Una cosa sensata a proposito della guerra in Siria il blog socialsovranista Aurora l’ha finalmente esternata: «L’orientamento di classe di un’organizzazione, trova sempre la sua massima espressione nella sua politica internazionale» (La guerra per procura della Cia in Siria e la “sinistra” pro-imperialista). Non c’è il minimo dubbio: sottoscrivo a occhi chiusi questa tesi. Ed è proprio sulla scorta di questa tesi che in diversi post mi sono permesso di giudicare ultrareazionaria fino al parossismo la posizione “antimperialista” di chi sostiene il regime (altrimenti chiamato «popolo») siriano.
A proposito di «popolo», un concetto schiettamente borghese sotto ogni rispetto: storico, politico, filosofico, ecco cosa scrivevano i comunisti, quelli veri, nel 1920, mentre con un entusiasmo senza pari che presto andrà deluso seguivano gli eventi rivoluzionari in Germania, in Italia e in Polonia: «Il partito comunista mette in primo piano la netta separazione degli interessi delle classi oppresse, dei lavoratori, degli sfruttati, dal concetto generale dei cosiddetti interessi del popolo, che significano gli interessi della classe dominante» (Tesi sulla questione nazionale e coloniale approvate al II Congresso dell’Internazionale Comunista). E, si badi bene, quei comunisti scrivevano questa tesi che rappresenta il minimo sindacale per ogni militante “internazionalista” che si rispetti in un momento in cui il processo storico assegnava alla borghesia dei paesi sottoposti allo sfruttamento coloniale diretto e indiretto da parte delle potenze imperialistiche un ruolo fortemente rivoluzionario, beninteso sul terreno dello sviluppo capitalistico. Basta ricordare la Cina, l’India, il Medio Oriente e via di seguito. Eppure, anche in quel momento «il partito comunista» avvertiva i suoi militanti a non sacrificare l’autonomia di classe del proletariato sull’altare degli interessi nazionali, quant’anche «storicamente rivoluzionari», o quantomeno «progressivi».
Da allora il mondo ne ha fatta di strada, e adesso l’intera (dis)umanità cammina sotto un cielo interamente capitalistico. In nessun luogo del pianeta la borghesia svolge una funzione minimamente progressiva, e il concetto e la prassi di nazione hanno una natura reazionaria persino là dove (come in Palestina) ancora esiste, in forma sempre più residuale e incancrenita, una «questione nazionale». Beninteso, anch’io sostengo, peraltro senza alcun entusiasmo, la «causa palestinese», quella, detto di passata, strumentalizzata da decenni (dal 1948) dai paesi mediorientali in chiave di politica interna (controllo sociale delle masse) e internazionale (lotta per l’egemonia nella delicata regione); ma lo faccio in vista di un superamento da parte dei palestinesi del feticcio nazionalistico, e non certo perché attribuisca alla nazione palestinese chissà quale valenza “rivoluzionaria” o semplicemente “progressiva”. Nel XXI secolo il nazionalismo è un veleno per le classi subalterne persino anche dove rimane aperta una «questione nazionale».
In questo contesto storico e sociale tirare in ballo «il popolo» da parte di chi affetta pose antimperialistiche è semplicemente grottesco, tanto più quando è scoperto che essi appoggiano gli stati, eletti a campioni della lotta antimperialista, non certo le moltitudini, peraltro assoggettate al totale controllo della fazioni che si stanno disputando il potere nella calda regione mediorientale. Giustissimo denunciare il ruolo imperialistico, nella questione siriana, dell’imperialismo occidentale e dei suoi alleati regionali; ma questo prezioso lavoro cambia completamente di segno nel momento in cui si finisce per fare il tifo per le potenze, altrettanto imperialistiche, che vi si oppongono. Si dice: «la denuncia non basta, bisogna fare qualcosa di più concreto». Sostenere una della parti in conflitto? Bella concretezza, non c’è che dire! La verità è che ci troviamo a che fare con la fase senile e putrescente del Terzomondismo, ossia della vecchia ideologia, covata a Mosca e a Pechino, secondo la quale l’Occidente è il male assoluto, mentre il «socialismo reale» e i Paesi in via di sviluppo erano gli alleati del proletariato occidentale. Questa ideologia era reazionaria quando nacque, figuriamoci oggi. Eppure c’è gente che continua a masticare questa robaccia, che ha servito solo gli interessi di potenza dei paesi che aspiravano, del tutto legittimamente sul piano del processo storico, a un posto al sole nell’agone della contesa mondiale.
«Washington sta anche aiutando a distribuire armi e denaro donati dai suoi alleati di destra del Medio Oriente, Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Queste potenze non stanno conducendo una lotta per la democrazia, come parte della “primavera araba”, l’ondata di insurrezioni rivoluzionarie della classe operaia che ha rovesciato i dittatori filo-USA in Tunisia e in Egitto l’anno scorso, e terrorizzato Washington e i suoi alleati in Medio Oriente». Capito? Se la «primavera araba» indebolisce gli alleati regionali degli Stati Uniti trattasi di «insurrezioni rivoluzionarie della classe operaia» (veramente l’ideologia è una brutta bestia!), se invece essa indebolisce il fronte anti-USA viene retrocessa a complotto internazionale teso a cacciare gli eroi dell’antimperialismo. Pro-USA (e Israele, c’è bisogno di specificarlo?) ovvero anti-USA: ecco il criterio “antimperialistico” che informa la politica di questi “internazionalisti” senza se e senza ma. Ma! Valli a capire. Sulla cosiddetta «Primavera Araba» rimando ai miei post scritti sul tema.
Il silenzio del pacifismo internazionale (molto attivo quando a sparare sono gli Stati Uniti e Israele) e l’attivismo politico dei sostenitori del massacratore di Damasco la dicono assai lunga sull’attuale impotenza politica e sociale delle classi dominate, incapaci di trovare il filo di una iniziativa politica contrassegnata dall’autonomia di classe tanto sul fronte della guerra economica (svalutazione delle merci, a partire dalla forza-lavoro, distruzione di capitali, conquista di mercati e di fonti energetiche, spending review, politica lacrime e sangue, ecc.) quanto sul fronte delle crisi internazionali. Metto un punto, in attesa di venir denunciato dagli “antimperialisti” duri e puri come un servo sciocco delle «agenzie politiche dell’imperialismo».
Rimando a COSA CI DICE LA SIRIA