Mentre l’esercito russo è impegnato in Ucraina in uno sforzo bellico di grandi proporzioni che sta spezzando migliaia di vite umana e che potrebbe assestare il colpo decisivo alla resistenza ucraina, Vladimir Putin vola in Cina e fa sapere al mondo che con il Presidente del Celeste Imperialismo lui è in costante contatto e discute «di tutte le questioni». Insomma, Xi Jinping ha informazioni di primissima mano sull’andamento della guerra in Ucraina, e il suo atteggiamento benevolo nei confronti della Russia non è certo dettato da mancanza di informazioni attendibili. Non pochi analisti ritengono anzi che sia Pechino a dettare la linea a Mosca, nel tentativo di creare divisioni nel Vecchio Continente e di separarlo dagli Stati Uniti, che rimane il nemico strategico principale della Cina. In ogni caso il Presidente cinese ha confermato le parole del suo omologo russo: «Nel corso degli anni, il Presidente Putin e io ci siamo incontrati più di 40 volte, mantenendo una stretta comunicazione» (Quotidiano del Popolo Online). Non nutrivamo dubbi a questo proposito.
Con la sua indiscussa capacità retorica, Xi ha elogiato la “resilienza” delle relazioni sino-russe, la loro capacità di reggere «alle tempeste e ai cambiamenti». Pare che i fatti gli diano ragione: «Nel 2023, l’interscambio economico ha raggiunto la cifra record di 240 miliardi di dollari, soprattutto grazie alle importazioni cinesi di beni energetici russi e alle esportazioni in Russia di macchinari, prodotti elettronici e industriali» (Limes). Come si vede la relazione economica tra i due Paesi è quella tipica che si stabilisce tra paesi capitalistici di diversa struttura economica, di diverso grado di sviluppo: la Russia fornisce alla Cina materie prime (e questo la metterebbe fra i paesi in via di sviluppo, come si diceva una volta), la Cina esporta in Russia capitali, merci e tecnologie, surclassando la capacità capitalistica di quest’ultima. Si tratta dello sviluppo ineguale del capitalismo di cui parlava Lenin nelle sue analisi dell’imperialismo come «fase recente» (allora!) del capitalismo. «Pechino ha confermato ancora una volta la sempre più asimmetrica partnership con Mosca. Gli equilibri tra le due grandi potenze sembrano infatti sbilanciati in favore della Repubblica Popolare» (Limes). Dall’epoca degli Zar, la struttura economico-sociale è sempre stata il tallone d’Achille dell’Impero/Imperialismo russo, anche nella sua versione “sovietica”.
Da parte sua il leader russo ha detto di apprezzare molto le iniziative che i cinesi stanno proponendo «per mettere fine al conflitto in Ucraina», ma naturalmente non svela il carattere di queste iniziative, in che consistono esattamente, al di là dei soliti fumosi riferimenti al piano in 12 punti presentato dalla diplomazia mandarina a febbraio del 2023, le proposte di “pace” elaborate da Pechino. In realtà entrambi i Paesi, legati ormai da una relazione strategica «senza limiti», ancorché tutt’altro che paritaria (come testimonia anche l’insistenza con cui Putin afferma l’esatto contrario: «Il partenariato tra la Russia e la Cina è un esempio di come dovrebbero funzionare le relazioni tra Paesi»: Xi sottoscrive subito!); entrambi i Paesi, dicevo, stanno cercando di creare sul terreno le condizioni a loro più propizie per intavolare trattative di “pace”. Prima bisogna conquistare una posizione contrattuale di forza, sulla pelle di russi e ucraini, e poi ci si può sedere comodamente al tavolo delle trattative: ognuno costruisce la “pace” che più gli aggrada, com’è arcinoto, per poi magari giustificarla sul piano politico chiamando in causa i soliti “valori irrinunciabili” che cianciano di giustizia, di libertà, di rispetto reciproco, di diritti umani e via andando con i soliti vecchi arnesi della retorica cari all’imperialismo e che ormai non commuovono più nessuno – esclusi i tifosi delle squadre che si contendono il successo.
Oggi qualche analista arriva a sostenere che gli Stati Uniti hanno di proposito rinviato gli aiuti militari all’Ucraina per costringere Zelensky ad accettare il fatto compiuto, cioè la definitiva amputazione di parte del territorio ucraino da parte della Russia, e rassegnarsi a firmare una “pace” non del tutto onorevole per il suo Paese. Questa ricostruzione appare un po’ troppo machiavellica, ma saranno le prossime settimane a dirci come stanno davvero le cose. Intanto l’ammiraglio Rob Bauer, presidente del Comitato militare della Nato, fa sapere che «Non è troppo tardi per l’Ucraina per prevalere. La libertà dell’Ucraina non può, non deve e non morirà» (Ansa). Una dichiarazione che di certo rincuorerà i sostenitori dell’imperialismo occidentale. Scrive Guido Santevecchi: «Il suo socio di maggioranza cinese non ha mai condannato l’aggressione all’Ucraina e ha lanciato un grosso salvagente all’economia russa sotto embargo, come prova il fatto che l’interscambio è più che raddoppiato nei due anni di guerra. Ma Xi non può e non vuole tagliare i ponti economici con Stati Uniti e Unione europea (l’export cinese verso gli Usa fa incassare all’industria cinese 427 miliardi di dollari l’anno, quello verso l’Ue 550 miliardi). Ecco perché la Cina deve giocare con grande cautela» (Il Corriere della Sera). Né d’altra parte bisogna dimenticare la questione taiwanese, sempre più arroventata, come sempre più tesi si fanno le relazioni economiche e diplomatiche tra il Dragone e le “Tigri asiatiche”: Giappone, Corea del Sud, Vietnam e Filippine (*). Fin qui Pechino ha mostrato di sapersi muovere con destrezza nel sempre più ingarbugliato e conflittuale scenario internazionale, come da ultimo ha dimostrato la visita europea del Presidente cinese; ma la situazione è appunto molto caotica e delicata, e il Celeste Imperialismo rischia di sbagliare qualche mossa se sottovaluta gli avversari, a cominciare dagli Stati Uniti, sempre più agguerriti su tutti i fronti del confronto con la Cina.
Per renderci più gradevole la giornata, il Presidente (o dittatore, oppure autocrate, “zar” o altro ancora: per chi scrive si tratta di sinonimi) della Federazione Russa ha dichiarato all’agenzia di stampa ufficiale cinese Xinhua che i russi non hanno «mai rifiutato di negoziare», e che anzi stanno «cercando una soluzione globale, sostenibile e giusta di questo conflitto attraverso mezzi pacifici[sic!]. Siamo aperti al dialogo sull’Ucraina, ma tali negoziati devono tenere conto degli interessi di tutti i Paesi coinvolti nel conflitto, compresi i nostri». Sotto testo: «soprattutto i nostri, e oltre a dirvelo con le parole ve lo diciamo anche e soprattutto con le armi». Beninteso, il fronte nemico, il cosiddetto Occidente collettivo, si comporta nei fatti allo stesso modo: forza contro forza, violenza contro violenza, imperialismo contro imperialismo. Chi ne fa le spese è la povera gente, la quale purtroppo non ha ancora capito che la Patria non è una casa ma una prigione, un luogo di oppressione, di violenze e di sfruttamento.
Secondo Putin e Xi Jinping le relazioni sino-russe non solo «non sono dirette contro nessuno», non solo non mirano a creare instabilità nel sistema internazionale, ma hanno viceversa la straordinaria ambizione di creare un mondo pacificato, stabile, retto da relazioni economiche e politiche fra i Paesi informate da cooperazione e reciprocità. «La Cina è pronta a lavorare con la Russia per sostenere l’equità e la giustizia nel mondo» (Xi Jinping). Tutto ciò è davvero commovente! Ora, mentre sorridiamo dinanzi a queste affermazioni dei Cari Leader, ricordiamo anche che non pochi tifosi occidentali dell’asse Mosca-Pechino vi credono, esibendo uno sprezzo del ridicolo davvero ineguagliabile.
Per sottolineare la distanza che separa la Russia dai Paesi europei, i quali imputano a Pechino una politica industriale e commerciale a dir poco “scorretta”, «Putin si è anche complimentato con Xi per la sua iniziativa Nuova via della seta, che mira a costruire strade, porti, centrali elettriche e altre infrastrutture che collegano la Cina ai suoi vicini e assorbono la produzione industriale cinese in un momento di calo della domanda interna» (Euronews Italiano). «Le case automobilistiche cinesi sono benvenute sul nostro mercato», ha voluto precisare il Presidente russo.
Si irrobustisce dunque la relazione strategica tra le due Potenze “revisioniste” del pianeta interessate a sciogliere le alleanze politico-militari (alla base del cosiddetto ordine internazionale liberale) create dagli Stati Uniti nel periodo della Guerra Fredda in Europa e in Asia. Con quali esiti è tutto da vedere, anche perché si tratta di una relazione tra Paesi che, a causa di storie e strutture economico-sociali fra loro molto diverse, non hanno lo stesso approccio con la competizione imperialistica globale/totale – economica, tecnoscientifica, geopolitica, ideologica.
(*) «Il 15 maggio, nelle acque adiacenti all’isola Huangyan, la Guardia costiera cinese ha svolto, in conformità con la legge, regolari attività volte alla tutela dei diritti e all’applicazione delle normative. Lo stesso giorno, navi filippine illegali, ignorando i ripetuti avvertimenti e dissuasioni da parte cinese, si sono nuovamente introdotte nelle acque sotto la giurisdizione della Cina. La Guardia costiera cinese ha dichiarato che le azioni filippine rappresentano una grave violazione della sovranità cinese, del diritto internazionale e delle norme fondamentali delle relazioni internazionali. Per questo, ha esortato la parte filippina a cessare immediatamente i loro atti di violazione. La Guardia costiera cinese, in base alla legge, continuerà a svolgere attività volte alla tutela dei diritti e all’applicazione della legge nelle acque sotto la propria giurisdizione, in modo da salvaguardare risolutamente la sovranità territoriale, i diritti e gli interessi marittimi nazionali» (Quotidiano del Popolo Online).