Curiosità elettorali. FRANCIA. PER CHI VOTA TONI NEGRI?

Ho cercato di “destrutturare” il commento di Toni Negri sulle elezioni francesi di domenica scorsa, per carpirne l’essenza politico-ideologica nascosta sotto la solita “narrazione” comunistica – nel senso del «Comune», è chiaro. E cosa ho capito? Che il teorico benecomunista tifa per Hollande. Non lo dice subito e apertamente, si capisce, perché ciò non sarebbe troppo moltitudinario, ma lo lascia trasparire chiaramente, tra una frecciata alla «sinistra socialdemocratica» e una punzecchiatura ai «comunisti, vecchi e nuovi». Anzi, a un certo punto il Nostro abbandona ogni cautela e sostiene che «la vittoria di Hollande potrà essere benvenuta». Vivaddio!

Ma a una condizione, ossia «solo se si riuscirà ad organizzare, anche in Francia, dei movimenti sociali di lotta fuori dalle scadenze elettorali, senza illusioni in quello che i governi possono fare» (Elezioni francesi: anticipazioni per discutere dopo il secondo turno, UniNomadE, 26/04/2012). A quel punto, lascia intendere Negri, i movimenti sociali potranno trovare una sponda istituzionale nel Partito Socialista, il quale, nella sua prospettiva progressista, appare comunque da preferirsi al Partito di Sarkozy. E su questo punto non nutrivo dubbi. Lo seguo, ahimè, da fin troppo tempo, per non sapere che la fraseologia pseudorivoluzionaria dell’intellettuale padovano veicola concetti che solo la rozzezza dottrinaria di qualche politologo può assumere come eversivi dello status quo. Inutile dire che per il sottoscritto scegliere tra i due candidati alla presidenza equivale, per le classi subalterne francesi, a scegliere l’albero a cui impiccarsi.

Anche il «comunista» Mélenchon è invitato dall’autorevole benecomunista italiano ad aprirsi alla prospettiva aperta da tempo dai movimenti d’opposizione sociale nel Vecchio Continente, soprattutto da quel «proletariato cognitivo» che, com’è noto, egli individua come il nuovo soggetto sociale autenticamente antagonista, e magari rivoluzionario tout court. Negri stigmatizza il fatto che nel programma di Mélenchon «non si parla, e neppure si accenna, al reddito garantito di cittadinanza e neppure si affrontano in maniera radicale le questioni legate al controllo e dalla gestione di un Welfare “comune”». Non c’è dubbio, in un programma benecomunista che si rispetti quelle due rivendicazioni radicali non possono mancare! Sono ironico? Certamente. Non tanto per il significato economico-sociale che quelle rivendicazioni hanno, quanto per il loro travestimento “comunitario”, il quale nella misura in cui non fa i conti con la realtà dell’accumulazione capitalistica, ossia con la fonte di ogni Welfare in regime capitalistico, assume i contorni di una mera ideologia, buona solo da spendere nei salotti dell’antagonismo e nei talkshow. Fare i conti con l’accumulazione capitalistica non significa, ovviamente, scendere a patti col Capitale ma, all’opposto, significa elaborare forme e strategie di lotta davvero efficaci, e capaci di lasciare sul terreno del conflitto sociale qualche frutto fecondo anche in caso di sconfitta. Vendere fumo pseudoantagonista ai movimenti sociali non ha mai prodotto né risultati immediati né, tanto meno, «coscienza di classe».

Lungi dall’essere l’ennesima «terza via» tra Capitalismo e «Socialismo reale» (leggi: Capitalismo di Stato), il Comune negriano non è che l’attualizzazione del vecchio e decrepito statalismo, che rimane tale nonostante la chirurgia plastica benecomunista. Se non è zuppa, è pan bagnato nella scodella sempre più sbrindellata del progressismo mondiale. Lo stesso successo elettorale di Madame Le Pen (circa 6,4 milioni di voti “moltitudinari”) la dice lunga sullo stato di salute dei progressisti, logorati da una crisi economica che fa giustizia di molti luoghi comuni intorno al Capitalismo «ben temperato» e dal «volto umano».

«Sarà possibile, attraverso la continua azione sociale dei movimenti, attraverso una ricomposizione dei movimenti a livello europeo, introdurre nuovi motivi “comuni” nella governance che i socialdemocratici si preparano ad assumere a livello europeo? I dubbi sono altrettanto forti della speranza». Tuttavia la speranza c’è, nevvero? E, come si usa dire, la speranza è l’ultima a defungere. È di queste “speranze” che si alimenta il dominio sociale capitalistico, che i teorici benecomunisti intendono puntellare «dal basso» (non lo sanno, ma lo fanno), rivitalizzando una politica democratica che annaspa sotto l’incalzare delle sempre più totalitarie esigenze economiche.

Il cappio è il Capitalismo tout court, “senza se e senza ma”.

Per Toni Negri le elezioni francesi sono molto importanti anche in chiave europea, perché insiste all’ordine del giorno la necessità di «un rinnovamento democratico dell’Unione», e, sotto questo aspetto, il Front National di Marine Le Pen «costruisce un ostacolo serio»  all’implementazione di «programmi di rifondazione dell’Europa». Negri apprezza il convergere dell’estrema sinistra francese «verso Hollande», che dopo un momento di pericolosa oscillazione ha lasciato alla sola destra gollista e nazionalista la demagogia antieuropea; e poi si chiede, con il consueto gesuitismo: «Ma ciò è sufficiente a garantirci un rinnovamento del processo dell’unità europea?» Dall’«Europa dei banchieri» all’Europa del Comune? Gran bella speranza, niente da dire. Dimenticavo: sono ironico, per usare un eufemismo.

2 pensieri su “Curiosità elettorali. FRANCIA. PER CHI VOTA TONI NEGRI?

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