DUE POPOLI, DUE DISGRAZIE

Un punto di vista critico-radicale sulla questione israeliano-palestinese

fate-l-amore-con-la-guerra-573374Presentazione

Lo scritto che il lettore si appresta a leggere, si compone di appunti di studio redatti dall’autore nel 2006. L’intento è quello di contribuire a fare chiarezza «sulle radici di questa guerra dei Cento Anni, versione mediorientale» (Paolo Maltese), ma di provarci a partire non da una prospettiva geopolitica o genericamente storico-politica, bensì muovendo da un punto di vista dichiaratamente critico-radicale, ossia anticapitalista.

Le radici della Società-Mondo che ospita il conflitto* qui in discussione affondano in un rapporto sociale di dominio e di sfruttamento che è in sé la quintessenza della guerra di tutti contro tutti. Sotto questo aspetto, quanto accade da decenni in Medio Oriente non contraddice affatto l’andazzo generale del mondo. Come sempre, e in ogni sfera della prassi sociale colta nella sua dimensione nazionale e internazionale, l’eccezione getta un potente fascio di luce sulla regola, sulle sue radici storico-sociali celate nell’oscurità dell’ideologia dominante, la quale, marxianamente, è l’ideologia che fa capo alle classi dominanti.

Spero naturalmente di non aggiungere confusione alla già cospicua confusione che nei decenni si è accumulata intorno alla rognosissima Questione, che in troppi hanno interesse a mantenere apparentemente indecifrabile e priva di sbocchi, nonché sempre calda e anzi sul punto di esplodere da un momento all’altro, guerra dopo guerra, tregua dopo tregua, fallito “accordo di pace” dopo fallito “accordo di pace”. Il tutto in primo luogo sulla pelle dei diseredati palestinesi e su quella delle classi dominate israeliane – in troppi, anche nella cosiddetta “sinistra di classe”, dimenticano che Israele, come ogni altro Paese del capitalistico mondo, ha una sua peculiare struttura classista con la quale occorre fare i conti in termini sia analitici che politici.

Come il lettore avrà modo di verificare, giungeremo a trattare la questione israelo-palestinese nella sua attuale configurazione storica e geopolitica solo alla fine, partendo da lontano («Da troppo lontano», potrebbe obiettare qualcuno, forse non del tutto a torto) e in modo che l’aspetto palestinese del problema risulti solo abbozzato e comunque sacrificato all’elemento giudaico, per dirla con un linguaggio che echeggia posizioni non amichevoli nei confronti degli ebrei. In questo senso il titolo che ho voluto dare a questo modesto lavoro, e che non ho voluto cambiare perché esso coglie in ogni caso un aspetto del problema che per me è importante porre in evidenza (la comune disgrazia di ebrei e palestinesi, pur se a partire da storie e condizioni sociali diverse), non appare del tutto conforme alla sua sostanza. In ogni caso ciò non preclude certo all’autore di ritornare in futuro sul tema con un diverso approccio, e magari tenendo conto anche delle critiche dei lettori.

Lo sterminio degli ebrei scientificamente pianificato e attuato dai nazisti con la complicità di gran parte del popolo tedesco (e non solo tedesco), dimostra in primo luogo come anche nella società borghese, che pure era sbocciata contro i vecchi pregiudizi radicati nel pensiero non rischiarato né dalla ragione né dalla razionalità scientifica, le crisi sociali che periodicamente sconvolgono il mondo strutturato in classi sociali siano il terreno fertile per ogni sorta di pregiudizio e di credo irrazionale. Come scrisse una volta Marcuse a Heidegger, rinfacciandogli l’entusiastica adesione al nazismo, «sembra che la semente sia davvero caduta su un terreno fertile». Il terreno, beninteso, rimane fertile. Più fertile che mai, per certi aspetti. Anche nella dimensione della società dominata dal Capitale, che nella sua ossessiva ricerca del massimo profitto ha portato la conoscenza scientifica e le sue implicazioni tecnologiche a livelli prima inimmaginabili, l’arcaico capro espiatorio assolve ottimamente il suo disumano ufficio. Metti nelle mani del Pregiudizio più antico la tecnoscienza moderna (non mi riferisco solo agli strumenti di morte, ma anche ai moderni strumenti di informazione elettronici:  vedi gogna mediatica e messaggi virali), e avrai creato l’inferno sulla Terra. Dante dovrebbe riscrivere interamente l’Inferno! Naturalmente questa riflessione coglie in pieno, mutatis mutandis, anche il sole atomico acceso dagli americani a Hiroshima e a Nagasaki. E non solo.

Il “materialista storico” che cerca cause puramente economiche che possano  spiegare l’Evento Olocausto, fa mostra di un determinismo economico davvero triviale e impotente; tra l’altro, egli dimentica ciò che una volta disse Marx a proposito dell’ideologia come forza materiale. Il concetto da mettere al centro di quell’Evento è quello che rinvia direttamente al carattere disumano e disumanizzante della società classista. Questo carattere spiega anche l’uso economico che fu fatto degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale, ossia degli ebrei adoperati dai tedeschi nell’industria bellica e in altri settori produttivi come forza lavoro da sfruttare il più intensamente possibile per determinarne una rapida “obsolescenza”. Al confronto, la schiavitù delle società antiche appare una condizione idillica. Anche in quel caso, però, l’obiettivo fondamentale che i nazisti intesero cogliere fu l’annientamento degli ebrei attraverso il lavoro, il quale, com’è noto, rende… liberi…

Nella famosa, e per alcuni famigerata, intervista a Der Spiegel del 1966, Heidegger sostenne che «Solo un dio può ancora salvarci». A mio modesto avviso solo l’uomo in quanto uomo può ancora salvarci, perché se l’uomo non esiste tutto il male possibile è sempre incombente su questa Terra. A ben vedere, il peggio che ci possa capitare è già in corso, da moltissimo tempo, e non smette di peggiorare. Più che sulla banalità del male, dovremmo piuttosto interrogarci sulla radicalità del male. È da questa prospettiva concettuale e politica che ho affrontato il problema posto al centro di questo studio.

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* A proposito del conflitto israelo-palestinese, ma anche del conflitto russo-ucraino e dei mille conflitti che insanguinano il pianeta, ieri ho pubblicato su Facebook questo brevissimo post ironico (?):

ONU: NON SI MUOVE FOGLIA CHE L’IMPERIALISMO NON VOGLIA

Si dice e si scrive: «Tutto il mondo è attraversato da guerre, piccole o grandi che siano. Ovunque si contano migliaia di morti e feriti. E l’ONU sta a guardare! Ma allora, a che serve l’ONU?» Già, a che serve questo «covo di briganti»? Non sarà che all’ONU non si muove foglia che l’Imperialismo (naturalmente a cominciare dalle Potenze maggiori: Stati Uniti, Russia, Cina, Unione europea a trazione tedesca) non voglia? Sono enigmi che mi tolgono il sonno, e pure l’appetito!

3 pensieri su “DUE POPOLI, DUE DISGRAZIE

  1. Caro nostromo, Proudhon sarà anche stato un antisemita, e non sarò certo io a difenderlo, ma mi risulta che sia morto nel 1865 quando il caro Theodor aveva solo cinque anni! Ti seguo con estremo interesse. Un abbraccio

    • In effetti, nemmeno la categoria freudiana del trauma infantile servirebbe a nascondere il grave anacronismo. Ho fatto la doverosa correzione. Ringrazio per la preziosa segnalazione e soprattutto per l’interesse. Un caro saluto!

  2. Pingback: ALCUNE RIFLESSIONI SUL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE | Sebastiano Isaia

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