LO STOLTO DICE IN CUOR SUO: «DIO E L’UOMO NON ESISTONO!»

The_ScreamUn grido scosse dal profondo la Terra:
Io voglio essere un uomo!

Interpretando le angosce e i dubbi che puntualmente si fanno strada nella coscienza dei credenti ogni qualvolta un evento catastrofico viene a ricordarci la presenza del Male su questa martoriata Terra, diversi alti prelati hanno confessato che dinanzi all’ultima tragedia sismica non hanno potuto fare a meno di chiedere a Dio dove Egli fosse mentre alcune pecorelle del suo vasto gregge reclamavano il Suo aiuto misericordioso e gratuito. «Dove eri, Dio?». A quanto pare, non c’è stata risposta, anche se la nota ubiquità di nostro Signore potrebbe suggerirci qualche riflessione circa le Sue responsabilità. «Ma Dio non può essere utilizzato come il capro espiatorio», ha tuonato, non senza ragioni, il vescovo di Rieti, Monsignor Domenico Pompili. E poi, «la domanda “Dov’è Dio?” non va posta dopo ma prima, e comunque sempre per interpretare la vita e la morte. Va evitato di accontentarsi di risposte patetiche e al limite della superstizione. Come quando si invoca il destino, la sfortuna, la coincidenza impressionante delle circostanze. Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell’uomo». Un po’ vago, ma comunque in linea con il dibattito avviato a partire dal terremoto di Lisbona del 1° novembre 1755 dai migliori filosofi occidentali del tempo. No, decisamente questo non è il migliore dei mondi possibili. «Se gli uomini edificano su un suolo saturo di materiali infiammabili, prima o poi tutta la magnificenza delle loro costruzioni si trasformerà in macerie a causa delle scosse sismiche. Forse che per questo dobbiamo ribellarci ai decreti della Provvidenza» (Immanuel Kant). Troppo facile prendersela con i «decreti della Provvidenza», soprattutto se ciò può servire a nascondere le magagne della civilizzazione; non la natura deve adattarsi all’uomo, concludeva il grande filosofo tedesco, ma l’uomo deve imparare a rispettare le leggi della natura. Sagge parole, non c’è dubbio. Purtroppo la saggezza deve fare i conti con i reali rapporti sociali che regolano la prassi degli individui, la loro intera esistenza.

«”E adesso che si fa?”, mi sono rivolto a Dio Padre»: anche la domanda del vescovo di Ascoli, Monsignor Giovanni D’Ercole, non ha avuto maggior fortuna. Interpellato, Dio si rifiuta di proferir parola, si nega, sfugge. Perché? E soprattutto, stanno davvero così le cose?

Altri autorevoli principi della Chiesa hanno invece sostenuto che la domanda giusta da porsi in questi dolorosi giorni è piuttosto un’altra, questa: «Dov’era l’uomo, dove erano i suoi controlli?». Dov’era Dio? Ma anche: dov’era l’uomo? Come si vede, domande assai pregne di significato, che investono grandi questioni d’ordine teologico, etico, politico, sociale. Dov’era Dio? dov’era l’uomo? Ebbene, a entrambe le domande mi sento di dare una risposta, per quel che vale, la quale certamente scontenterà tanto i credenti in Dio quanto i credenti nell’Uomo: l’uno e l’altro erano altrove, abissalmente lontani dal luogo della tragedia, semplicemente perché non potevano esservi.

Se questo è un Dio. La cosa che più mi urta degli eventi catastrofici, è ascoltare i discorsi di chi tira in ballo il miracolo, la mano divina, l’angelo custode, per spiegare la salvezza dei sopravvissuti: «È stato un miracolo! È come se un Angelo avesse preso la manina di quel bambino e lo avesse guidato nell’oscurità, verso la salvezza». Come se? E il bambino morto a soli dieci centimetri da quello salvato, come lo spieghiamo? Come si spiega questo potere discrezionale? Un bimbo si salva, l’altro muore: misteri della fede? Karma? È come se il buon Dio, per motivi che evidentemente conosce solo Lui, che noi non possiamo neanche tentare di capire, se non al prezzo di abbandonarci alla corrente che porta direttamente nell’abisso dell’ateismo; è come se Dio, dicevo, avesse voluto scientemente risparmiare l’uno e abbandonare al suo mortifero destino l’altro. Possibile? Può essere tanto cinico ciò che si dà (dovrebbe darsi) come infinito amore? O forse Dio si è distratto un attimo, come capita ai comuni mortali? Dio si è forse recato ad Aleppo? D’altra parte, anche lì non mancano episodi che fanno pensare al potere molto discrezionale del buon Dio. Un bambino si salva dalle bombe dei macellai, il fratellino invece muore sotto le stesse macerie. Possibile, poi, che Dio, che teoricamente potrebbe tutto, non riesca a imporre ai lupi nemmeno ventiquattro ore di tregua, giusto per donare alle pecorelle qualche ora di riposo? Per non parlare del Mare d’Inferno che mangia migliaia di disperati che tentano di scappare dalla fame, dalle malattie, dalle guerre: «Dove sei, Dio?». Ma Dio – o Allah – non intende battere un solo colpo: non pervenuto, latitante, irrintracciabile, comunque e sempre altrove. E proprio nel momento del bisogno: diserzione? In ogni caso, «se non tutti vengono salvati, che cosa conta la salvezza di uno solo»? (F. M. Dostoevskij). Il “male minore” è un concetto che fa rabbrividire gli umanisti d’ogni tempo.

Si può sempre dire: «Ma Dio non può salvare tutti, che si pretende da Lui?!» Certo, se Dio è impegnato a salvare un bambino, non può salvarne al contempo un altro: purtroppo anche Egli, pur nella sua infinita Potenza, ha i suoi limiti. Ecco, magari ci vorrebbe un congruo numero di divinità, perché effettivamente uno solo non basta, soprattutto in tempi di catastrofi, “naturali” o sociali che siano. Cosa pretendevano, ad esempio, gli ebrei rinchiusi nei lager e sottoposti alle amorevoli cure dei nazisti, di venir salvati tutti? Troppo facile! E perché, piuttosto, non li hanno salvati gli altri uomini? Vogliamo forse attribuire a Dio la colpa dello sterminio degli ebrei? Vogliamo fare di Dio il capro espiatorio dei nostri mali? «Ma Dio sa tutto e può tutto per definizione! Perché, dunque, Egli ha permesso che milioni di uomini e donne, di vecchi e bambini, di civili e militari morissero nei campi di sterminio, nelle città bombardate dagli aerei, nei campi di battaglia, ovunque?». Nei campi di sterminio Dio è dunque morto? E dove lo mettiamo l’imponderabile Disegno Divino? Se Dio ha permesso quella carneficina, significa che anche essa risponde a un Piano la cui intelligenza deve per forza sfuggirci. Che pretesa illuministica voler sindacare i Progetti di nostro Signore! Noi moderni abbiamo perso il senso del Sacro, del Mistero, e pretendiamo di dare una spiegazione a ogni cosa; ebbene non sempre i conti tornano su questa Terra, mentre Dio è impegnato in ben altri calcoli. Senza contare l’esistenza del libero arbitrio, creato da Dio proprio per mettere l’uomo nelle condizioni di agire liberamente. «Il “libero arbitrio”: che bella invenzione! Questo concetto mi pare nasconda molto imbarazzo dinanzi alla realtà del Male. C’era proprio il bisogno di concepire il Male per mettere l’uomo nelle condizioni di scegliere tra Bene e Male, e così essere libero? O il Demonio è, quantomeno coevo a Dio, oppure quest’ultimo ha voluto giocare a dadi con la nostra felicità. In ogni caso Egli non fa una bella figura a proposito del cosiddetto libero arbitrio». Ma forse le cose stanno altrimenti. «Esatto. Il fatto è che l’uomo non intende collaborare affatto con Dio in vista del Bene. Nel Vecchio Testamento vediamo quante volte Geova è costretto a punire duramente l’orgoglio delle sue creature predilette. Dio ce la mette tutta per renderci felici, ma che può fare da solo dinanzi alla disgustosa predilezione degli uomini per il Male?» Vogliamo forse dire che gli uomini sono più potenti di Dio, che poi è il loro Santo Padre? È possibile? Vogliamo forse insinuare che il Demonio sta vincendo la partita della vita? «Ma il Demonio ha già vinto la partita! Non ricordate Auschwitz? Non vedete Aleppo?».

Com’è umano, fin troppo umano, questo Dio, non trovate? Ne vien fuori un Dio talmente impotente, cattivo, disumano, vigliacco che vien proprio voglia di mandarlo a quel Paese, di «rottamarlo», come s’usa dire oggi con pessimo linguaggio, senza pensarci su due volte: mi propongo come nuovo Dio, certamente non farei di peggio rispetto a quello vecchio, incapace persino di salvare due bambini per volta. Ebbene, da non credente (o da ateo, se rende meglio l’idea), mi ripugna il miserabile concetto di Dio che vien fuori dai discorsi di molti credenti. L’unico gesto con cui riesco a simpatizzare è il silenzio doloroso e affollato di dubbi di chi non riesce a padroneggiare la maligna dialettica tra la sua fede, fra il suo Dio personale, e la realtà che non lesina sforzi per distruggerla sempre di nuovo. Se Dio esistesse davvero, e non fosse un mero concetto creato dagli uomini per rispondere a molti e vitali bisogni, permetterebbe l’attuale tragedia umana? Ho un concetto troppo alto di Dio, per credere che egli lo permetterebbe anche solo per un istante, magari in omaggio al “libero arbitrio”, un vizio razionalistico che faccio fatica a connettere con il (mio) concetto di Dio.

durer_albrecht_F3081_le_sofferenze_di_cristo_1493Se questo è un uomo. Veniamo, brevemente, all’uomo. «Dov’era l’uomo?». Riformulo la domanda: esiste l’uomo?

Una volta il giovane Marx scrisse (ad esempio nelle lettere a Ruge del 1843, o nella Questione ebraica) che il suo programma rivoluzionario intendeva fare «dell’uomo un uomo», e che l’uomo empirico, l’uomo che conosciamo e che per così dire esperiamo tutti i giorni, «non è ancora un essere umano», non è «un uomo in quanto uomo», non è «un vero essere umano».  Quando parla dell’uomo adeguato al suo più alto concetto, Marx intende riferirsi all’individuo (non alla “massa”!) posto nelle condizioni di sviluppare liberamente tutte le sue molteplici qualità. Per l’umanista di Treviri non si tratta, dunque, di creare “l’uomo nuovo”, o l’uomo perfetto, né, tanto meno, l’uomo a una sola misura/dimensione pensato dalle utopie negative degli ultimi due secoli; si tratta piuttosto di realizzare condizioni sociali autenticamente umane. Ciò postula in primo luogo il superamento della dimensione classista della società, perché non è possibile l’esistenza di una reale libertà e di un’autentica esistenza umana, ossia di una vita non segnata da alcuna forma di sfruttamento, di subordinazione, di oppressione, di dominio (materiale, politico, ideologico, psicologico), quando gli individui sono divisi in classi sociali. La vera domanda sensata da porsi, allora, non è se sia possibile l’«uomo in quanto uomo», ma se sia possibile il superamento della dimensione classista della società, presupposto ineludibile perché l’uomo auspicato dalla migliore arte e dalla migliore filosofia d’ogni tempo possa venire finalmente alla luce e respirare una nuova aria, l’aria che rende appunto gli individui davvero umani.  Se non riusciamo a concepire la possibilità della fuoriuscita dell’umanità dalla dimensione classista, ogni discorso intorno alla libertà e all’umanità, due facce della stessa medaglia, perde a mio avviso qualsiasi significato politico.

Come ho scritto altre volte mutuando indegnamente il grande Dostoevskij, se l’uomo non esiste, tutto il peggio non solo è possibile, ma è nell’ordine “naturale” delle cose, compreso lo sterminio degli individui scientificamente pianificato e attuato. Il Male oggi ha assunto quell’aspetto scandaloso di cui ha sempre parlato la teologia perché esso è, almeno a certe condizioni, del tutto comprensibile e certamente eliminabile. È, infatti, davvero scandaloso che il Male, qui concepito in termini strettamente storici e sociali, continui a esistere, a espandersi e a radicalizzarsi quando la stessa prassi che lo produce sempre di nuovo ha creato le premesse oggettive per il suo definitivo superamento.

«Dov’era l’uomo?» Non pervenuto, latitante, irrintracciabile, comunque e sempre altrove, esattamente come Dio.

***

160131573-5391eaa6-de69-436c-9629-634feb1fdef5«Lo stolto ha detto in cuor suo: “Non c’è Dio”. Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c’è nessuno che faccia il bene. Il Signore ha guardato dal Cielo i figli degli uomini, per vedere se vi è una persona intelligente, che ricerchi Dio» (Salmi, 14, 1/2). Chissà se l’ha visto. In ogni caso, si tratta di cercare l’uomo.

«Dicono che la pena eterna che soffrono le anime nell’Inferno è la perdita di Dio… Nella mia anima io sperimento proprio questa terribile pena del danno, di Dio che non mi vuole, di Dio che non è Dio, di Dio che in realtà non esiste. Gesù, ti prego, perdona la mia bestemmia» (Santa Teresa di Calcutta).

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