ASSEDIATI E PRESI IN OSTAGGIO. A MADAYA COME A ISTANBUL, PARIGI E OVUNQUE

assadddLook up here, I’m in heaven I’ve got scars that
can’t be seen I’ve got drama, can’t be stolen.
Everybody knows me now.
Look up here, man, I’m in danger I’ve got nothing left to lose.
I’m so high it makes my brain whirl.
(David Bowie, Lazarus).

Continua il supplizio di ciò che resta della popolazione di Madaya, una località siriana che si trova a ovest di Damasco. Si stima che oltre 40mila civili sopravvivono da mesi sotto l’assedio organizzato con spietata determinazione dall’esercito fedele al macellaio di Damasco Assad e dalle milizie sciite di Hezbollah. Si parla di gente che per non morire letteralmente di fame è costretta a pasteggiare, si fa per dire, con foglie e corteccia d’albero, cani, gatti e altro ancora. Da noi la cosa è stata messa in ombra dalla “civilissima” guerra al Califfato Nero.

«In altri casi, come a Dayr az Zor nell’est del Paese, l’Isis assedia sobborghi controllati dalle truppe del regime. Nel caso di Fuaa e Kafraya, nel nord-ovest del Paese, miliziani delle opposizioni e loro alleati qaidisti assediano le due località a maggioranza sciita e difese anche dagli Hezbollah. Proprio il destino dei 30mila civili assediati a Fuaa e Kafraya è legato ai 40mila di Madaya. Qui rimangono asserragliati gli ultimi combattenti di Zabadani, il principale centro urbano che nel 2012 si era rivoltato contro il regime e che costituiva una minaccia ai lealisti. Dopo l’assedio e la conseguente distruzione quasi completa di Zabadani da parte di Hezbollah l’estate scorsa, i resistenti locali erano stati lasciati fuggire a Madaya. L’accordo per l’evacuazione di Zabadani prevedeva anche la messa in salvo dei civili di Fuaa e Kafraya. Ma l’avvio della campagna aerea russa dal 30 settembre ha rallentato l’applicazione dei punti della tregua e, di fatto le due cittadine sciite sono rimaste sotto assedio. Da qui, la decisione di Hezbollah e di Damasco di affamare letteralmente Madaya per premere sulle opposizioni. Madaya è da giorni sotto una coltre di neve. In città manca il combustibile per riscaldare le case. Mancano anche latte, riso, farina. Ad approfittarne sono i contrabbandieri che al mercato nero vendono i beni di prima necessità a prezzi esorbitanti: un chilo di farina è a 90 euro, un litro di latte a 25, un chilo di riso a 80» (Ansa.it).

La campagna aerea russa continua peraltro a mietere vittime rigorosamente “civili”, come i bambini di una scuola di Anjara, nell’hinterland di Aleppo, colpita appunto dai caccia al servizio del virile Zar di Mosca, eroe di non pochi sovranisti e antiamericani basati nel nostro Paese. Naturalmente anche i proiettili di mortaio sparati dalle milizie anti-Assad non risparmiano i “civili”. Solo chi non sa nulla della guerra moderna può parlare di «effetti collaterali» a proposito del massacro e delle sofferenze dei “civili”.

«Perché Assad è arrivato a tanto? Le spiegazioni sono molteplici. Secondo voci dell’opposizione al regime, il dittatore vuole punire la città per il suo appoggio convinto alla sollevazione del 2011. Ma non si impegnano uomini e mezzi così a lungo solo per vendetta. Come spiega Joshua Landis, direttore del Centro studi sul Medio Oriente dell’Università dell’Oklahoma e titolare di un blog sulla Siria, Madaya si trova lungo una linea strategica del multiforme fronte della guerra civile, sulla catena montana di Qalamoun, lungo il confine col Libano, a meno di 50 chilometri da Damasco. Controllarla vuol dire chiudere ai ribelli un corridoio diretto per la capitale. Inoltre, è al confine tra Libano e Siria che i trafficanti di armi hanno canalizzato i loro carichi, anche questi troppo vicini e pericolosi per Damasco. Per questo, pressare Madaya e controllare la zona montana è per Assad e chi lo sostiene ancor più importante che combattere lo Stato Islamico e i qaedisti di Al Nusra. Perché l’esercito siriano non prende la città e invece di mantenerla sospesa in questa bolla esistenziale? Perché impedisce che a Madaya arrivino almeno cibo e medicinali? E adesso su Madaya incombe anche il grande freddo dell’inverno. Un simile supplizio ha in realtà un altro obiettivo: Hezbollah vuole scambiare la vita degli abitanti di Madaya con quella degli sciiti a loro volta assediati dalle milizie sunnite di Ahrar al-Sham nelle città settentrionali di Kafrayya e Fua. “È uno stratagemma negoziale – osserva ancora Landis –. Fondamentalmente, Hezbollah ha preso degli ostaggi”» (La Repubblica). È la spietata logica della guerra, come si dice.

E se però fossimo tutti, senza distinzioni geopolitiche di sorta, degli ostaggi presi da una Potenza che ci espone a ogni tipo di “cattive pratiche” e a eventi che ci sorprendono immancabilmente alle spalle? Sto forse alludendo anche ai morti di ieri a Istanbul? Esatto. Oggi il turista, esattamente come il consumatore di caffè e concerti (vedi Parigi) che desidera concedersi il lusso di un po’ di svago, è diventato, almeno potenzialmente, il facile bersaglio della ritorsione del “nemico”. La Potenza (gli affari, gli interessi, il dominio, il rapporto sociale, il capitalismo: chiamatelo come volete) si dispiega secondo le sue disumane leggi, e noi ne subiamo le conseguenze. Ovunque e comunque.

Can you hear me Major Tom?
Can you hear me Major Tom?
Can you hear me Major Tom?

Non giunge alcuna risposta da lassù. La riflessione “definitiva” di Major Tom è peraltro nota: «Planet Earth is blue and there’s nothing I can do».

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4 pensieri su “ASSEDIATI E PRESI IN OSTAGGIO. A MADAYA COME A ISTANBUL, PARIGI E OVUNQUE

  1. Grazie per la ottima riflessione. Non mi piace però di usare immagini disturbanti che appelano piu’ alle emozioni che alla testa…

    • Grazie a te, anche per la critica che, condivisibile o meno, è tuttavia fondata. E difatti ho scelto una fra le foto meno crude che sono riuscito a trovare nel merito. Per le emozioni, magari attraversate da riflessioni intorno alla cattiva condizione umana, puntavo più su… David Bowie. Ti ringrazio di nuovo e ti saluto.

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