CHE FINE HA FATTO L’EQUIPAGGIO DELLA NAVE SEQUESTRATA DALL’IRAN?

Mentre Iran e Israele si dicono molto soddisfatti per come sta procedendo il confronto politico-militare che li vede protagonisti assoluti e che ha come posta in palio l’egemonia nell’aria mediorientale; mentre tutta l’attenzione della cosiddetta opinione pubblica internazionale è concentrata sulle prossime mosse di Israele (si accontenterà del successo difensivo ottenuto anche grazie all’alleanza politico-militare messa in piedi dal Grande Satana, oppure Tel Aviv approfitterà della ghiotta occasione per cercare di chiudere definitivamente i conti con l’Iran degli ayatollah?); e mentre le opposte tifoserie (filo-occidentali versus anti-occidentali) danno luogo in Italia alla solita escrementizia recita mediatica: ecco, mentre accade tutto questo pare che della sorte dei marittimi finiti l’altro ieri nelle grinfie dell’imperialismo iraniano non importi niente a nessuno. Ma forse mi sbaglio, ed è anche possibile che in queste ore la vicenda si sia risolta positivamente a mia insaputa.  

Naturalmente sto parlando dell’equipaggio della portacontainer Msc Aires (di proprietà di Zodiac Group, società con sede nel Regno Unito controllata dall’israeliano Eyal Ofer), composto a quanto pare da 25 lavoratori di diversa nazionalità – secondo Adrienne Watson, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, «l’equipaggio è composto da cittadini indiani, filippini, pakistani, russi ed estoni». La nave è stata sequestrata l’altro ieri dalle famigerate “Guardie della Rivoluzione” in acque internazionali mentre attraversava lo stretto di Hormuz, sempre come rappresaglia per l’attacco israeliano al consolato iraniano in Siria, avvenuto all’inizio di questo mese. Il ministro degli Esteri Tajani si è subito premurato di precisare che non ci sono italiani a bordo della nave, una precisazione che naturalmente non dice nulla a chi non è abituato a valutare (pesare) l’importanza delle persone in base alla loro nazionalità. Si dirà che si tratta di un episodio tutto sommato marginale, trascurabile nel contesto di un conflitto di così vasta portata geopolitica e che potrebbe saldarsi con quello russo-ucraino con gli effetti che tutti possono immaginare; personalmente non condivido questa lettura minimalista del caso qui posto all’attenzione, e comunque, e sempre per quel che vale, esprimo tutta la mia solidarietà ai marittimi rimasti vittime del conflitto imperialistico in corso in quell’area. Scrivendo questo intendo dire che non attribuisco la responsabilità dell’accaduto solo all’Iran.

Come si ricorderà, lo scorso 6 marzo tre marinai filippini furono uccisi, mentre altri sei rimasero feriti, in un attacco missilistico Houthi contro una nave portarinfuse vicino al porto meridionale di Aden, nello Yemen. Anche di quella vicenda si è parlato pochissimo, per non dire niente, tutti presi dalla paura di dover pagare un prezzo più caro per le merci che viaggiano via mare.

Leggo da qualche parte: «In Iran la mobilitazione contro il nemico esterno è, ancora una volta, l’occasione migliore per silenziare il dissenso interno». Non c’è dubbio. Ma questo vale, mutatis mutandis, anche per Israele, la cui società non è affatto unita per ciò che riguarda l’iniziativa stragista praticata ormai da mesi dal governo israeliano a Gaza. La politica estera non è che la continuazione della politica interna. Adesso, per concludere, una brevissima rassegna stampa dedicata all’Iran.  

«La Guida suprema Ali Khamenei l’aveva annunciato venerdì, durante la preghiera della fine di Ramadan. “Colpiremo il nemico esterno e il nemico interno”. Aveva detto proprio così il massimo esponente del clero sciita, chiamando alle armi pasdaran e ciechi sostenitori del regime sul duplice fronte, la rappresaglia contro Israele da una parte e dall’altra l’offensiva contro l’opposizione più pericolosa, quella delle donne che da quasi due anni, inossidabili alla violenza, sfidano a capo scoperto la polizia religiosa e l’intero impianto ideologico della Repubblica islamica. Svelandosi, le donne iraniane hanno messo a nudo il regime che ora può soltanto colpire, fuori, dentro, alla cieca» (La Stampa).

«Subito dopo l’attacco, i sindacati dei lavoratori hanno scritto un comunicato molto chiaro: “Con questo bombardamento, la Repubblica islamica ha iniziato una guerra che farà male a 90 milioni di persone, questo regime sta per compiere la sua ultima missione per distruggere una volta per tutte l’Iran”» (Il Corriere della Sera).

«A Teheran caroselli di fedelissimi in festa rendono omaggio ai generali e agli ayatollah. Dal Libano degli Hezbollah allo Yemen degli Houti, il cosiddetto asse della Resistenza plaude all’operazione “Vera promessa”: l’onta dell’attacco israeliano al consolato in Siria è lavata. In Parlamento gli ultraconservatori celebrano il “grande schiaffo” a Israele, ma in coda ai distributori di benzina c’è l’altro Iran, la maggioranza, terrorizzata dalla prospettiva di una guerra nella regione e oltre» (La Repubblica).

Un pensiero su “CHE FINE HA FATTO L’EQUIPAGGIO DELLA NAVE SEQUESTRATA DALL’IRAN?

  1. «L’Iran ha rilasciato i 25 membri dell’equipaggio della nave portacontainer ‘Ariel’ di Msc battente bandiera portoghese ma “collegata a Israele”, sequestrata il 13 aprile dai Guardiani della Rivoluzione nello Stretto di Hormuz. Lo afferma il ministero degli Esteri iraniano» (citato dal sito dell’agenzia Reuters).

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