Tre brevi esempi di statalismo conclamato per chiudere in bellezza – si fa per dire – l’anno dello Spread.
Matematica impotenza
Ieri mattina (ore 6) ho visto la simpatica faccia del famoso matematico italiano Piergiorgio Odifreddi comparire al TG3 dopo l’intervento di Enrico Cisnetto. Della seria: sentiamo le due campane (liberale e progressista) su come venire fuori dalla crisi. La campana statalista ha prima stigmatizzato Obama e la BCE, rei di aver salvato il Sistema Finanziario a suon di trilioni di dollari e di euro; e poi ha concluso con un capolavoro concettuale di matematica limpidezza, questo: «Le banche private non vanno salvate col denaro pubblico, ma nazionalizzate. Lo Stato in fondo esiste per difendere i deboli». Ho sempre pensato che la comprensione del meccanismo sociale non sia un fatto di intelligenza o, men che meno, di scienza, ma piuttosto di coscienza («di classe»). Si può benissimo essere geni della matematica o della fisica, persino capaci di dare scacco macco a Dio attraverso formule ed esperimenti, e tuttavia rimanere, sul piano dell’interpretazione della prassi sociale, degli emeriti indigenti, bambini che ancora credono alle favole raccontate dai grandi. «C’era una volta il Leviatano. Non era un mostro, come lo stolto pensava, ma una dolce creatura che difendeva i più deboli». La società è una questione troppo seria per lasciarne l’interpretazione e la trasformazione agli scienziati. Prima i «più deboli» lo capiranno, e prima essi avranno la possibilità di aprire gli occhi sul mondo.
“Comunisti” parastatali
Il giornale “Comunista” Liberazione rischia la chiusura, sia perché vende pochissime copie, sia perché il Governo ha dato un taglio alle sovvenzioni della stampa e dell’editoria. Ci sono anche magagne interne al suo editore di riferimento (Rifondazione Statalista), ma su questo sorvolo. Naturalmente la mia solidarietà ai lavoratori di Liberazione è, come si dice in questi casi, incondizionata. Non voglio sollevare una questione sindacale, né un problema immediatamente politico, quanto piuttosto porre in rilievo la seguente “problematica” filosofica: quanto grande può essere l’abisso che separa la Cosa dal suo Nome? Infatti, come può un Soggetto Comunista appellarsi allo Stato Capitalista affinché dal Pubblico Tesoro gli arrivino i vitali capitali? Non può, è ovvio. È una domanda puramente retorica che mi ha fatto venire in mente le parole di Winston: «Se egli crede davvero di sollevarsi dal pavimento, e io, nello stesso tempo, credo di vedere che lo fa, allora la cosa succede» (G. Orwell, 1984). Poste alcune ideologiche condizioni, 2 + 2 può dare 5. Gli stalinisti ne sanno qualcosa!
Statalismo di fine stagione
Leggo sul Manifesto di oggi: «Licenziamento collettivo per le 240 lavoratrici della Omsa, storico marchio italiano delle calze, malgrado gli accordi per riconvertire la produzione ed evitare la delocalizzazione. Vittime, più che della crisi, della sete di ulteriori profitti». I “comunisti” del Manifesto rimproverano a Mario Monti di non essersi posto il problema di come mettere al riparo dalla crisi e dalla sete snodata di profitti l’economia e la cultura industriale del Paese. Anche qui il Leviatano è presentato all’opinione pubblica nazionale alla stregua del cane da guardia degli interessi dei più deboli. Anche qui s’invita a credere che 2 + 2 = 5. Occhio alle gambe, gente: il Cane morde! E ingoia pure le calze…