Giorgio Arfaras, polemizzando con i nostalgici dell’italica Sovranità economica, che con i casi Telecom e Alitalia ha subito l’ennesimo schiaffo, ha ben colto la direzione della «dinamica storica»: «La Sovranità di cui si ha oggi tanta nostalgia era un intreccio statalista in un mondo che è cresciuto molto fino agli anni Ottanta. Poi, ecco il grande mutamento, di cui non sono ancora chiare le dinamiche. Questo mondo è venuto giù, mentre i suoi protagonisti, a causa dell’età, sono passati a “miglior vita”. Attenzione. Anche la Gran Bretagna ha perso sovranità, gli “stranieri” hanno comprato quasi tutti i suoi grandi marchi. La nostalgia per il mondo degli “Stati sovrani” del Dopoguerra va contro la “dinamica storica”. Quel che serve oggi da noi è lo snellimento della pubblica amministrazione e la riduzione del cuneo fiscale, non il tenersi l’Alitalia» (G. Arfaras, Telecom, ossia dell’italianità perduta, Limes, 24 settembre 2013). Non c’è dubbio, per il Sistema-Paese – cioè per il Capitalismo italiano – la priorità è, da almeno trent’anni, la massiccia riduzione della spesa pubblica improduttiva che zavorra le imprese con un carico fiscale sempre più pesante, comprime la competitività sistemica generale del Paese e che alimenta sempre di nuovo cospicui e radicati ceti parassitari che consumano ricchezza sociale senza produrne un solo atomo.
La politica nazionale è, in tutti i Paesi dell’Unione europea, chiamata a confrontarsi con questa difficile sfida sistemica. Sovrano è il Capitale.
Chi, per salvare «posti di lavoro italiani», si appella all’italianità di questa o quell’impresa, e invoca l’intervento dello Stato per difendere il patriottico Made in Italy, non solo mostra di non capire nulla della «dinamica storica», cosa che mi lascia del tutto indifferente; non solo fa sfoggio di una miserabile ideologia statalista, peraltro in linea con la tradizione fascio-stalinista del Paese, così dura a morire dalle nostre parti, cosa che peraltro non mi sorprende, soprattutto alla luce della perdurante crisi; ma soprattutto si offre al Leviatano come il più zelante dei difensori dello status quo sociale. Per questo la sua posizione sovranista va combattuta «senza se e senza ma» da chi ha in odio i vigenti rapporti sociali disumani.
D’altra parte, interesse nazionale e lotta dei lavoratori e dei disoccupati contro le esigenze del Capitale, nazionale e internazionale, sono due cose che stanno tra loro in irriducibile opposizione: non lo dice – solo – la teoria, ma è un fatto che la prassi sperimenta di continuo.
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