Per Il Manifesto «torna la vecchia lotta di classe»: per Zeus, non me ne ero mica accorto! Mi son distratto un attimo… Ringrazio quindi i compagni del “Quotidiano comunista” della preziosa informazione. E tuttavia… Insomma, i dubbi si fanno presto strada. «Lotta di classe»: sarà vero? In che senso, poi, «lotta di classe?». Come al solito, il pessimismo e il sospetto mi fregano. Ma vediamo meglio la cosa.
Leggiamo: «La lettera “io rinuncio al mio credito greco”, è una piccola-grande risposta all’agguato di Ue e Fmi contro il governo di Syriza guidato da Tsipras. È il momento più difficile per il nuovo esecutivo di Atene, democraticamente eletto solo 5 mesi fa dopo il disastro della destra e della Trojka che ha portato alla crisi umanitaria. Ora Tsipras ha presentato un piano contro l’asfissia finanziaria. Ma l’Ue, con rapido voltafaccia, dice ancora no: chiede il taglio delle pensioni e meno tasse alle imprese. Insomma, torna la «vecchia» lotta di classe. Il manifesto sostiene l’iniziativa “io rinuncio al mio credito” e invita tutti i lettori a sottoscrivere la lettera, a riprodurla e a moltiplicarla. Diciamo forte e chiaro: Atene non è sola». Non c’è dubbio. Ma non contate sul mio appoggio!
Infatti, a mio modesto avviso non stiamo assistendo alla vecchia «lotta di classe», né a una sua variante moderna o post-moderna: niente di tutto questo. Si tratta piuttosto di una lotta intercapitalistica che ha molto a che fare anche con i rapporti di forza geopolitici inter-europei e mondiali. Spacciare per “lotta di classe” lo scontro interborghese (o intercapitalistico, oppure interimperialistico: chiamatelo come più vi aggrada, come suona meglio all’orecchio 2.0) è un classico del pensiero “comunista” da Stalin in poi. Sì, ho detto Stalin: il nonno dei vetero/neo/post “comunisti” ancora attivi in Occidente. E in Italia – come in Grecia – di “comunisti” ce ne sono ancora tanti in circolazione, come sa d’altra parte bene lo stesso Tsipras, alle prese con la Piattaforma sinistrorsa che monta la guardia a difesa delle mitologiche (dopo tutto siamo in Grecia!) Linee Rosse. Syriza, da movimento social-populista qual è, ha forse fatto al “popolo greco” promesse irrealistiche (anche in questo in perfetta continuità con il vecchio personale politico greco, il quale com’è noto ha usato anche la spesa pubblica e l’evasione fiscale come strumento di consenso elettorale/sociale)? È quello che pensano in tanti. Scrive Claudio Cerasa sul Foglio di oggi: «Fare gli anticapitalisti con i soldi degli altri funziona quando prometti, quando sei al comando del paese è un’altra storia. Funziona così. E anche Tsipras deve essersene accorto quando ha capito che – kalos kai Dragatos – l’unico modo per salvare il suo paese era proprio quello: stringere la mano all’Europa e agli orrendi capitalisti nemici del popolo». Com’è noto, per i “destri liberisti” basta un niente, un’Enciclica papale ad esempio, per parlare di “anticapitalismo”; però la battuta non è male.
Cito dalla Lettera di sostegno al governo borghese di Atene (alle prese non con la cattiveria del mondo, ma con le magagne di un Capitalismo, quello greco, praticamente da sempre obsoleto e parassitario, nonché con gli interessi capitalisticamente legittimi di chi a) presta i soldi, b) vuole intascare profitti e c) intende rafforzare ed espandere la propria egemonia sistemica, come la Germania: è il Capitalismo, Varoufakis!): «L’Europa senza la Grecia sarebbe come un adulto privato della sua infanzia. Cioè della sua memoria e delle sue parole». Che infantilismo d’accatto! Lo so, sono duro, ma come diceva il mio filosofo di riferimento «ogni limite ha una pazienza», o qualcosa del genere. Ma ci siamo capiti! C’è in corso una guerra sistemica intercapitalistica giocata sulla pelle del proletariato e della piccola borghesia declassata, e certi “comunisti” mi invitano a versare lacrime sulla Civiltà Occidentale: ma andate a quel Paese! Quale? Il solito!
Per quel che conta la mia opinione (e qui stendiamo il solito velo!), desidero comunicare ai creditori politicamente corretti del Paese che personalmente non rinuncio né al mio credito (avercelo, in tutti i sensi!*) né, tanto meno, al mio “istinto di classe”, il quale mi suggerisce in modo inequivoco di non piegarmi a nessuno degli attori che oggi si scontrano sulla scena internazionale; di non abboccare né all’amo della “destra” (rigorista o populista, europeista o sovranista, liberale o statalista) né a quello della “sinistra” (rigorista o populista, europeista o sovranista, liberale o statalista: magari sotto la forma particolarmente rognosa e chimerica del benecomunismo); di rifiutare di “scegliere” l’albero a cui impiccarmi.
La «lotta di classe» a cui ci invita Il Manifesto è la lotta che il Capitale fa ogni santo giorno agli individui in generale e ai nullatenenti in particolare. Spedire al mittente come velenosa robaccia ultrareazionaria la “solidarietà di classe” immaginata dal “Quotidiano comunista” (sic!) è, a mio giudizio, il minimo sindacale richiesto agli anticapitalisti di tutto il mondo da un pensiero autenticamente radicale. A ogni buon conto, io la penso così.
Non è necessario bere il vino di Marx per capire la natura ideologica (falsa) della democrazia (borghese) in generale e della democrazia (borghese) ai tempi del dominio totalitario e mondiale dei rapporti sociali capitalistici. Né bisogna essere particolarmente “marxisti” per comprendere che solo un’autentica lotta di classe può spezzare il legame politico, ideologico e psicologico che oggi (come da troppo tempo, ormai) incatena i nullatenenti al sempre più disumano carro del Dominio – comunque “declinato”: democrazia, fascismo, liberismo, “socialismo” (leggi: statalismo), ecc., ecc. Insomma: io no sto né con Tsipras, né con la Merkel, né con gli europeisti né con la Troika, né con gli Stati Uniti né con la Russia, né con l’Italia né con la Cina – a proposito: alcuni sovranisti particolarmente intelligenti e furbi pensano che l’egemonia economica e politica russa o cinese sulla Grecia o su qualche altro Paese del Meridione europeo sia preferibile e auspicabile: a queste cime dialettiche io non arriverò mai! E difatti sconto una certa solitudine politica, diciamo. Ma se la “dialettica” è questa…
Una piccola precisazione: quei “né” vanno letti come dei “contro”. Per adesso sul sempre più scottante “caso greco” è tutto.
* «Il credito è il giudizio dell’economia sulla moralità di un uomo. […] Entro il rapporto, non è il denaro che viene superato nell’uomo, ma è l’uomo stesso che viene trasformato in denaro, ossia il denaro si è personificato nell’uomo. La persona umana, la morale umana è diventata essa stessa articolo di commercio, un materiale per l’esistenza del denaro» (K. Marx, Scritti inediti di economia politica, p. 12, Editori Riuniti). D’altra parte, «il denaro è solo un rapporto sociale oggettivato» (ibidem, p. 89). Una qualità assai misteriosa che i feticisti d’ogni genere (compresi Papa e papisti proudhoniani) non riusciranno mai a capire.
Aggiunta da Facebook, 27 giugno 2015
YANIS VAROUFAKIS E LA CORDA DEMOCRATICA
La grande “scelta”: corda di destra, di centro o di sinistra?
Ultim’ora Huffington Post: «”Noi agiamo a nome dei greci. Se i greci ci diranno di firmare firmeremo, qualunque cosa questo richieda”. Lo ha affermato il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis, in merito al referendum che si terrà sull’ultima proposta di aiuti dell’UE».