«Il profitto è l’obiettivo della Mafia». Così ragliò il ciuco di Treviri? Nemmeno per idea! Ho citato nientemeno che l’attuale procuratore antimafia, Pietro Grasso, uno che di poteri criminali nazionali e internazionali s’intende – egli si trova a Rio de Janeiro per ragioni di lavoro. Ospite della trasmissione radiofonica di Radio 1 Zapping, Grasso ha tenuto a ricordare che «la Mafia è un’organizzazione criminale, che purtroppo dà anche lavoro legale». Purtroppo. Purtroppo? Ma come, mentre il Sacro Prodotto Interno Lordo boccheggia, stiamo a cavillare sull’etica del Capitale nel tempo della «dittatura dello spread»?
Sulla natura criminale della Mafia non ho dubbi. Mai avuti. Ma come bisogna “declinare” questa maligna natura? La ricerca del profitto non è forse l’obiettivo del Capitale tout court, non ne esprime la sua stessa ragion d’essere? C’è un pingue profitto su cui mettere le mani, c’è un esercito di individui da mobilitare per rendere possibile l’allettante impresa, c’è un mercato (della droga, della prostituzione, della speculazione, della tassazione: certo, il pizzo come “diversamente tassa”) a cui attingere. Signori, siamo in pieno Capitalismo. Altroché!
«E i metodi violenti tipici delle organizzazioni criminali, dove li metti?» Sempre in conto al Capitale, si capisce. Certo, chi pensa che il monopolio della violenza esercitato dal Leviatano corrisponda al migliore dei mondi possibili, giustamente deve inorridire dinanzi alle mie stravaganti tesi. E magari fare un pensierino sul concorso esterno in associazione mafiosa…
Come ho sostenuto altrove, la Mafia è la continuazione del Capitalismo con altri mezzi. Pardon: con gli stessi mezzi. Infatti, la cosiddetta società civile sprizza violenza da tutti i pori. Questa società sarà pure civile, ma di certo non è umana.
Ecco dunque che dalla mia prospettiva, dal “punto di vista umano”, la Mafia appare come un’organizzazione criminale la cui esistenza si radica interamente nella madre di tutte le organizzazioni criminali: la società fondata sul profitto, e quindi sullo sfruttamento sempre più scientifico di uomini e cose. Per il Capitale l’individuo è come il maiale: non si butta via niente. Si può sfruttarlo come lavoratore, come imprenditore, come consumatore, come utente, come creditore, come debitore, come contribuente, come sognatore, come malato. Persino come morto: vedi la florida industria del Caro Estinto. Tutto questo non vi sembra abbastanza criminale, non dal punto di vista del Diritto (che è la Legge che le classi dominanti amministrano nel nome del «Bene Comune»), ma da quello dell’uomo, della sua possibilità?
Come ha scritto Gianni Marongiu nella sua Storia del fisco in Italia (1861-1876), «La mafia sfrutta la rendita di posizione derivatele dalla dimensione criminale»; ma questa dimensione è per così dire strumentale, ossia finalizzata a mettere a profitto le condizioni “esistenziali” realizzate dalla società capitalistica. «Uno dei maggiori cambiamenti intervenuti nella struttura del sistema finanziario internazionale negli ultimi anni è stata l’infiltrazione crescente delle organizzazioni criminali», scriveva Susan Strange alla fine degli anni Novanta (Denaro impazzito). Ebbene, anche grazie a quell’infiltrazione sono stati creati nel mondo, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa, centinaia di migliaia di posti di lavoro. «Ma anche tanta speculazione finanziaria». Certamente. Ma è forse stata la Mafia a creare il sistema finanziario e tutto il meccanismo economico che rende così profittevole il gioco d’azzardo della speculazione?
Dove si sviluppa una magagna, un problema, una contraddizione, insomma un’occasione di profitto ecco arrivare la Mafia, con le sue competenze e conoscenze criminali, come la mosca che svolazza sulla cacca. Ma senza la materia prima la mosca svolazzerebbe intorno al nulla. D’altra parte la cacca di cui si parla è la vigente Società Mondo.
Posta questa indiscutibile e disumana premessa, la Mafia mi appare come l’hegeliana vacca nella notte buia: nera esattamente come tutte le altre. «Non più nera?» No.
Così come la diffusione sul territorio italiano dei rifiuti tossici prodotti dalle industrie del Bel Paese….
e questo sarebbe stato il discorso che mi aspettavo da Saviano per come aveva esordito in Gomorra, per i termini che aveva lì usato (“estrarre” capitale da qualsiasi cosa), e invece si è poi perso in un legalismo facile e senza senso
… e altrettanto da studiare sarebbe il camorrista che pensa se stesso come imprenditore
Non c’è dubbio. Ma l’intervista al “diversamente imprenditore” mi inquieta un pochino…
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