PAROLE, PAROLE, PAROLE, SOLTANTO PAROLE!

La carissima Nadia, riferendosi al mio pezzo disfattista sui referendum, e indovinando la mia passione per la grande Mina, mi ha fatto sapere che le mie sono solo «parole, parole, parole, soltanto parole, parole tra noi». E non offro nemmeno le caramelle, né le rose che il bellissimo Alberto almeno usava accompagnare alle sue calde parole! Colpito, ma non affondato. Tutt’altro: Nadia, hai perfettamente ragione!

Rispondo mutuando un’altra bella canzone: non hai mai sentito dire che la dialettica delle cose ama nascondersi? Ecco allora che bisogna evocarla, chiamarla, stanarla, illuminarla questa benedetta dialettica, la quale è bella ma oltremodo timida, a volte persino scontrosa. Di che parlo? Della solita cosa: dell’attualità del dominio e della possibilità dell’umanizzazione di tutto e di tutti. A Callicle che gli rimproverava di ripetere «sempre la stessa cosa», Socrate rispose: «Certo, Callicle, ma anche l’argomento è sempre lo stesso». Già, l’argomento è sempre lo stesso…

Fare delle parole che evocano il possibile contro il presente, un Programma Politico: è questa la sfida che intriga il mio pensiero. Questa è la rivoluzione possibile oggi. Per cose più «concrete» occorre bussare alla porta di chi amministra lo status quo: politicanti, sindacalisti, preti, scienziati, artisti, psicoanalisti e quant’altro ancora.

Sono allora indifferente nei riguardi delle «lotte concrete» (ad esempio quelle per il lavoro, il salario, la casa, il «diritto allo studio» ecc.)? Ma nemmeno per idea! Solo che le guardo da una prospettiva che si può ben definire negativa, la quale mi suggerisce di dire a chi lotta di andare oltre, di non accontentarsi della pietanza, la quale peraltro si fa sempre più precaria e scadente, ma di impossessarsi di tutta la cucina, semplicemente perché ne ha – ne avrebbe, diciamo meglio – la forza, o il Diritto, per usare il gergo borghese. «Vasto programma!» E mica dipende solo da me!!! Sono stato sufficientemente «concreto?» No, e a dire il vero non volevo nemmeno sembrarlo.

Veniamo brevemente a un’altra osservazione critica. L’amica Melina mi fa sapere che ho ragione su tutto, ma che «per sopravvivere in questo sistema si sceglie il “male minore”». E poi «la gente non ha coscienza», è in grado di capire solo «discorsi concreti». Ribadito che per i «discorsi concreti» il mercato delle idee e della politica è già saturo, e che non c’è che l’imbarazzo della scelta, io non offro un kit di sopravvivenza, ma mi limito, per un verso a esprimere la mia radicale ostilità nei confronti di questa società, e per altro verso a dare il mio piccolissimo contributo all’elaborazione di un pensiero veramente critico, il solo che concretamente può impensierire i Custodi dell’Ordine Sociale, di «destra», di «centro» o di «sinistra» che siano.

Per quanto riguarda il cosiddetto «male minore», si tratta di un’ideologia alleata della sopravvivenza, non della vita. Per questo il «male minore» è il peggiore dei mali. Nei confronti di questa ideologia ultrareazionaria non bisogna tuttavia avere un atteggiamento carico di etica indignazione; occorre piuttosto aggredirla criticamente, in profondità, per svelarne la maligna radice sociale. Difficile, molto difficile, ma non impossibile. E comunque è quello che mi sforzo di fare, traendone peraltro un certo benessere. Intellettuale, intendo…

Ringrazio comunque per le osservazioni critiche.

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