontiamo con questo tipo di realtà.
Accade però che, date certe circostanze, il panico che in situazioni “normali” colpisce solo pochi individui può trasformarsi in un fenomeno di massa: è un po’ quello che sta accadendo in questi giorni a proposito delle supposte “reazioni avverse” causate dalla vaccinazione. Hai voglia di spiegare alla gente che il rischio correlato alla vaccinazione è assolutamente accettabile. Come diceva Sigmund Freud, «le argomentazioni logiche non possono niente contro gli interessi affettivi, ed è per questo che, nel mondo degli interessi, la lotta a base di ragionamenti è tanto sterile» (2). Di qui, le fortune politiche di populisti e demagoghi d’ogni risma e colore, e il pietoso insuccesso di chi porta argomenti razionali a difesa dello status quo sociale – perché alla fine di questo si tratta, per gli uni e per gli altri. L’ottusità dell’illuminista che pretende di rassicurare la gente impaurita sfornando cifre a supporto della ragione scientifica e del “bene comune”, può rivelarsi non meno implacabile e violenta della propaganda politica dei populisti e dei demagoghi. Le strade che portano l’umanità all’infelicità sono lastricate di eccellenti propositi – architettati da chi intende “fare del bene” senza avere la minima idea di ciò che è il Male.
Un consiglio politicamente/eticamente scorretto: se volete continuare a usare i farmaci sfornati dalla famigerata Big Pharma, non leggete la rubrica degli effetti collaterali riportata dai bugiardini. Abbiate fede nella scienza medica e continuate a far girare la Ruota! Qualche giorno fa l’ho fatto anch’io, usando un collirio con proprietà antibiotiche: per mia fortuna male non mi ha fatto, ed è già una buona notizia – ultimamente le mie pretese si sono alquanto ridimensionate, e anche questo è forse un segno dei pessimi tempi. Quale alternativa ha dinanzi chi non vuole beccarsi il maledettissimo virus e non vuole essere messo ai margini della società quando l’obbligo vaccinale si affermerà di fatto (e forse poi anche di Diritto)? Questa società ci mette continuamente di fronte a scelte che tali in effetti non sono, e che difatti spesso chiamiamo “scelte obbligate”: sei “libero” di non lavorare, certo, ma se non lavori non mangi; sei libero di rifiutare la forma-merce e di consumare solo valori d’uso, ma se lo fai… Ma lo puoi fare nella società che ha nella forma-merce e nella forma-denaro i suoi “paradigmi” più caratteristici?
Non c’è dubbio: dobbiamo continuamente accettare dei “compromessi” tra quello che vorremmo essere e fare, e ciò che la società ci impone di essere e di fare. E, infatti, non si tratta di “compromessi”, ma di costrizioni, di obblighi. La libertà di scelta ci è preclusa in radice: in questa società essa è una menzogna, un concetto puramente ideologico. Come venire fuori da questo circolo vizioso esistenziale che tormenta le persone umanamente più sensibili?
Scrivevo su un post di qualche settimana fa: «Detto en passant, dal vaccino russo a quello americano; dal vaccino cubano a quello cinese e così via, sulla nostra pelle si sta giocando una schifosissima partita geopolitica». In realtà si tratta di una partita sistemica, giocata a tutto campo, che coinvolge ogni aspetto della nostra vita. Ci si indigna per il fatto che le multinazionali che producono il vaccino anti Covid-19 pensino solo al profitto e per il peso che esse hanno sulle scelte dei governi: come spesso accade, anche in questo caso l’indignazione esprime una grave incomprensione circa la natura e la dinamica della società che non a caso definiamo capitalistica. È sempre doloroso toccare con mano la stringente verità di certi concetti.
Scrive Stefano Valentini: «Garantire la salvezza ai più, assicurando alle case farmaceutiche produttrici i profitti della corsa al vaccino contro il Covid-19. È la “Mission impossible” della politica Ue di fronte a una catastrofe sanitaria che ha già seminato oltre 2 milioni e mezzo di vittime. I dirigenti europei sanno che la priorità è proteggere la vita, quella dei potenziali infetti e di coloro che perdono i mezzi di sussistenza a causa del blocco delle attività commerciali per contenere i contagi. Ma, contemporaneamente, non osano [ah, pavidi decisori politici!] sacrificare le logiche del profitto su cui si fonda il nostro modello di sviluppo [si chiama capitalismo, semplicemente]. Da una parte, promuovono l’immunizzazione di massa; dall’altra corrono il rischio che l’industria la rallenti, lasciando la produzione nelle sue mani, anziché democratizzarla» (VoxEurop). È il capitalismo, signor europeista, e tu non puoi farci niente di niente! Sulla democratizzazione della produzione capitalistica conviene poi stendere un velo pietosissimo. Il problema, per chi scrive, è che anche le classi subalterne ragionano allo stesso modo, lasciandosi così ingannare da chi intende “fare del bene”.
Insomma, per come la vedo io il vero problema su cui dovremmo riflettere con serietà, con radicalità di pensiero (e poi magari anche di azione) e senza illusioni di alcun genere non ruota intorno all’amletica domanda: Vaccinarsi o non vaccinarsi?, ma su come venir fuori, e con una certa urgenza, da una società che ci espone continuamente a ogni sorta di rischio, di pericolo, di incertezza. Che le cose in futuro andranno peggio è nell’ordine capitalistico delle cose, e già la semplice continuità di questa società rappresenta ai miei occhi il peggio che ci possa capitare. Personalmente faccio molta fatica a invidiare (in senso buono) i giovani, peraltro spesso accusati da una parte della stessa “opinione pubblica” di essere degli untori (che miserabile sciocchezza!); mentre soffro (lo giuro!) vedendo i bambini e i loro genitori costretti a sospettare di tutto e di tutti, a non poter permettersi nemmeno “il lusso” di una spensierata passeggiata. «Dilaga il disagio psichico tra grandi e piccini. Non sono mai stati venduti tanti psicofarmaci come nell’ultimo anno»: ma va?
«La pandemia ha determinato il crollo del ceto medio, dal 40 per cento pre Covid al 27% di oggi. E la tensione sociale cova, a livelli estremamente pericolosi. Lo rivela il Rapporto Ipsos-Flair. Lo smottamento del ceto medio, passato da quasi il 40% del pre-pandemia al 27% di oggi; la crescita della tensione sociale, che cova sotto la cenere ma che intanto è salita al 73% e potrebbe esplodere da un momento all’altro. La paura (28%) e l’attesa (33%) sono i due sentimenti dominanti del momento, seguiti da altre due pulsioni negative come delusione (24%) e tristezza (22%); la rabbia ribolle nel 13% delle persone, mentre serenità, dinamismo e passione animano, ciascuna, il 5% dell’opinione pubblica» (Formiche.net). Ho sempre invidiato la precisazione statistica della moderna sociologia. Scherzo. E soprattutto mi si dica qualcosa che ancora non so! «La pandemia ha determinato il crollo del ceto medio»: ma va? E vogliamo parlare del crollo del ceto basso?
Giochi di potere sulla nostra pelle,
sulle infanzie sciupate,
violentate irrimediabilmente.
Chi pagherà per questo,
chi ne porterà il segno?
Saranno in pochi a riscattarsi dalla povertà,
a rallegrarsi della gloria per quanto infinita.
«In effetti, rendere la vita sopportabile è il primo dovere dell’essere vivente. […] Si vis vitam, para mortem: se vuoi la vita, impara ad accettare la morte» (3): così scriveva nel 1915 Freud, il quale invitava l’umanità ad abbandonare l’illusione di poter vivere in un mondo fatto di pace («dato che le guerre sono pressappoco inevitabili») e di gioia e ad accettare invece di vivere, più realisticamente e al meglio delle sue possibilità e capacità, in una società decisamente e inevitabilmente “imperfetta”. L’imperfezione del resto è una qualità umanissima! Freud scriveva quei passi in piena guerra mondiale, riflettendo appunto «sulla guerra e sulla morte». Per come la vedo io, «il primo dovere dell’essere vivente» è quello di rendere umana, non semplicemente «sopportabile» (un concetto del resto estremamente “elastico” ed ambiguo), la propria vita, cosa che umanizzerebbe anche il suo rapporto con le malattie e con la morte. Non si tratta di volere un’umanità perfetta, una vita a “rischio zero” e simili infantili sciocchezze che i cosiddetti realisti mettono nella bocca degli “utopisti” per screditarne le idee e per giustificare la propria pochezza esistenziale; si tratta, più semplicemente (si fa per dire!) e radicalmente, di volere un’umanità, ossia una vita autenticamente umana. Ma eccoci ancora qui a far girare la Ruota della Fortuna: auguri!
«Lì dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva», recita un verso di Friedrich Hölderlin ; ma per vedere ciò che salva dobbiamo conquistare nuovi occhi.
Saremo pronti a celebrare la vittoria,
e brinderemo lietamente sulle nostre rovine.
Sconfitti e vincenti, ricostruiremo.
Sconfitti e vincenti, sconfitti e vincenti,
ricostruiremo. Sconfitti e vincenti».
(1) S. Žižek, Virus. Catastrofe e solidarietà, p. 43, Ponte delle grazie, 2020.
(2) S. Freud, Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, in Psicoanalisi della società moderna, p. 59, newton1991. «Negli ultimi giorni, sui social ma non solo, è facile imbattersi in posizioni estreme: accanto ai soliti anatemi no-vax, è comparsa una nuova forma di irragionevolezza, quella di chi si dichiara così esasperato dalla situazione e così ciecamente fiducioso “nella scienza” da supplicare che gli venga iniettata qualsiasi cosa, russa cinese cubana non importa, approvata dagli enti regolatori o meno. Non voglio mettere i due estremismi sullo stesso piano (sebbene si tratti di posizioni dal simile stampo fideistico). Ma è doveroso chiedersi se il fanatismo vaccinale sia davvero la strategia più conveniente per tutti in questo momento. […] Si tende a liquidare i no-vax come ignoranti, oscurantisti, antiscientifici, ma la trasversalità culturale del pensiero no-vax nega questa stigmatizzazione. Che i soggetti interessati ne siano consapevoli o meno, le radici dell’avversione ai vaccini hanno più legami con una visione politica che con una cognitiva. Rifiutare i vaccini, benché mascherata da argomentazioni pseudoscientifiche, è spesso una manifestazione di rifiuto del sistema, rifiuto di un certo tipo di ordine costituito vissuto come schiacciante e illegittimo. Il corpo viene interpretato come l’ultimo baluardo che quel sistema non avrà la possibilità di violare, su cui non eserciterà alcuna forma di controllo. Su convinzioni a priori di questa natura non è facile incidere, forse è impossibile, se non con gli obblighi stringenti ed esercitando, quindi, una porzione di quella stessa violenza di cui il sistema viene accusato» (P. Giordano, Il Corriere della Sera, 17/12/2021). Su questa interessante riflessione cercherò di ritornare un’altra volta.
(3) S. Freud, Considerazioni, p. 71.
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