IL LEGITTIMO ODIO DI PUTIN NEI CONFRONTI DI LENIN

Nell’interessante editoriale del 7 luglio, Ernesto Galli della Loggia ripete quello che dallo scorso 24 febbraio è diventato un luogo comune: per capire Putin bastava leggere e prendere sul serio i suoi discorsi «circa i suoi sfrenati progetti nazional-imperialistici», cosa che però «nessuno di noi (o quasi) ha fatto», per pigrizia mentale o per un interesse di qualche tipo. Questo sempre a proposito delle “colpe dell’Occidente”, il quale si scopre incapace di far profitto delle dure lezioni che la storia gli impartisce sempre di nuovo: vedi il caso di Hitler, che con il suo famigerato libro del 1925 dichiarò «ai quattro venti e di far capire chi era e quello che intendeva combinare – senza che però in Occidente molti lo prendessero sul serio». La storia si è ripetuta, mutatis mutandis, con Putin, impegnato in un revisionismo storico centrato sulla seguente convinzione: «per far rinascere la nostra identità nazionale, la nostra coscienza nazionale, dobbiamo ristabilire i legami tra le diverse epoche di una sola storia, ininterrotta, millenaria». E per far tornare i conti di questa millenaria continuità storica, il macellaio di Mosca ha sentito nel tempo l’esigenza di riscrivere – in realtà di falsificare nel modo più volgare – la storia della Russia di Kiev, con l’obiettivo di negare all’Ucraina qualsiasi legittimità nazionale (l’Ucraina come entità politica autonoma sarebbe stata un’invenzione della «politica bolscevica delle nazionalità a spese della Russia storica»); e di espellere come un corpo estraneo dalla storia russa la Rivoluzione d’Ottobre, «opera a suo dire di un pugno di criminali privi di veri legami con il Paese e per giunta responsabili soprattutto di aver firmato nel ’18 la pace di Brest-Litovsk con la Germania guglielmina. Cosicché “il nostro Paese si è dichiarato sconfitto nei confronti di un Paese che lui stesso aveva perduto la guerra! – afferma indignato Putin –: un fatto unico nella storia dell’umanità! È stato il risultato del tradimento di coloro che allora governavano il Paese; immensi territori, interessi vitali del nostro Paese sono stati svenduti per soddisfare gli interessi di un gruppo che voleva solo rafforzare la propria posizione di potere”».

E qui mi sento di dar ragione al virile Presidente della Federazione Russa: la Rivoluzione d’Ottobre si pone in radicale discontinuità rispetto alla Russia imperiale e imperialista (dagli Zar a Putin, passando per Stalin e i suoi eredi). Quella rivoluzione fu, infatti, la punta più avanzata di un processo rivoluzionario, anticapitalista e antimperialista, di portata internazionale, e la pace di Brest-Litovsk, che Lenin di fatto impose alla stragrande maggioranza del suo stesso Partito, si spiega con la necessità di conquistare tempo, attraverso la cessione di un vasto territorio ormai impossibile da difendere dalle armate tedesche, in attesa dell’imminente (così pensavano e speravano i bolscevichi) rivoluzione proletaria in occidente – soprattutto in Germania. Contro «la politica della frase rivoluzionaria» di chi si opponeva a un trattato di pace con i tedeschi, Lenin minacciò le sue dimissioni dal governo: «Stalin ha torto quando dice che è possibile non firmare. Queste condizioni debbono essere firmate. Se voi non firmate, firmerete la sentenza di morte del potere sovietico entro tre settimane. La rivoluzione tedesca non è ancora matura. Ci vorranno mesi. Le condizioni debbono essere accettate». Come scrive Edward H. Carr nella sua “monumentale” opera sulla Rivoluzione bolscevica (1917-1923), «Lenin sacrificò a Brest-Litovsk il miope orgoglio nazionale alla causa a lunga scadenza della rivoluzione mondiale». Com’è noto, la rivoluzione mondiale non arrivò, e già nel 1921 i segni di un netto arretramento politico del potere sovietico erano evidenti; la controrivoluzione stalinista si incaricò di spazzare via ogni traccia dell’esperienza sovietica, con ciò che di nefasto ne seguì soprattutto sul versante del movimento operaio internazionale, il quale subì quel processo di stalinizzazione i cui velenosi frutti non smettono di produrre effetti deleteri sul terreno della lotta di classe. Sullo stalinismo come controrivoluzione antiproletaria e strumento del capitalismo/imperialismo rinvio ai miei diversi scritti sulla Russia.

Agli occhi di Putin, Lenin esibisce un’altra imperdonabile colpa: l’aver sostenuto il diritto dell’Ucraina, come delle altre nazionalità oppresse dalla Grande-Russia, ad organizzarsi come nazione autonoma, e si batté sempre contro chi intendeva accordarle un’autonomia meramente “culturale”. Ovviamente Lenin collocava la questione dell’autodecisione delle nazioni, la cui natura borghese gli era ovviamente ben chiara, dentro il quadro della politica internazionalista praticata dal proletariato rivoluzionario, e a questa politica subordinava il diritto dell’autodeterminazione politica delle nazioni oppresse. Per lui l’obiettivo era duplice: indebolire la Grande-Russia e facilitare la solidarietà di classe del proletariato andando oltre i pregiudizi di natura nazionale.

Al contrario di Lenin, Stalin rientra organicamente nella storia della Russia imperiale e imperialista. Scrive Ernesto Galli della Loggia: «È vero che nell’esperienza sovietica campeggia l’ingombrante figura di Stalin a causa del quale “milioni di nostri concittadini hanno sofferto”. Putin lo ammette, ma per aggiungere subito che “non bisogna dimenticare che la demonizzazione di Stalin è una delle direttrici d’attacco dell’Occidente contro la Russia e l’Unione sovietica”. È chiaro comunque il motivo per cui l’esperienza sovietica deve essere a tutti i costi salvaguardata: perché è al suo interno che si colloca la vittoria sul nazismo e tale vittoria è chiamata a costituire il fondamento storico irrinunciabile sia della spinta neoimperialistica della leadership putiniana sia dell’ orgoglio nazional-patriottico russo che Putin stesso intende alimentare in ogni modo per sostenere tale spinta». Della Loggia osserva che chi oggi in Russia si permette di ricordare il patto Hitler-Stalin dell’agosto del ’39 rischia dure condanne. Per non parlare del trattamento riservato dal regime putiniano a chi in quel Paese ha l’ardire di denunciare la bizzarra convinzione, ovviamente ispirata dalla maligna propaganda occidentale, che la cosiddetta operazione militare speciale in corso in Ucraina si configura a tutti gli effetti come una guerra di aggressione. Ma come si permette certa gente di dire la pura e semplice verità?!

IPOCRISIA OCCIDENTALE E PIAGNISTEO ANTIOCCIDENTALE

IL PACIFISMO SECONDO SLAVOJ ŽIŽEK

IL “REVISIONISMO STORICO” DI PUTIN   

PENSAVO FOSSE DOSTOEVSKIJ E INVECE ERA ORWELL!

La dimensione mondiale del conflitto Russo-Ucraino

 

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...